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Il progetto

A Treviglio nasce “Agricoltura sociale”: un laboratorio di inclusione lavorativa per diversamente abili

Forte la comunione di intenti tra Fondazione Cassa Rurale di Treviglio, la Fondazione della Comunità Bergamasca Onlus, la Fondazione Banca Popolare di Bergamo e la Caritas Bergamasca

Treviglio. Nella cappella sconsacrata della sede della BCC di via Cameroni, auditorium che non veniva animato da prima del Covid, lunedì 17 ottobre un convegno ha riportato le voci della società in campo. Questo perché la Fondazione Cassa Rurale di Treviglio, la Fondazione della Comunità Bergamasca Onlus, la Fondazione Banca Popolare di Bergamo e la Caritas Bergamasca hanno annunciato di voler unire le loro forze per la costituzione di un fondo per promuovere l’inserimento socio-lavorativo di persone diversamente abili nel mondo dell’agricoltura.

Ancora nessun dettaglio su quanto denaro sarà depositato, né su una data di inizio, né sulle aziende agricole partecipanti; durante il convegno, in cui è stato presentato un piano d’azione generale, le varie parti coinvolte nell’iniziativa hanno condiviso i loro propositi, a partire dal presidente della BCC di Treviglio Giovanni Grazioli: “Questo vuole essere un progetto pilota, che mira a coinvolgere sempre più realtà. Il bene comune non è uno slogan, e va portato avanti”.

I partner del progetto e i loro valori

Tre fondazioni e la Caritas si impegneranno nel progetto, del quale si fa capofila proprio la BCC. “Una serie di realtà agricole ci hanno sollecitato, poiché a fronte di una domanda crescente di inserimento di ragazzi disabili è emersa la difficoltà nel trovare aziende ospitanti, e troppe volte c’è la paura di gestire ragazzi con fragilità importanti – ha aperto così il Presidente della Fondazione Banca Rurale di Treviglio Franco Riz – con il nostro contributo prevediamo un indennizzo di 100 euro mensili ai tirocinanti, ma prima serve individuare tutte le figure professionali che si faranno carico dello svolgimento. Nel mentre la Cassa Rurale si farà carico di sensibilizzare il mondo agricolo, e un professionista interno terrà traccia dell’impatto sociale del progetto”.

“La fondazione ha come obiettivo l’essere ponte tra chi può donare e chi può realizzare progetti, come quello di cui si parla stasera, che esprime bene la mission della nostra fondazione – ha proseguito Osvaldo Ranica, presidente della Fondazione della Comunità Bergamasca – Con la Cassa Rurale lavoriamo spesso per ottimizzare le risorse che investiamo sul territorio, e il tema della disabilità, insieme a quello del lavoro, è al centro della nostra attività: almeno un bando all’anno, cofinanziato da progetti pubblici e privati, è da noi erogato proprio in quest’ambito”.

“Questo progetto è come un germoglio che si deve far crescere insieme. Sono trentuno anni che la nostra fondazione opera nel settore sociale e non potevamo tirarci indietro – ha aggiunto Armando Santus, presidente della Fondazione Banca Popolare di Bergamo – quest’iniziativa promuove una finalità nobile, che coinvolge un settore, quello agricolo, rispetto al quale siamo legati anche dal nostro logo (una spiga che imbiondisce dal gambo alla punta, ndr). Dobbiamo quindi unire le forze e fare rete per realizzarlo”.

Monsignor Vittorio Nozza, presidente Caritas Diocesana Bergamasca, ha riflettuto intorno all’enciclica “Laudato Sii”, seconda di Papa Francesco, sulla cura della “casa comune” ovvero il pianeta terra. “Dura ed obiettiva deve essere la considerazione dello stato attuale, in cui inquinamento e cambiamento climatico deteriorano la qualità della vita. In questo vanno integrati diversi saperi, scientifici e tecnici, ma soprattutto sociali. Il papa incita alla transizione ecologica a cui deve tendere sia la classe politica che l’umanità intera. Le politiche locali sono un nodo cruciale di questo processo, come sottolinea il sommo pontefice nel capitolo quinto. Per questo – ha proseguito il Monsignor Nozza – i ragazzi devono essere considerati come un’addizione, come una presenza che arricchisce e aiuti a recuperare una serie di valori più che virtuosi per la nostra società. Dalle istituzioni ci aspettiamo parole, decisioni e azioni che sappiano di futuro su natura, lavoro e giovani”.

La tavola rotonda

Giorgio Barbaglio e Roberto Bugini, rispettivamente presidente e direttore di Risorsa Sociale Gera d’Adda, hanno sottolineato la necessità di individuare professionisti come educatori e assistenti sociali da far aderire al progetto. Di grande valenza sociale, certo, ma sostanzialmente privato fino a questo punto dei lavori. È stato poi il momento della tavola rotonda. Assente, ma molto attesa, era la vice presidente della Regione Letizia Moratti, impegnata nelle ore più decisive della formazione del nuovo governo. Al suo posto il segretario dell’ufficio di presidenza Giovanni Malanchini ha confermato la presenza di Regione Lombardia insieme all’Assessore all’agricoltura Fabio Rolfi: “Il nostro impegno è sempre mirato a fornire servizi socioassistenziali di altissimo livello. Esigenza fondamentale è creare una rete mirata a intercettare modelli virtuosi da diffondere, soprattutto nell’aiuto delle persone svantaggiate – così si è espresso Malanchini – sarà necessario un tavolo di lavoro con il terzo settore, consapevoli di come varie attività agricole hanno anche e soprattutto una funzione sociale”.

“Ci sono le premesse per fare bene – ha confermato, positivo, il presidente di Confcooperative Bergamo Giuseppe Guerini – si pensi all’attività agricola come luogo di terapia e riabilitazione, viste anche le esperienze pionieristiche dell’agricoltura biologica fatte con le carceri di Milano. Le cooperative sono uno strumento e uno stimolo rispetto alle realtà sociali a cui ci rivolgiamo anche in questo caso”.

Invitato a intervenire anche il presidente nazionale di Coldiretti Ettore Prandini, in rappresentanza della più grande organizzazione agricola di tutta Italia: “Le persone diversamente abili esistono e hanno diritto alla pari dignità, quindi vanno coinvolte. Questa è una sfida da lanciare a tutti, e che lancio anche all’Amministrazione di Treviglio – ha rimarcato –. Serve una forma di visione congiunta rispetto a quello che insieme si può costruire. Vorremmo parlare non di agricoltura fine a sé stessa, ma di filiera, che abbracci quindi tutti i soggetti coinvolti in essa, poiché mettiamo anche l’elemento sociale in questi ragionamenti. E non demonizziamo le nuove generazioni: iniziamo a raccontare il paese in modo diverso, in modo positivo, senza far mancare la forza a chi è più fragile”.

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