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Verso le elezioni

Moltrasio (Azione): “La mia candidatura ha il sapore e il valore della restituzione”

Il candidato bergamasco: "Il futuro passa dalla scienza e dall'innovazione. Ed è premessa per lo sviluppo dell'economia e per una vita migliore"

Bergamo. Una candidatura che ha tutto il sapore della restituzione. E chissà se, dopo che gliel’hanno chiesto, ha pensato bene di pescare dalla sua libreria, ricca di volumi che spaziano dall’economia, la sua materia, alla letteratura, agli scritti che raccontano la storia e l’evoluzione di Israele, fino ad arrivare alla filosofia, per trovare spunti di riflessione o per interrogarsi sui dettami di questo nuovo cammino che ha intrapreso. La sua scelta di avventurarsi in questa missione chiamata politica, è arrivata in un momento storico particolarmente difficile, anche dal punto di vista personale, dove “amareggiato per certi fatti che la vita mi ha propinato, ho deciso di abbandonare l’isolamento che volutamente mi ero imposto, per rimettermi in gioco – racconta-. Dalla vita ho avuto molto quindi ho pensato che la possibilità che mi veniva offerta era un modo poter restituire quanto di buono la vita mi aveva regalato in termini di conoscenza, il frutto delle esperienze che avevo maturato negli anni”.

Del resto il suo background la dice lunga, il suo è curriculum parla da solo: imprenditore di un’azienda di Chignolo d’Isola, ex presidente di Confindustria Bergamo, capo della Clinica Castelli, deus ex machina di BergamoScienza e chi più ne ha più ne metta. Andrea Moltrasio ha la mente aperta di chi di battaglie ne ha fatte tante, ha la forma mentis di chi, a 65 anni, ha deciso, per certi versi, di riscoprirsi e di poter contribuire al bene della sua comunità.

La sua passione per la politica nasce da lontano. Come mai ha scelto di rispolverarla?
Direi che è un’occasione di rigenerazione interiore, nel senso che dopo tutte le esperienze passate e qualche amarezza derivante dalla vita pubblica, questa chiamata mi è parsa veramente ideale, per restituire le esperienze vissute e per mettere a disposizione quanto ho appreso negli anni. Non solo, diciamo anche che questo galleggiare della politica italiana, che ha avuto la sua manifestazione peggiore con l’uscita dal governo Draghi, mi ha fortemente spinto a mettermi a disposizione, anche per via di un moto di ribellione. Mi sono detto avrei potuto mettere a servizio la mia esperienza per amore del nostro Paese e delle comunità in cui viviamo.

Parliamo di impresa. Cosa propone il Terzo Polo?
La globalizzazione all’inizio degli anni duemila ha rappresentato una discontinuità nell’aggregazione dei mercati e nella contemporanea disaggregazione delle filiere produttive. Il mondo sembrava “piatto” – come diceva Thomas Friedman – e s’impennò la corsa a delocalizzare la produzione dove costava di meno. Poi è arrivata la bancarotta di Lehman Brothers: una crisi finanziaria con un enorme impatto sugli scambi commerciali, che hanno accentuato le tendenze della globalizzazione con un’evoluzione verso l’economia dell’offerta, e cioè aumentando i volumi della produzione e diminuendo i prezzi reali. Negli anni successivi il fenomeno della delocalizzazione della produzione ha rallentato: i paesi con basso costo di manodopera hanno aumentato le loro richieste, qualche barriera tecnica (ostacoli non tariffari alla liberalizzazione degli scambi tra mille regole che complicano le importazioni e le esportazioni) ha limitato la crescita degli scambi internazionali ed ha cominciato ad emergere una certa tendenza a ravvicinare e ricomporre le filiere (re-shoring) fenomeno, quest’ultimo, che è si è imposto come urgente necessità durante l’emergenza pandemica.
La pandemia è stata un acceleratore della discontinuità delle supply chain produttive, cambiando le dinamiche geopolitiche e l’avanzamento delle tecnologie informatiche e digitali, l’impatto dei social-media e i big data hanno, infine, stravolto il modo di lavorare. Questi cambiamenti richiedono un rafforzamento patrimoniale e finanziario, così è nata una domanda di protezione che solo soggetti pubblici sono in grado di provvedere.

Le politiche promosse dall’Unione Europea sono state fondamentali e rivoluzionari, portando l’Europa stessa al di fuori – o, meglio, al di là – di Maastricht e dei suoi vincoli di bilancio. Anche le politiche nazionale che accelerano e supportano l’innovazione, come Industria 4.0 fortemente voluta da Carlo Calenda, creano fiducia nel futuro e permettono di affrontare quei rischi – legati alla trasformazione dei modelli produttivi – che l’imprenditore da solo potrebbe non riuscire a sostenere.

Per migliorare la produttività e la competitività delle imprese bisogna agire fuori e dentro i cancelli delle stesse. Fuori, partendo dall’ammodernamento del sistema infrastrutturale del Paese, della semplificazione della burocrazia e della certezza del diritto, dalla liberalizzazione dei servizi dovunque l’inefficienza pubblica comprime l’imprenditorialità privata, da una scuola che promuova l’impresa, il merito e la fatica, la cultura tecnico-scientifica.
Dentro i cancelli: orientando la produzione verso la specializzazione e l’alta gamma l’individuazione del proprio ruolo nelle filiere internazionali, puntando su ciò in cui si è più bravi; innovando a 360 grandi solo i processi e i prodotti ma anche le relazioni industriali, la logistica. Credendo, infine, nelle politiche di sostenibilità ambientale, sociale e di governance fino in fondo, senza esitazione. Quello che è successo con la pandemia sembra ripetersi oggi con la guerra in Ucraina e la crisi energetica: l’approccio e le scelte politiche devono rimanere le stesse, anzi vanno rinforzate per essere resilienti. Quanto proposto dal PNRR e dal programma di Azione è assolutamente coerente con queste idee guida.

Azione-Italia Viva e l’Europa.
Negli ultimi due anni la Commissione Europea guidata da Ursula von der Leyen ha compiuto una svolta nelle politiche europee di portata storica. Ai tempi della crisi del 2008 -2013 sembrava che l’austerità fosse l’unica ricetta: tagliare costi dell’amministrazione pubblica e creare un avanzo primario nei paesi indebitati, come Italia e Grecia. Nel nostro Paese, in piena crisi, l’ex ministro Giulio Tremonti sosteneva che, stante il nostro indebitamento, non potevano esserci politiche di sostegno all’economia. Il punto fondamentale è un altro: non c’è ristrutturazione senza investimento nel cambiamento, cioè nelle riforme. Giusto contenere la spesa e tagliare sprechi e inefficienze, ma contemporaneamente bisogna investire.

Questo è lo spirito che ha portato a Next Generation EU, l’innovativo strumento di rilancio dell’economia europea, duramente colpita dalla pandemia da Covid-19. Oggi, proprio grazie a Next Generation EU si emettono titoli comuni, quasi eurobond, non per far fronte ai debiti pregressi ma per promuovere importanti programmi di riforma, per costruire il futuro. Lo sforzo di proposta del PNRR italiano è molto coerente con gli obiettivi di sviluppo e passa attraverso riforme essenziali per il nostro sistema economico e amministrativo: occorre fare presto, chi chiede modifiche al Piano non si rende conto di cosa questo potrebbe significare. Non c’è altro tempo da perdere né per le aziende né per le famiglie né tanto meno per i nostri giovani.

Ma non va tutto bene, nemmeno in Europa. Credo sia necessario metter mano alla governance della “casa” europea: eliminare l’unanimità su molte decisioni strategiche e operative, costruire una “sovranità” europea su temi economici, sociali e di politica estera. Temi che sono se affrontati nella dimensione europea ci permettono di resistere nella competizione mondiale.
Innovazione e scienza, due temi a lei cari.

Nel programma di Azione-Italia Viva ci sono riferimenti all’innovazione sia quando si parla di Università, sia quando si indica nel digitale, nelle competenze in settori strategici, nella space economy la necessità di investimenti. Aree di intervento in parte indicate anche nel PNRR, con relativi fondi. L’innovazione tecnologica nasce dalla voglia di futuro. Per sostenerla è fondamentale investire nella ricerca scientifica di base, ma non solo. Alcuni indirizzi programmatici riguardano l’investimento in capitale umano e formazione. In particolare, sono le materie scientifiche che devono diventare oggetto di maggiore attenzione nei percorsi scolastici: dai licei alle scuole tecniche fino ai moderni e innovativi ITS. La promozione della cultura scientifica è indispensabile premessa ad uno sviluppo dell’economia e in genere della società per una vita migliore. Il tema è politico.

Anche in questa campagna elettorale abbiamo visto da varie parti politiche il tentativo di cercare il consenso in questo serbatoio di voti. Altri, così in Azione-Italia Viva, spiegano invece ogni giorno a tutti l’importanza della vaccinazione e l’incredibile capacità del sistema Europa di mettere a disposizione di tutti un metodo per mitigare gli effetti della pandemia. L’anti-scienza è purtroppo diffusa. E va combattuta con la diffusione della conoscenza. Il problema è a monte: trasmettere ai più giovani l’importanza della scienza, la meravigliosa sorpresa nel capire i fenomeni della natura, il divertimento della scoperta, l’abitudine critica dell’approccio scientifico. Per questo insieme ad un gruppo di amici abbiamo dato vita vent’anni fa, in città, a BergamoScienza un festival scientifico diffuso nelle piazze. La scienza è razionalità e il futuro comincia da qui.

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