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Sciopero

Contratto scaduto da 7 anni, la vigilanza protesta davanti alla Prefettura

Sono circa 2mila gli addetti del settore nella Bergamasca. I sindacati: "Dal 2015 senza un aumento salariale e con stipendi insufficienti, fondamentale tutelare la dignità del lavoro e difendere il potere d’acquisto dei cittadini"

Bergamo. Presidio davanti alla Prefettura di Bergamo e sciopero dell’intero turno per i lavoratori e le lavoratrici della vigilanza, nella giornata di lunedì 29 agosto.

Lo annunciano Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs Uil, che denunciano “la situazione drammatica in cui versa il settore e lo stato di sofferenza e di profondo disagio dei dipendenti, che sono da ben sette anni senza un aumento salariale, con stipendi insufficienti, di fronte alla costante violazione delle norme di legge e dei contratti anche in tema di salute e sicurezza e alla cronica carenza di tutele adeguate rispetto all’evoluzione del settore”.

Il settore nella provincia di Bergamo conta circa 2mila addetti, in Lombardia più di 20 mila e il contratto collettivo della categoria è scaduto nel 2015.

“A peggiorare una condizione già gravata da salari lontani dal poter essere considerati dignitosi, ci sono le difficili condizioni lavorative alle quali sono sottoposti molti lavoratori, costretti a subire turni e orari improponibili. Per molti flessibilità e reperibilità sono una costante, con datori di lavoro che non di rado comunicano cambiamenti di turno con un anticipo di poche ore, spesso il giorno stesso o a turno già iniziato. Non è ammissibile che nel nostro Paese ci siano così tanti lavoratori con contratti collettivi spesso scaduti da anni e che pur lavorando sono, di fatto, poveri: nel settore sicurezza non è raro vedere dipendenti che, nonostante lavoro festivo e turni notturni, arrivano a prendere ben meno di 1.500 euro netti al mese”, scrivono le organizzazioni sindacali.

“Troppo spesso, anche in caso di evidenti violazioni, le istituzioni non esercitano la funzione di controllo e intervento loro assegnata dalle norme vigenti: un comportamento ancor più inaccettabile se riferito a lavoratori e lavoratrici che quotidianamente garantiscono la sicurezza privata e pubblica, come ampiamente dimostrato dal lodevole impegno espresso durante l’intera fase emergenziale sanitaria, spesso facendosi carico di compiti impropri in nome dell’interesse generale – continuano -. Questi problemi vanno letti nel contesto già difficile di un’attività basata su contratti di appalto pubblici e privati, in cui la mancata definizione di norme adeguate per la tutela della professionalità e dell’occupazione espone migliaia di persone alla logica del massimo ribasso”.

E concludono: “Non è più tempo di rimandare se si vuole tutelare la dignità del lavoro e difendere il potere d’acquisto dei cittadini, oggi messo a dura prova anche dall’inflazione che sta colpendo tutti ma soprattutto i lavoratori. È fondamentale agire per trovare una soluzione affinché ci sia una diversa distribuzione della ricchezza che oggi vede un modello iniquo che sfavorisce soprattutto coloro che vivono da reddito dipendente, pensionati e lavoratori autonomi. È ora di agire: le persone non sono numeri e come tali hanno bisogno di risposte”.

 

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