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Il caso

“Devianze giovanili”: la politica (tutta) smetta di strumentalizzare le malattie mentali

Le ultime vicende rivelano quanto sia necessario imparare a comunicare la malattia mentale in modo adeguato per evitare stigmatizzazioni, favorire la diffusione di consapevolezza e ottenere aiuti concreti e validi

Il 22 agosto 2022 il profilo ufficiale di Fratelli d’Italia ha pubblicato un tweet (poi immediatamente rimosso, ma non abbastanza in fretta da evitarne la visione e la condivisione) in cui si classificavano “droga, alcolismo, tabagismo, ludopatia, autolesionismo, obesità, anoressia, bullismo, baby gang, hikikomori” come “devianze giovanili”.

Sfruttando lo scandalo così creatosi, Enrico Letta ha pensato di tirare acqua al suo partito lanciando l’hashtag #VivaLeDevianze.

Questo avvenimento, oltre che essere paradossale, getta un’ombra oscura sulla considerazione circa i disturbi del comportamento alimentare (DCA) e sulla pericolosità che una comunicazione così fallace porta con sé.

Alcune considerazioni e contraddizioni

Prima di continuare il discorso è bene ragionare sul significato del termine devianza: cercandolo sul vocabolario la definizione che se ne ricava è “Comportamenti che si allontanano da una norma o da un sistema di regole”.

Molti, fra cui il dottor Leonardo Mendolicchio, specialista nella cura dei DCA, hanno contrapposto a devianza, il termine corretto da utilizzare, ovvero patologia “[…] Con significato più generico, per indicare una malattia in atto, uno stato patologico, una condizione di sofferenza dell’organismo”.

Possono sembrare differenze futili, ma quando si parla di concetti delicati è bene utilizzare le parole corrette, perché esse possono fare la differenza.

La narrazione delle cose crea le cose stesse.

Un’altra considerazione da sottolineare è che queste frasi arrivano in un momento particolarmente delicato, infatti i numeri riferiti ai DCA sono molto preoccupanti: si stima che, solo in Italia, attualmente siano 3 milioni di persone a soffrirne, di cui 2,3 milioni adolescenti e si è riscontrato che l’anoressia e la bulimia ogni anno causino almeno 4 mila morti.

Numeri davvero preoccupanti e sicuramente non trascurabili.

In aggiunta, la recente crisi sanitaria e il conseguente lockdown hanno aggravato la situazione psicologica di molte persone, aumentando i disagi e i numeri di chi sta soffrendo.

Le parole hanno un peso: definire un problema psicologico come devianza porta con sé un profondo senso di colpa e vergogna nel malato, e di contro affermare “Viva le devianze” sembra voler comunicare un senso di ricchezza che questi disagi portano con sé, una sorta di “Viva le malattie mentali”.

Parole che feriscono profondamente, in entrambi i sensi.

Quali rischi si corrono?

I rischi che si corrono utilizzando una comunicazione del genere sono molteplici.

Accettare di soffrire di un DCA, e successivamente chiedere aiuto, sono di per sé azioni molto difficili da compiere e se essi vengono stigmatizzati ulteriormente è immediato comprendere quanto ciò rischi di aggravare la situazione.

Bisogna imparare a capire (e successivamente a comunicare) che soffrire di un disturbo psicologico non è una scelta e di conseguenza non si hanno colpe.

Non basta avere una grande forza di volontà per uscirne, ma serve un lavoro d’equipe e un gioco di squadra tra medici specializzati, il paziente e la famiglia.

Lo sport e la cultura suggeriti come cura da Giorgia Meloni quindi non possono essere altro che piccoli strumenti aggiuntivi, ma non possono sostituire un percorso psicologico vero e proprio.

Per questa ragione il racconto fatto da quest’ultima rispetto alla sua perdita di peso dopo che dei bambini l’avevano presa in giro risulta ancora più superficiale e offensivo rispetto a chi soffre davvero di una patologia grave.

Il pericolo più grande di queste affermazioni è quello di rendere nulli anni e anni di lotta e di attivismo seri svolti da associazioni e persone che hanno davvero a cuore questi problemi e buttarli via a causa dell’ignoranza e della superficialità di certi discorsi.

Il ruolo che dovrebbe avere la politica

I disturbi del comportamento alimentare sono un problema sociale, e di conseguenza possono essere ritenuti anche un problema politico, ma ci sono modi e modi per affrontarli.

Come spiegato abbondantemente in precedenza la strumentalizzazione non fa altro che peggiorare la situazione quindi, al posto di sfruttarli per campagne elettorali o classificarli con definizioni ignoranti, sarebbe bene rivolgere l’impegno verso la ricerca di un aiuto vero, concreto: fondi per la formazione di professionisti, per strutture specializzate, per ridurre le liste d’attesa, per un’educazione migliore…

In conclusione ciò che è necessario fare è accettare in primis l’esistenza di un’emergenza psicologica, mettendo in primo piano la salute mentale al pari di quella fisica, e iniziare a muoversi anche a livello politico per contrastare questo problema sociale cominciando con l’adottare una comunicazione adeguata e successivamente compiendo passi concreti.

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