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Studenti

Oltralpe in università: un confronto sulla vita accademica tra Italia e Francia

Dopo il processo di Bologna siamo abituati a una visione unitaria e pressoché omogenea degli atenei europei per quanto riguarda insegnamenti ed erogazione di titoli, ma differenti ordinamenti statali e differenti concezioni della vita accademica creano divergenze sostanziali che non possono essere ignorate. Ecco che uno sguardo sull’università dei nostri vicini francesi può allora aprire a nuove prospettive

Dopo il processo di Bologna siamo abituati a una visione unitaria e pressoché omogenea degli atenei europei per quanto riguarda insegnamenti ed erogazione di titoli, ma differenti ordinamenti statali e differenti concezioni della vita accademica creano divergenze sostanziali che non possono essere ignorate. Ecco che uno sguardo sull’università dei nostri vicini francesi può allora aprire a nuove prospettive.

L’Università degli Studi di Bergamo, e in particolare il suo dipartimento d’eccellenza di lingue, letterature e culture straniere, vanta una grande componente internazionale grazie alla sua fitta rete di accordi con atenei esteri in tutti i cinque continenti. In Europa spiccano le 23 università Francesi che hanno convenzioni con l’ateneo bergamasco, proponendo addirittura un accordo di doppia laurea nel caso dell’Université de Franche-Comté di Besançon. È proprio in questo contesto fortemente internazionalizzato che ho avuto l’occasione di passare un semestre all’Université de Rouen, facendo tesoro di un’esperienza molto ricca dal lato umano e che mi ha lasciato con varie riflessioni anche estremamente pratiche: come ho già parlato di trasporti nel capoluogo normanno, senza tralasciare quelli notturni, ora è il momento di fare luce su cosa cambia tra Italia e Francia quando si studia in università.

I vari percorsi

All’uscita della scuola superiore, se si vuole proseguire negli studi, arriva il momento di scegliere il proprio percorso universitario tanto in Italia come in Francia. I liceali d’oltralpe, che arrivano a fare questo importante passo un anno prima di quelli italiani, si trovano a compiere una scelta tra percorsi che sembrano in molti casi ben più specifici di quelli a cui siamo abituati nel Belpaese: se per esempio qui si può essere laureati in lingue, in Francia si può scegliere di laurearsi in lingua inglese, come esistono anche lauree triennali in diritto francese e in letteratura di uno specifico secolo. L’istruzione di livello superiore in Francia segue lo stesso andamento di quella in Italia: si ha dapprima la laurea triennale (licence), di poi la magistrale (master) e il dottorato di ricerca (doctorat). Quel che cambia davvero, a voler ben vedere, è quel che si trova all’interno dell’organizzazione di questi anni di studio.

Valutazioni ed esami

Il sistema di valutazione adottato in Francia è lo stesso dalle elementari all’università, sempre e solo in ventesimi. In Italia, lo si sa bene, i voti universitari sono espressi in trentesimi, con la possibilità della lode. Presso di noi la sufficienza è al 60% (con votazione 18/30), mentre in Francia è fissata al 50% (con votazione 10/20) e solo in alcune facoltà come diritto e medicina sale di uno o due punti, ma non ovunque.

Se fino alle superiori si parla di verifiche e interrogazioni (ancora con voti in decimi), all’università la valutazione passa solo da quelli che sono gli esami. Sia in Italia che in Francia il piano di studio di uno studente che intende conseguire una laurea comprende un certo numero di esami che, se superati negli anni concessi al percorso previsto, danno accesso al titolo. Ad esempio all’Università degli Studi di Bergamo, l’ateneo del capoluogo orobico, una laurea in lingue e letterature straniere moderne si consegue con 22 o 23 esami (a seconda del curriculum scelto), e il numero non si discosta molto per le altre lauree triennali: si vedano a titolo esemplare filosofia (26 esami), lettere (24 esami) o economia (22 esami). Ecco che all’Université de Rouen i numeri lievitano, e si hanno i 61 esami di sciences du langage, i 69 di philosophie e i 77 di lettres, numeri che non si discostano molto dagli stessi programmi proposti dalla Sorbonne Nouvelle di Parigi.
La discrepanza, che in certi casi assume valori anche estremi, è data dal “peso” assunto da questi esami: se a Bergamo siamo abituati a vedere insegnamenti che conferiscono 5, 6, 10 o anche 12 Crediti Formativi Universitari (CFU), oltralpe si viaggia di soli 2 o 3 alla volta, e gli esami più “pesanti” (spesso solo in lauree magistrali a ciclo unico) sono da 6, massimo 8 crediti. Si potrebbe quindi dire che in Francia si tiene a esaminare ciascun elemento specifico della didattica separatamente, finendo per avere un percorso frammentato che permette a chi lo desidera di concentrarsi su piccoli moduli studiando meno contenuti per più esami diversi; dall’altro lato si può avere chi, tuttavia, preferisce il sistema italiano, quindi pochi esami ma richiedenti un carico di studio considerevole.

Il calendario dell’anno accademico

Interessante notare come agli studenti francesi non è concessa l’autonomia accordata agli studenti italiani nella scelta degli appelli: sono i professori a organizzare, entro il dipartimento a cui afferiscono, il calendario della sessione d’esami con un’unica occasione per sostenere ciascuna prova. Fallire un esame o non presentarsi non è una tragedia, in quanto una seconda occasione è costituita dal rattrapage concesso a fine anno accademico (nelle ultime settimane di giugno). È solo a quel punto che si possono tirare le somme, e decretare se è concesso proseguire o no: con una media di tutti gli esami insufficiente, infatti, l’anno non è passato e si deve ripetere. Stranissimo, tutto questo, per noi italiani abituati a scegliere le date dei nostri esami, con la possibilità di darli anche molto in là nel tempo continuando il resto della nostra carriera accademica.
Non che il calendario non lasci piacevoli sorprese in Francia: una “vacanza d’autunno” di una settimana a inizio novembre, le consuete vacanze di Natale (che durano però fino a capodanno, in quanto l’epifania non è festività), una “vacanza d’inverno” di una settimana a metà febbraio (che i più appassionati dedicano alle attività sciistiche) e due settimane di “vacanza di primavera” ad aprile. Le università restano chiuse in agosto come in Italia e gli studenti, se non hanno rattrapages da sostenere dopo esami falliti o non sostenuti, possono iniziare la loro estate già a fine maggio. Questo perché le sessioni d’esami sono concentrate in due settimane per il primo semestre e due per il secondo, in periodi di tempo che finiscono così per essere molto limitati tra lezioni e sospensioni della didattica.

La didattica e le lezioni

In Italia la classica lezione universitaria ha luogo in una grande aula è svolta in modalità frontale: chi siede in cattedra spiega, chi siede oltre ascolta e prende appunti, senza tralasciare il tempo utile per fare domande durante o alla fine. Questo tipo di lezione è chiamato CM (Cours Magistral) dai francesi, ed è solo una delle due tipologie di erogazione dell’insegnamento universitario insieme al TD (Travail dirigé). Quest’ultimo consiste in una lezione svolta in una classe di dimensioni altrettanto ridotte, si potrebbe dire simile a una classe di quelle che siamo abituati a vedere fino alla scuola dell’obbligo, con banchi e sedie; è lì che gli studenti, in un gruppo altrettanto piccolo (di solito tra la ventina e la trentina), assistono a una lezione basata sull’interazione con l’insegnante. Se nel CM è una dimensione passiva dell’apprendimento a prevalere, il TD privilegia la messa in comune di questioni legate al soggetto di studio: il corpo docente propone agli studenti di svolgere esercizi, preparare presentazioni ed elaborati, ingaggiare dibattiti, formulare ipotesi originali e mettere in moto il sapere acquisito durante i CM in tutto ciò che possiamo definire “attività”.

Le unità di insegnamento comprendono solitamente la coesistenza di CM e TD, anche se esistono insegnamenti erogati in una sola delle due modalità, quindi solo CM o solo TD. Mentre la presenza ai CM è sempre una scelta, i TD sono nella maggior parte dei casi obbligatori e un certo numero di assenze ingiustificate può conferire lo statuto di défaillant a uno studente. Nelle università italiane questo non accade, e può essere visto come un limite per coloro che affrontano gli anni dell’università principalmente senza frequentare. Volendo vedere l’Università degli Studi di Bergamo, gli insegnamenti di lingua erogati dal dipartimento d’eccellenza di lingue, letterature e culture straniere comprendono sia lezioni frontali, come i CM, sia attività di apprendimento linguistico (AAL) assimilabili ai TD. Le AAL bergamasche sono tuttavia facoltative e, pur essendo utili a consolidare la competenza linguistica degli studenti nello scritto e nell’orale, gli esami di lingua valutano la conoscenza dei contenuti dei corsi ufficiali.

In conclusione, meglio o peggio?

Le differenze tra Italia e Francia quando si parla di università non sono di certo poche, e ho cercato qui di rendere conto delle più salienti e concrete. Nella mia esperienza da studente Erasmus a Rouen ho potuto interfacciarmi con il mondo universitario francese per un intero semestre, e l’aver provato un sistema diverso da quello della mia università d’origine qui a Bergamo mi ha portato a fare diverse considerazioni riguardo l’una e l’altra realtà. Di entrambe ora posso apprezzare certi tratti, come posso anche non essere entusiasta di altri, e la domanda che mi sento porre più spesso dal mio ritorno è “in Francia è meglio o peggio?”. La mia risposta: “è diverso”.

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