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La riflessione

Trent’anni dalla strage di via D’Amelio, sentinelle di memoria operante fotogallery

Per questo la Veglia si intitola “Sentinelle di memoria operante” perché non sia una commemorazione o celebrazione fine a se stessa ma sia operante nel quotidiano e nel tempo. Veglia preparata da un gruppo di giovani scout provenienti da varie parti della Sicilia e di Italia che per una settimana hanno fatto un percorso di formazione fatto di incontri, testimonianze, approfondimenti, che io personalmente ho accompagnato nel cammino spirituale per tutta la settima meditando un buon tempo ogni giorno su una “Beatitudine” diversa.

Francesco Cavallini sj, gesuita bergamasco, con questa riflessione ripercorre la veglia di preghiera di lunedì 18 luglio iniziata a San Domenico, in centro a Palermo, alle 17 con vari interventi, la marcia fino a Via D’Amelio e la veglia preparata dai ragazzi che si è conclusa con la Messa celebrata dall’Arcivescovo di Palermo monsignor Corrado Lorefice e concelebrata da padre Francesco,  don Ciotti e i vari Assistenti Scout presenti. 

Erano le 16,59 del 19 luglio del 1992 quando un boato devastò Via D’Amelio a Palermo e un fumo nero coprì la città 57 giorni dopo l’esplosione che squarciò il tratto di autostrada tra Punta Raisi e Palermo in località Capaci il 23 maggio.

Il giudice Paolo Borsellino e gli uomini della scorta furono fatti a brandelli. Poteva essere la morte anche della speranza e delle Istituzioni. Quel boato ebbe invece l’effetto di destare le coscienze e di generare un onda lunga trent’anni di impegno civico e associativo in vari ambiti che coinvolge ancora oggi tanti giovani che all’epoca non erano ancora nati. Simbolicamente l’albero d’ulivo piantato il 19 luglio dell’anno successivo nel luogo del cratere dell’autobomba voluto dalla mamma di Paolo Borsellino proveniente da Betlemme rappresenta questa memoria viva che continua nel quotidiano nella vita di tante persone.

Così come la veglia di preghiera che si celebra la sera del 18 luglio in Via D’Amelio voluta ancora una volta dalla Mamma di Paolo affinché precedesse le cerimonie istituzionali del 19 luglio. Veglia che ieri è iniziata nella Chiesa di San Domenico nel centro di Palermo dove il giorno 20 giugno del 1992 gli scout organizzarono una grande processione di “resistenza” alla violenza della mafia. Quel giorno partecipò anche il giudice Borsellino, segnato dal dolore per la morte dell’amico e collega Giovanni Falcone e la sua scorta e consapevole di avere i giorni contati. Quel giorno chiese agli scout di “combattere la mafia” facendo servizio con i giovani sul territorio e consegnò loro le Beatitudini del Vangelo di Matteo, che per lui erano la bussola per stare al mondo, criterio di discernimento e di scelte nella vita. Dopo la sua morte, nel cassetto della sua scrivania in Tribunale, trovarono la sua bibbia con un segnalibro proprio in quel passo di Vangelo.

Lunedì 18 luglio la nipote Cecilia Borsellino, figlia di Rita Borsellino ha rinnovato questo mandato alle centinaia di scout provenienti da varie parti d’Italia ed insieme si è iniziata la processione verso Via D’Amelio.

Per questo la Veglia si intitola “Sentinelle di memoria operante” perché non sia una commemorazione o celebrazione fine a se stessa ma sia operante nel quotidiano e nel tempo. Veglia preparata da un gruppo di giovani scout provenienti da varie parti della Sicilia e di Italia che per una settimana hanno fatto un percorso di formazione fatto di incontri, testimonianze, approfondimenti, che io personalmente ho accompagnato nel cammino spirituale per tutta la settima meditando un buon tempo ogni giorno su una “Beatitudine” diversa.

Scoprire, con Paolo Borsellino, che c’è una pienezza di vita, una consolazione e una gioia nello stare al mondo non scantonando le difficoltà, non pensando solo a se stessi, ma impegnati nella vita secondo lo stile delle Beatitudini, lo stile di Dio…beati i miti, beati i puri di cuore, beati gli operatori di pace, beati chi ha sete e fame di giustizia, beati anche…proprio perché vi impegnate per un mondo più giusto, vi perseguiteranno, vi lasceranno soli, parleranno male di voi…Rallegratevi, perché questa è la vita stessa di Dio e lì puoi sperimentare la pienezza, la gioia, la consolazione dell’essere nella vita Dio, di vivere una vita sensata e feconda…come il chicco di grano, che se non muore secca e rimane solo mentre se muore rinasce portando molto frutto…come la vita e la morte di Paolo, come la vita di tante persone anche nell’anonimato.

Ma su tutte queste celebrazioni del trentennale della stragi di Capaci e di Via D’Amelio c’è un’ombra cupa che accompagna l’onda positiva del riscatto e dell’impegno civico e che Don Ciotti ha sottolineato. Il fatto che ancora non ci sia verità e giustizia. Nel suo intervento ha detto che in giro ci sono persone, uomini delle istituzioni, politici che sanno e non parlano e che operano affinchè la verità di quelli che sempre più chiaramente emergono non essere solo delitti di mafia ma con una regia nella parte deviata dello Stato, non emerga. Paolo Borsellino ha sempre chiesto di difendere le istituzioni che sono sacre e garanti della democrazia, ma che bisogna invece denunciare le singole responsabilità degli uomini delle istituzioni.

Fiammetta, la figlia minore di Paolo, in più occasioni ha fatto i nomi e i cognomi di chi in qualche modo ha contribuito a insabbiare la verità e quindi la giustizia. Fare “memoria operante” quindi, oggi, è anche non smettere di chiedere e pretendere verità a partire dagli uomini delle Istituzioni.

Francesco Cavallini sj, gesuita bergamasco che svolge la sua missione a Palermo

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