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I dati

Qualità dell’aria, Bergamo in fondo alla classifica europea: 320° posto

Come molte altre città della Pianura Padana ai margini della graduatoria stilata dall’Agenzia ambientale europea: 344 quelle incluse, dalla più pulita alla più inquinata in base ai livelli medi di particolato fine (PM2.5)

Bergamo. Un bollino arancione seguito dalla dicitura “Poor”. Tradotto: “Scarsa”. Bergamo, come molte altre città della Pianura Padana e del nord Italia in generale, è in fondo alla classifica dell’Agenzia ambientale europea (Eea) sulla qualità dell’aria stilata in base ai livelli medi di particolato fine (PM 2.5): al 320° posto su 344 con 19,9 microgrammi per metro cubo d’aria (µg/m3).

Ancora più in basso troviamo Venezia e Vicenza (341° e 340° posto), poi salendo Brescia (338°), Asti (333°), Verona (332°), Treviso (331°) e Pavia (330°): tutte con PM2.5 superiori a 20 µg/m3. Tra le grandi città, la peggiore è Milano con 19,8 µg/m3 (318° posto), preceduta da Torino con 19,4 µg/m3 (315°). Roma e Napoli sono invece al 242° e 241° posto con 13,2 e 13,1 µg/m3. Ma, come vedremo, non sono le italiane peggiori.

Gli standard sulla qualità dell’aria in vigore in Europa dipingono un quadro più roseo rispetto a quello suggerito basandosi sui valori dell’Organizzazione mondiale della sanità, decisamente più bassi (la soglia riconosciuta in UE come pericolosa per la salute umana, infatti, è di 5 volte superiore a quella Oms, cioè 25 µg/m3, anche se le direttive in materia sono in aggiornamento). Basti pensare che, nel primo caso, solo 3 città sono fuori norma (due delle quali in Italia, Cremona e Padova, al 342° e 343° posto della classifica, seguite dalla polacca Nowy Sacz fanalino di coda); mentre nel secondo soltanto 11 centri su 344 sono in regola, come sottolineano appunto i dati pubblicati dall’Eea, riferiti ad oltre 400 centraline di rilevazione con la media dei valori di particolato sottile nel biennio 2020-2021.

Ma quali sono queste 11 città europee all’avanguardia per qualità dell’aria, secondo i parametri dell’Oms? Al primo posto troviamo la svedese Umeå seguita sul podio dalle portoghesi Faro e Funchal. Poi Tampere (Finlandia), Narva e Tallinn (Estonia), Stoccolma, Uppsala e Norrköping (Svezia), Bergen (Norvegia) e Reykjavik (Islanda): tutte nel nord Europa e tutte con concentrazioni di polveri ultrasottili inferiori a 5 µg/m3. E la prima città italiana in classifica? Sassari, in Sardegna, con 5,5 µg/m3, al 16° posto. Per imbattersi in una lombarda bisogna attendere la 261esima posizione, dove compare Lecco con 14,1 µg/m3. In sintesi, solo il 3% delle città rispetta le soglie dell’Oms, anche se 272 delle 344 città analizzate a livello europeo – quasi l’80% del totale – hanno una qualità dell’aria almeno “moderatamente buona”.

Verso il 2030

L’Agenzia ambientale europea ha anche pubblicato la relazione annuale sull’inventario delle emissioni dell’Ue 1990-2020, che mostra una continua, anche se con recente rallentamento, tendenza al ribasso delle emissioni dal 1990 al 2020 di sei diversi inquinanti atmosferici: monossido di carbonio, ammoniaca, ossidi di azoto, composti organici volatili non metanici, ossidi di zolfo e particolato. Particolarmente difficili da ridurre sono le emissioni di ammoniaca, provenienti dagli allevamenti: sono quelle che dal 1990 hanno mostrato il calo minore, e che restano concentrate in Francia, Germania, Italia e Spagna (57% del totale Ue).

Se buona parte dei Paesi Ue ha raggiunto i target al 2020, i nuovi obiettivi per ridurre le emissioni entro il 2030 dicono che la strada è in salita praticamente per ogni stato membro. Tranne Belgio ed Estonia, tutti devono ridurre le emissioni di almeno un inquinante per rispettare i propri impegni. Raggiungere quei target – ricorda l’Agenzia in una nota – potrebbe ridurre del 55% il numero di morti premature causate dall’inquinamento atmosferico e del 25% i danni agli ecosistemi dell’Ue, dove l’inquinamento atmosferico minaccia la biodiversità.

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