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L'intervista

Tensioni nei 5 Stelle, Violi: “All’invio di armi preferisco chi lavora per la diplomazia”

Il nuovo coordinatore lombardo del Movimento a tutto campo "La sanità fa acqua. Non basta cambiare il nome a un servizio perché questo funzioni meglio"

Bergamo. “È una guerra lunga, destinata a protrarsi ancora nel tempo, che si deve vincere in maniera diversa, con la diplomazia”. Non lo dice chiaramente Dario Violi, fresco di nomina a coordinatore regionale del Movimento 5 Stelle, ma la sua idea sulla querelle dell’invio delle armi in Ucraina, è chiara. Una posizione che si avvicina quindi al pensiero di Giuseppe Conte, lo stesso che ha scatenato una serie di mal di pancia interni al partito e che, oltretutto, rischia di mettere in difficoltà il governo Draghi. L’ex premier, infatti, ha annunciato una risoluzione che impegna il governo a non procedere all’ulteriore invio di armi, ma per Di Maio si tratta di un tema da maneggiare con cura.

E martedì pomeriggio, in aula si discuterà proprio di questo: “In realtà si tratta di una vicenda che ho seguito poco – ha raccontato Violi pochi minuti prima di imbarcarsi per Roma -, anche se credo che questo conflitto non solo non si risolverà in breve tempo, e i fatti lo dimostrano, ma che non vada affrontato in questo modo. Tutti condanniamo Putin, per carità, e tutti siamo a favore della pace, ma credo che le sanzioni non abbiano sortito nessun effetto, che serva un piano d’intervento differente. Senza contare che, nel frattempo, i contraccolpi sono drammatici, anche per l’Italia. Basta pensare a tutti i problemi che stiamo vivendo: la crisi energetica e quella economica, per non parlare di quella sociale. E’ inutile abbassare le accise e mettere sul piano milioni di denari per intervenire se poi il problema perdura”.

Questa vicenda ha creato una frattura nel Movimento. Crede che si risolverà?

Penso che la leadership vada rispettata, come del resto i ruoli. E credo anche che la nostra attenzione debba essere posta sui problemi reali della gente. Queste dinamiche, infatti, non fanno altro che distoglierci dalla vita quotidiana, della quale siamo chiamati a rispondere. Come dire, testa bassa e lavorare. E l’idea di ripartire dal territorio è fondamentale. Per cambiare e tornare ai massimi splendori, al 33%, dobbiamo ricostruire il tessuto non solo nazionale, ma anche provinciale. Bisogna far capire ai militanti e anche alla gente comune, che poco si avvicina alla politica, che la situazione è cambiata, come le prospettive. E coinvolgerli. Come? Condividendo il potere, non accentrandolo. Valorizzando le competenze e le risorse, dando vita ad una struttura precisa e organizzata.

E mentre parliamo, le voci raccontano di un Di Maio non solo pronto a lasciare, ma già intento alla costruzione di un suo gruppo parlamentare. Cosa ne pensa?

Guardi, non mi pare che chi ha scelto di correre da solo, soprattutto negli ultimi anni, abbia avuto buona sorte. Pensi a Fini o a Renzi, non sono mai andati oltre il 2% delle preferenze. Forse, strategicamente, è meglio continuare a far parte di un movimento che, da 15 anni a questa parte, ha dimostrato di avere una base solida. Quindi, per rispondere alla sua domanda, le dico che non credo che a Di Maio convenga politicamente fare una scelta simile, a meno che non ceda al suo ego.

Il reddito di cittadinanza, uno dei vostri cavalli di battaglia, continua a far discutere. Anche quando si parla di mancanza di lavoratori nella stagione estiva. 

La nostra idea non è cambiata minimamente. Anzi, credo che spesso, troppo spesso, il reddito di cittadinanza venga strumentalizzato, come nel caso che cita lei. E lo dimostrano i numeri. Nel 2021, in termini di assunzioni estive, sono stati fatti quasi 240.000 contratti. Di cosa stiamo parlando?

I suoi occhi sono puntati sempre su Bergamo. 

Assolutamente. E il discorso che le ho fatto prima sulla necessità di strutturare il Movimento vale assolutamente anche per noi. Più volte, anche negli anni passati, ho chiesto a Di Maio, con cui ho un ottimo rapporto, di operare in questo senso, senza nomine informali, ma, al contrario, con referenti che sia in grado, un domani, di prendersi anche le proprie responsabilità. Per questa ragione, questa settimana verrà nominato un segretario provinciale a Bergamo e entro la prossima i referenti anche locali, di ciascun comune.

Una delle piaghe della nostra provincia è, al momento, la mancanza cronica di medici di base. 

Del resto non si può chiedere a chi ha generato i problemi, di risolverli. Questo non è altro che il frutto della malsana pianificazione e divisione tra pubblico e privato, dove quest’ultimo settore ha fatto montagne di soldi sulla pelle dei cittadini. Ma pensi solo alle Case di Comunità: cosa sono? Nient’altro che i vecchi ambulatori dove io portavo le mie figlie a fare le vaccinazioni. Non basta cambiare la targhetta su un’edificio per dare una svolta o per garantire un servizio migliore e diverso.

Bergamo si avvicina, lentamente, alle amministrative. La strada è ancora lunga, ma lei come vede la sua città?

Sono soddisfatto, anche se è chiaro che è sempre difficile fare opposizione, specie se hai un simbolo che, in questo caso, non tira molto. Non posso lamentarmi, anche perché le alchimie politiche sono complicate. Detto questo, la strada è ancora lunga, è prematuro parlarne. Ripeto, continuiamo a lavorare e pensiamo al presente.

 

 

 

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