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Corte d'assise

Omicidio di via Novelli, il medico legale: “Le coltellate inferte con volontà di uccidere”

Il coroner consulente della procura: "Tre elementi che indicano la non accidentalità: l'uso dell'arma in modo penetrante, il numero delle coltellate e due dei sei colpi inferti in zone anatomicamente delicate"

Bergamo. Il corpo di Marwen Tayari, secondo il medico legale Matteo Marchesi, parla di “modalità lesiva tipicamente omicida”.

Le sei ferite che il tunisino di 34 anni ha riportato durante la colluttazione con Alessandro Patelli, l’8 agosto del 2021, secondo il consulente della procura sono state inferte con la volontà di uccidere. Questo per tre motivi: il primo è che il coltello è stato utilizzato in modo penetrante, affondandolo nel corpo della vittima e non facendo scorrere la lama sulla pelle; il secondo è la reiterazione, ovvero il numero dei colpi inferti; il terzo riguarda le due regioni “anatomicamente delicate” dove sono state inferte due delle sei coltellate.

Tayari infatti è morto per uno shock emorragico dovuto ad un colpo sferrato nella parte sinistra del torace “dove notoriamente, anche per chi non esercita la professione medica, si trova il cuore”, spiega il medico legale. La lama del coltello si è infatti insinuata tra due costole ed ha raggiuto il cuore del tunisino provocando una lesione cardiaca e una massiccia emorragia interna.

Un’altra coltellata è stata sferrata al collo di Tayari: “è arrivata al fascio vascolare dove si trovano carotide e vena giugulare”, precisa Marchesi. Altri due fendenti hanno invece colpito la coscia e due la schiena. Sulle mani piccoli tagli, compatibili con la difesa, e sul corpo contusioni ed escoriazioni che la vittima si è procurata durante la colluttazione a terra.

Nell’udienza di mercoledì è stato sentito anche Pasquale Zilio, il senzatetto che quel giorno ha assistito alla scena. Alla Corte d’assise ha raccontato di un pasto consumato sui gradini all’angolo tra viale Papa Giovanni e via Novelli: “Ho visto una famiglia avvicinarsi, mi hanno salutato e augurato buon appetito poi la signora mi ha regalato un paio di calzini e, visto che la bambina nel passeggino piangeva, le ho offerto un pezzo di pane”. Zilio ha continuato a mangiare quando ha sentito delle grida: “Ho guardato per vedere cosa stava succedendo ed ho visto due persone a terra che lottavano, una indossava un casco. Poi si sono alzati e il tunisino ha iniziato a barcollare, ha preso un sacchetto con dentro una bottiglia, ha fatto qualche passo e si è accasciato, la bottiglia si è rotta, il ragazzo era vicino alla moto. Mi sono avvicinato, ho messo una felpa sul torace per tamponare la ferita, poi è arrivata altra gente e l’ambulanza”.

Ha testimoniato anche Samuele Marculli, che quel giorno si trovava a casa della fidanzata, che vive con la madre al secondo piano dell’abitazione di via Novelli 4, dove vive anche Alessandro Patelli con i genitori e il fratello. “Stavamo pranzando – racconta -, quando ho sentito un vociare e un tonfo sordo, tipo il rumore di un casco che cade a terra. Mi sono subito affacciato perché avevo parcheggiato la mia macchina nuova in strada, davanti alla caserma dei carabinieri. Ho visto un uomo, una donna che spingeva il passeggino e una ragazzina che stavano salendo verso via Papa Giovanni. Davanti a loro c’era un ragazzo con in testa un casco e il braccio proteso. La donna urlava, ho pensato fosse una tentata rapina e istintivamente ho afferrato il sacchetto dell’umido che c’era sul davanzale e l’ho lanciato per colpire il ragazzo, ma non l’ho preso. Ho visto il sangue che scorreva sulla gamba dell’uomo, aveva i bermuda e teneva in mano un sacchetto. Poi è caduto, la bottiglia che aveva nella busta si è rotta ed è fuoriuscita della birra. La donna lo ha soccorso, lo sorreggeva e io ho chiamato l’ambulanza. Il ragazzo si è portato sull’altro lato della strada ed è rimasto lì. Lei gridava “Me lo hai ammazzato” e lui ha risposto che era stato l’uomo a venirgli incontro”.

Pochi minuti dopo il fatto sul posto è arrivata una pattuglia dei carabinieri, come spiega il maresciallo Luca Fracella, in servizio alla caserma Bergamo Principale: “In via Novelli c’erano delle persone radunate, una donna che urlava e che sorreggeva un uomo ferito. Ho chiamato i soccorsi e lei ha detto: ‘Mio marito è stato accoltellato, è stato quel ragazzo lì’, indicando Patelli. Mi sono diretto verso di lui e mi ha detto: ‘Mi stava aggredendo con una bottiglia, mi sono difeso con il coltello’. Io gli ho chiesto dove fosse il coltello e lui l’ha tirato fuori dalla tasca. Indossava vestiti da lavoro e una maglietta bianca sporca di sangue”.

Il capitano del Norm di Bergamo Crescenzo Maglione ha parlato delle indagini: l’analisi dei video delle telecamere di videosorveglianza che hanno confermato gli spostamenti della famiglia; le perquisizioni nell’appartamento di Patelli, dove sulla scrivania della camera che divide con il fratello è stato trovato un coltello da caccia e 6 dosi di hashish ; quella nel capanno della famiglia a Trescore, dove il ragazzo si stava recando per dei lavori, e dove è stata trovata una cassetta di legno con all’interno sei coltelli, cinque a lama seghettata e uno a lama liscia. Anche Tayari aveva in tasca un coltellino multiuso con una lama di 5 centimetri.

La prossima udienza è stata fissata per il 13 luglio, durante la quale verrà ascoltato l’imputato Alessandro Patelli.

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