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L'intervento

Alpini, molestie e polemiche: “Serve una leva civica obbligatoria che insegni i valori”

Damiano Amaglio, alpino nonché Consigliere provinciale di Bergamo, interviene sulle molestie delle penne nere riunite a Rimini per il raduno annuale. 

Damiano Amaglio, Tenente f. Alpini nonché Consigliere provinciale di Bergamo, interviene sulle molestie delle penne nere riunite a Rimini per il raduno annuale.

Le polemiche sulle molestie di Rimini sembrano non fermarsi, tra silenzi e dichiarazioni improvvide, raccolte di firme e ordini del giorno. Dato che tra i passi tattici militari che ricordo c’è il passo del leopardo, persino quello del gattino, ma non quello dello struzzo, provo a dire la mia sperando di contribuire ad andare oltre e superare la vicenda. Il terreno è scivoloso e mi si consiglia di tacere, ma il mio cappello da ufficiale, per meritarmi il quale ho sputato sangue, mi impone di prendere posizione. Quel che vedo, sento e soprattutto non sento dire, mi fa capire che siamo su un piano inclinato pericoloso: va raddrizzato o ci faremo male davvero.

Assumere posizioni chiare su una vicenda complessa

Questi sono i tempi della complessità, come ha ben detto il sindaco di Rimini, e non è possibile liquidare la questione con slogan o frasi retoriche. Semplificare ci può stare, banalizzare no, e da uomo delle Istituzioni ho il compito di guardare in tutte le direzioni.

La prendo un po’  larga e parto da Adamo ed Eva: lo dico seriamente, perché il tema del rapporto tra uomo e donna non mi pare secondario (anche) in questa vicenda, ed al riguardo faccio una premessa, a scanso di equivoci: la donna è superiore all’uomo per legge di natura. E’ un dato antropologico, punto. Potremmo poi discutere di come eserciti la propria forza, ma è un altro discorso che comunque non sposta il dato oggettivo: in estrema sintesi, il Padreterno ha fatto la donna dopo l’uomo e ha migliorato il prototipo.

Altrettanto evidente è la difficoltà dell’uomo ad accettarlo, e la conseguente sua perenne voglia di ribaltare i valori e gli equilibri, fino ad usare in modo vigliacco e violento la forza fisica. Se è vero che non sempre dietro alla goliardia ed alla rozzezza c’è un intento violento e mortificante, lo è anche che certi comportamenti sono intollerabili e inaccettabili a prescindere. E’ un problema culturale su cui c’è da lavorare ancora parecchio, ma non dentro il mondo alpino in quanto tale bensì dentro la comunità tutta.

Accertare la verità e intervenire severamente

Premesso quanto sopra dobbiamo parlare di ciò che è accaduto, dei fatti, la cui gravità va giudicata con rigore e lucidità. Fa male vedere certe cose fatte da un alpino, sorprende certamente, ma che questo porti a descrivere l’Adunata Nazionale come un’occasione di sospensione delle regole di convivenza civile mi pare un’operazione di profonda disonestà intellettuale. No, non ci sto.

Molte immagini che circolano nel web sono imbarazzanti (e non solo quelle relative ai maschi, peraltro) ma per fortuna ci sono! Video e sonoro sono fondamentali per accertare le responsabilità personali. Coloro che usano il cappello alpino come lasciapassare per sfogare istinti repressi vanno espulsi dall’Associazione Nazionale Alpini. Vanno individuati e messi alla porta: basta tessera, basta sfilata. Io non la faccio tanto lunga, chi sbaglia paga, non possiamo essere marziali solo allo sfilamento della domenica. A me hanno insegnato che la severità di giudizio si applica innanzitutto a se stessi, e poi, eventualmente e non necessariamente, agli altri.

È pure vero, ed è un dato anagrafico, che certi giovanissimi non possono essere alpini, e acquistare i cappelli sulle bancarelle è facilissimo benché incomprensibile ai miei occhi (il cappello si conquista, non si compra). Il punto comunque è un altro: se certe cose avvengono alle nostre manifestazioni, noi dobbiamo preoccuparcene e occuparcene, come del resto facciamo da tanto tempo. Non basta? Evidentemente no, e allora alziamo l’impegno, i controlli, senza cercare alibi o fare distinguo fastidiosi.

La questione in realtà è da tempo una priorità dentro l’organizzazione, ma non dimentichiamo che un’adunata è una festa, una meravigliosa festa di popolo, e militarizzare una festa è una contraddizione in termini. Significherebbe cancellare anche tutte quelle piccole magie che avvengono in ogni angolo della città che ci ospita, qualcosa di unico, quasi fuori dal tempo. E’ questo che si vuole? Buttare il bimbo con l’acqua sporca?

Rimando al mittente qualsiasi accusa di indifferenza, passività, assuefazione…

Io a Rimini c’ero e onestamente ho trovato un territorio ben presidiato e sotto controllo, e visto alpini prendere per il bavero altri alpini che non stavano propriamente onorando il Corpo. Se l’accusa all’ANA è d’indifferenza culturale, o addirittura connivenza, credo che ci siano gli estremi per rispondere a colpi di querela. Non scherziamo su questo, non esiste proprio…Serve più attenzione, più severità, ma ho sentito cose che non stanno né in cielo né in terra.

Il valore dell’Adunata

La richiesta di sospendere l’Adunata Nazionale per un paio di anni, ad esempio, è una proposta incomprensibile, che mostra un atteggiamento rivendicativo e punitivo che va aldilà di ciò che è successo. Che ci sia qualcuno che non ritenga di ringraziare gli alpini per ciò che fanno ci può anche stare, ma che li si voglia persino mortificare è davvero triste oltre che inspiegabile. Fra l’altro veniamo da due anni di interruzione per la pandemia, e l’Adunata di Rimini è stata un’occasione di ritorno alla vita importante. Scoprire che certe iniziative sono ancora possibili, sentire che non ci spaventa vivere fianco a fianco, percepire che certe accortezze e prudenze, alla fine, non inficiano lo star bene insieme: tutto questo, anche questo, soprattutto questo è stata Rimini 2022.

Qualcosa che è costato tantissimo in termini di sforzo organizzativo, di assunzione di responsabilità, di energie impiegate, ma è stato l’ennesimo regalo al Paese, un Paese che deve ricostruirsi anche sotto il profilo della relazione. Da ogni punto di vista.

Nessuno più di una donna può capire questo, e allora alle donne che ci accusano mi rivolgo: state sbagliando bersaglio. Appurato che c’è un problema, il problema va affrontato e risolto, non nascosto sotto la sabbia. Perché non provare a farlo insieme, con reciproco rispetto? Sono sincero: pensare che sospendere due anni le adunate serva a qualcosa non mi pare proprio un’intuizione felice, certamente non “femminile”: ero rimasto a che fosse l’uomo quello che mette la polvere sotto lo zerbino invece che raccoglierla e buttarla…

La comunicazione difficile da gestire

In queste settimane rilevo sugli alpini una pressione mediatica particolare che, diciamola tutta, ci ha colto impreparati: non siamo abituati ad essere criticati. Del resto non offriamo mai grandi motivi per farlo: siamo bravi, belli, simpatici, disponibili, generosi, e soprattutto siamo tanti. Siamo sempre utili, spesso indispensabili, e dopo il miracolo dell’Ospedale alla Fiera di Bergamo magari qualcuno si immaginava pure l’apertura di un processo canonico.

Scherzi a parte, certe immagini fanno male, sono imbarazzanti, soprattutto se messe a fianco del documentario sull’alpinità che è stato diffuso in questi ultimi mesi. Chi mi conosce sa quanto sia fiero di essere alpino (ho superato la Smalp – Scuola Militare Alpina di Aosta – spostando in avanti i miei limiti come non avrei mai creduto di poter fare) ma l’orgoglio delle penne nere si manifesta abitualmente nel lavoro fatto nell’ombra con pazienza e costanza; provo rabbia davanti alla rozzezza di quattro poveretti, ma anche parecchio disagio innanzi alla mitizzazione del nostro ruolo che negli ultimi mesi è stata fatta fuori, e sottolineo fuori, dall’ANA.

Pandemia e politica

Perché questa incensazione sia avvenuta è presto detto: trattasi dell’ennesimo effetto collaterale della pandemia che abbiamo attraversato; anche le persone più miopi hanno notato come quando tutto sembrava crollare, quando le stesse Istituzioni faticavano a dare risposte, gli alpini c’erano, stavano in strada, a disposizione. Qui a Bergamo, lo ripeto, la realizzazione dell’Ospedale della Fiera ha dato una connotazione quasi taumaturgica alla nostra presenza.

Da amministratore pubblico riconosco che la politica sta attraversando un periodo di difficoltà, di precarietà, di fluidità, e che abbia bisogno come l’aria di riferimenti credibili a cui avvicinarsi, cercando di brillare di luce riflessa. E’ una scorciatoia che non è stata scoperta oggi ma che questi tempi difficili hanno affollato maggiormente…

Ecco, quando l’abbraccio della politica (fra l’altro unanime, quindi il riferimento non è a partiti specifici) si stringe, diventa molto difficile gestire istituzionalmente i rapporti, non farsi trascinare in mezzo all’agone e diventare facili bersagli.

In concreto l’interlocuzione serrata di questo periodo ha portato all’approvazione di leggi con le quali sono state istituite due giornate “alpine”: una regionale ed una nazionale. La Giornata regionale della Riconoscenza per la solidarietà e il sacrificio degli alpini, il 2 aprile, e la Giornata nazionale della memoria e del sacrificio degli Alpini, il 26 gennaio.

La questione è sottile, non voglio fraintendimenti: personalmente non ne sentivo la necessità, anche perché in Lombardia ora abbiamo il pasticcio di due date diverse, tuttavia capisco chi evidenzia l’importanza di una legge dello Stato che consideri gli alpini ed i loro valori dei modelli da raccontare e proporre alle nuove generazioni; il punto è proprio questo: siamo davvero consapevoli di quanto questo abbia cambiato le cose? Entrare nella scuola (perché anche questo prevede la legge), è cosa di una delicatezza enorme, è un privilegio ma anche una responsabilità pesante.

Da alpino posso non considerare che questo abbia creato invidie (ma forse avrebbe dovuto interessare chi ha costruito la legge…), non posso però dimenticare che se mi pongo come modello per il futuro, quale esempio educativo e culturale, non devo sgarrare una virgola. Mi metto perennemente controvento, mi sottopongo ad un giudizio continuo e amplificato, non avrò sconti da nessuno, come è giusto che sia peraltro.

Ora, se è evidente che la causa dei problemi post Rimini sono i comportamenti imbarazzanti tenuti a Rimini, è altrettanto vero che lo stare su un piedistallo amplifica gli effetti mediatici e comunicativi, e comprensibilmente rende più severi i giudizi. Più severi, talvolta ingenerosi, altre volte falsi. Sì falsi, perché in questo Paese proviamo un gusto masochistico a sporcare ciò che abbiamo di pulito. Masochistico e talvolta strumentale, del resto apparire tutti sporchi permette a chi è sporco davvero di nascondersi e agire con più facilità.

Gli alpini no, sporchi non lo sono

Siamo persone normali, con limiti che portano a sbagliare, come tutti, ma amiamo terribilmente le nostre comunità, e con esse le donne che ne sono colonna portante. Un affetto ricambiato, e lo si vede anche durante l’Adunata, ai bordi dello sfilamento…

Abbiamo le spalle larghe, siamo un’Associazione tanto solida e tanto autorevole da poter affrontare qualsivoglia bufera e riconoscere errori, laddove si verifichino. Tuttavia non ci meritiamo questo stillicidio a cui non possiamo rispondere se non con il nostro agire quotidiano al servizio degli altri.

Come uscirne

Prendere atto di ciò che è accaduto senza se e senza ma, impegnarsi a contenere meglio certe derive con ulteriori azioni concrete, chiedere infine alla politica di non alimentare le tensioni. Difendere o attaccare gli alpini offre tanta visibilità, e la tentazione di accreditarsi è fortissima per chi soffre di mancanza di credibilità e autorevolezza, tuttavia chi oggi vuole davvero bene agli alpini dovrebbe fermarsi, fare un passo indietro, ritirare quei documenti che otterranno solo il risultato di rinfocolare le polemiche sui fatti di Rimini, prima ancora che siano accertati e chiariti sotto il profilo delle responsabilità.

Capisco l’intento, non condivido il modo, perché alla fine si produrranno inutili sforzi e logoranti polemiche.

Tra poche ore qui a Bergamo, proprio qui a Bergamo, rischiamo di assistere ad uno spettacolo triste, ad una competizione patetica tra chi vuole più bene agli alpini e chi rispetta di più le donne, ad un gioco delle parti da cui usciremo tritati, in realtà, solo noi alpini. Fermiamoci finché siamo in tempo, per favore.

Guardiamo davvero al futuro

La politica che abbia davvero a cuore non solo gli alpini ma tutte le associazioni d’arma, si concentri sulla costruzione di un vero progetto di leva civica obbligatoria, nella quale trovino spazio tradizioni, valori e sensibilità che diano continuità a soggetti gloriosi e generosi, assicurando loro la possibilità di continuare a servire il Paese nei decenni futuri. Questo va fatto, non altro.
È possibile, forse è proprio arrivato il tempo di proporlo concretamente.

 

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