Un grande equilibrio spezzato da due fuoriclasse, Leao e Theo. Era fin troppo facile, alla vigilia, pensare o temere che sarebbero stati loro a decidere la partita. Poi ci ha messo una specie di assist anche Orsato, lasciando correre un fallo evidente e dando il via libera allo scatenato Leao e il Milan ha messo la freccia verso il meritato e probabilissimo scudetto.
“Una buona Atalanta“, come ha detto Gasperini a fine gara. Attenta e abbastanza precisa in fase di contenimento, non si può certo criticare la squadra per l’atteggiamento tenuto contro la capolista. Ma, come è successo altre volte, è mancato l’acuto, quello che soprattutto nelle sfide d’alta classifica cambia tutto e ti fa sentire più forte. Come aveva fatto anche l’anno scorso quando l’Atalanta aveva segnato ben tre gol al Milan, anche se al ritorno aveva perso con lo stesso punteggio (2-0) di quest’ultima sfida, per due rigori di Kessie.
La bravura della prima della classe è quella di saper cogliere l’attimo e sfruttare al massimo gli episodi favorevoli (mettiamoci, se vogliamo, anche una decisione arbitrale molto dubbia) con i propri giocatori di maggiore qualità, che riescono ad andare oltre le difficoltà del momento, vedi anche il caldo che non a tutti avrebbe consentito di lanciarsi in una galoppata di settanta metri. Come invece ha saputo fare l’incontenibile Theo Hernandez.
L’Atalanta non è riuscita a proporre argomenti sufficienti di fronte alla porta di Maignan: un tiro di Muriel, un paio di occasioni per Zapata. Ma sia uno sia l’altro non hanno saputo trovare quella svolta che sarebbe servita, almeno per portare a casa un punto, più che per la loro prestazione per non aver avuto un partner d’attacco capace di pensare e dialogare con loro.
Un po’ perché la squadra del primo tempo era più adatta a frenare gli avversari, con Pessina costretto al lavoro sporco e a sacrificarsi, come spesso lo stesso Pasalic, poco lucido vicino all’area avversaria dove solitamente si inserisce per colpire. Zapata non era pronto per giocare dall’inizio: ha lottato come un leone, ma non si è potuto riproporre il tandem colombiano perché Muriel era parso in difficoltà già nel primo tempo.
A volte poi basta poco per spostare la bilancia da una parte o dall’altra e sul risultato contano anche i tiri, per entrambe le squadre non molti, 12, ma l’Atalanta ne ha spediti in porta solo due. Troppo pochi, contro i sei dei rossoneri.
Non si può dire che sul piano del gioco il Milan sia stato superiore, però loro hanno in fascia un certo Theo Hernandez contro un Hateboer che è l’ombra del giocatore dei bei tempi.
Zappacosta ha fatto il possibile, provando a calciare anche in porta (poi non sarà Gosens, ma quello è un altro discorso), respinto però dal muro rossonero.
E Leao ha fatto fruttare l’unico vero contropiede per sè, mentre prima era stato ben controllato dalla difesa con De Roon arretrato. Aggiungete, se volete, anche un Koopmeiners che in più di una partita era salito in cattedra risultando uno dei migliori, ma da quando si è infortunato non è più riuscito a esprimersi su quei livelli, molto in difficoltà sui gol e non ha nemmeno più sfoderato il suo tiro.
Vedremo oggi, lunedì, dove arrivano Lazio e Fiorentina e quindi quanto potranno servire i tre punti all’ultima giornata contro l’Empoli.
L’Atalanta si batterà per conquistarli, anche per riprendersi il suo stadio, per i tifosi che l’hanno caricata alla partenza per Milano e per concludere come ha giocato questo campionato, a testa alta. Che sia Europa o no.
commenta