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Filippo tancredi

Escalation omicidi in Bergamasca, lo psichiatra: “Rabbia aggravata dopo l’emergenza Covid”

Il verificarsi di tre omicidi in una decina di giorni è una coincidenza oppure c'è qualcos'altro? Lo abbiamo chiesto al dottor Filippo Tancredi

Fara Gera d’Adda, Grumello del Monte e Treviglio. Nell’arco di una decina di giorni, in provincia di Bergamo, si sono verificati tre omicidi che hanno scosso tutti quanti.

La drammatica escalation è cominciata la sera di martedì 19 aprile con il ritrovamento del corpo di Romina Vento senza vita nel fiume Adda a duecento metri dall’auto che era finita in acqua con il compagno alla guida. L’uomo, che è riuscito a salvarsi raggiungendo la riva e poi è fuggito a piedi: è stato arrestato con l’accusa di omicidio volontario aggravato e, in un interrogatorio di fronte al pm Carmen Santoro, ha dichiarato: “L’ho tenuta sott’acqua con le mie mani, così l’ho uccisa”.

Il giorno seguente, nella tarda serata di mercoledì 20 aprile, in un appartamento a Grumello del Monte, è stato rinvenuto il cadavere dell’imprenditore Anselmo Campa, proprietario della casa: l’ex fidanzato di sua figlia ha confessato di averlo ucciso a martellate ed è stato arrestato.

Infine, nella prima mattina di giovedì 28 aprile in una sparatoria a Treviglio è stato freddato Luigi Casati, mentre sua moglie, Monica Leoni, è stata ferita alla gamba e alla schiena: a impugnare la pistola la vicina di casa, che è stata fermata dai carabinieri di Treviglio.

Il verificarsi di tre omicidi in una decina di giorni è una coincidenza oppure c’è qualcos’altro? Lo abbiamo chiesto al dottor Filippo Tancredi, psichiatra psicoterapeuta, che dirige a Bergamo il Centro Anisé, una struttura poliambulatoriale specialistica, nata per il trattamento di ogni disturbo mentale o sofferenza psicologica/esistenziale, ove si integrano i diversi presidi farmacologici con specifici percorsi psicoterapeutici.

Dottor Tancredi, c’è qualcosa che non va?

Guardando i dati relativi ai crimini commessi sul territorio bergamasco, non si evidenzia un aumento. Nel 2020, l’anno in cui è scoppiata la pandemia da Covid-19 ed è stato effettuato più a lungo il lockdown, erano diminuiti, mentre ora è probabile che si sia verificato un lieve incremento anche se non si tratta di una variazione drastica. Ogni caso è diverso dagli altri, come abbiamo appreso nei giorni scorsi dai media: le dinamiche e le modalità con cui sono avvenuti sono differenti ma, personalmente, ritengo che siano il risultato di problemi sociali e relazionali che si sono aggravati dopo il periodo segnato dall’emergenza Covid.

Ci spieghi

Si è verificato – ed è tuttora in corso – un peggioramento delle relazioni sociali. Nel periodo dell’emergenza Covid-19 è avvenuto un restringimento degli spazi relazionali e, con la riapertura, sono emerse le problematiche a livello sociale ed economico, ma anche relazionali e di coppia. In un contesto complesso come questo, i fattori che hanno inciso sono molteplici, agendo con modalità disinibitorie. Al lockdown, che è stato un periodo di isolamento ambientale e relazionale, ha fatto seguito un disadattamento nel riprendere i contatti con gli altri. È diffusa una rabbia incontrollata e, per rendersene conto, è sufficiente vedere cosa succede per strada: sono tutti arrabbiati e basta poco per innescare litigi, rispetto alla ricerca di accordi prevalgono impulsività e frustrazione. Si riscontrano problemi anche tra i più giovani.

Quali?

La depressione ha cominciato a interessare anche ragazzi di 13-14 anni, che parlano della morte e del desiderio di morire. È una comparsa precoce rispetto a qualche anno fa. Ma penso che non dipenda tutto dall’emergenza Covid: ritengo che quest’ultima abbia aggravato una crisi che era già in corso. Da tempo si stava verificando una degenerazione della nostra società.

Da dove deriva?

Questo deterioramento ha origini culturali e di carattere politico-sociale. Si assurgono a modelli determinati personaggi e stili di comportamento arrivando a un impoverimento dei valori, mentre vengono meno i punti di riferimento. Si inseguono la bellezza, la ricchezza facile e il salutismo a tutti i costi: si è diffusa una cultura dell’iper-fisicità e si sono moltiplicati i disturbi alimentari. Si è passati dall’anoressia all’ortoressia di cui soffre chi, nell’intento di ottenere una dieta che sia il più possibile sana, con un comportamento di tipo ossessivo finisce per ottenere l’effetto opposto. Rispetto a quanto avveniva in passato, siamo di fronte a un cambiamento della sofferenza degli adolescenti e dei giovani. E c’è un altro aspetto significativo: il mondo virtuale sta diventando sempre più dominante: è uno spazio parallelo alla vita reale che per, molti, è divenuto il principale ambito d’azione assumendo anche tratti patologici.

La pandemia, dunque, non ci ha resi migliori

La solidarietà che si era innescata nelle fasi iniziali dell’emergenza Covid ha tenuto per breve tempo e, purtroppo, a mio parere la nostra società è peggiorata. La crisi culturale si è aggravata: i valori di riferimento sono cambiati e non esiste più una dimensione collettiva. In passato il tessuto sociale faceva la differenza: quando una persona era in difficoltà, le famiglie e chi aveva accanto a sé la supportavano mentre oggi c’è una profonda solitudine. Sono parecchi anche i suicidi: se ne registra un aumento importante ed è una tematica che andrebbe approfondita a lungo.

Considerando gli omicidi avvenuti, secondo lei viene dato meno valore alla vita?

In assenza di valori, e con la mercificazione di questi, non è difficile che una persona possa ucciderne un’altra per ricevere l’eredità o perché, per esempio, il vicino di casa la infastidisce. Personalmente ritengo che gli omicidi che si sono verificati ultimamente non dipendano da una patologia mentale ma scaturiscano dalla crisi culturale e sociale in atto: la situazione peggiorerà ulteriormente e il rischio è che possano accadere tanti altri drammatici avvenimenti.

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