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Storie di ordinarie difficoltà

“Applaudivano a teatro la danzatrice disabile, poi in funicolare nessuno ha fatto posto a me col deambulatore”

Sofia Brizio commenta, per niente stupita ma molto amareggiata, la grave inadempienza per i 27 ragazzi diversamente abili sul treno Genova-Milano

Bergamo. È di ieri la notizia che alcuni turisti hanno usurpato i posti riservati a un gruppo di 27 ragazzi disabili su un treno diretto a Milano dalla stazione di Genova Porta Principe.

I tre agenti di Polizia ferroviaria e il personale di Trenitalia (incluso il capotreno) presenti sulla scena non sono stati in grado di far scendere i turisti, perciò Trenitalia ha dovuto predisporre un pullman dedicato che riportasse il gruppo di ragazzi disabili a Milano.

Quando ho letto l’accaduto, purtroppo non mi sono affatto stupita. Mi sono tornati in mente tutti gli episodi spiacevoli legati all’accessibilità che ho spesso documentato per Bergamonews, e anche quelli che non ho mai raccontato.

Come quella volta che, al ritorno da uno spettacolo di danza sulla disabilità al Teatro Sociale, trovai la cabina della funicolare piena degli stessi spettatori che fino a pochi minuti prima applaudivano commossi una ballerina disabile e che invece in quel momento, pur vedendo le mie difficoltà nello stare in piedi, non si degnarono nemmeno di lasciarmi un posto. Nessuno si mosse nemmeno di fronte all’indignazione di mia madre, perciò fui costretta ad appollaiarmi sul mio deambulatore, ritrovandomi in bilico a ogni scossone. Me lo ricordo ancora, a distanza di oltre dieci anni: un perfetto esempio di ipocrisia.

Con la stessa ipocrisia immagino agiscano quei turisti che hanno portato via dei posti senza alcun diritto, perché magari secondo loro la disabilità è accettabile solo quando non dà fastidio. Penso a quei 27 ragazzi disabili che aggiungeranno questo episodio alle loro esperienze di esclusione e probabilmente non si fideranno più a prendere i mezzi pubblici, proprio come non mi fido io.

Come può la Polizia ferroviaria sostenere di non essere riuscita a sgombrare il treno, quando aveva la piena autorità per farlo? Di fronte a questi episodi, come possono le persone disabili fidarsi di chi dovrebbe tutelarle?

A seguito della vicenda, verrà presentato un esposto in Procura. Ma cambierà davvero qualcosa?

Questo episodio non si sarebbe dovuto verificare perché dovrebbero essere le autorità stesse a educare e prendere misure immediate.

 

Sofia Brizio

 

Mi capita spesso di viaggiare in treno in Inghilterra, dove nonostante ci siano parecchi problemi, c’è un rispetto diverso per la disabilità. Lì, se si occupa abusivamente un posto riservato alle persone disabili, si paga una multa.

Sui bus di Londra, un annuncio automatico ricorda a intervalli regolari ai passeggeri che l’area riservata alle carrozzine deve essere lasciata libera. I comportamenti civili spesso non si possono insegnare, ma le minacce di multa raramente falliscono, e si risparmia sugli esposti in Procura. Forse, un giorno, lo capiremo anche in Italia.

Più che una lezione di decenza (che, ripeto, forse non si può insegnare) alla Polizia ferroviaria e al personale di Trenitalia servirebbe un ragguaglio su quanto è difficile viaggiare in Italia se sei disabile.

Normalmente, per i viaggi in treno va fatta la richiesta di assistenza almeno 48 ore prima, quindi addio gite spontanee con gli amici.

Anche in Inghilterra è così in teoria, ma in pratica la prenotazione è opzionale, perciò io prenoto solo nei viaggi lunghi e posso comunque prendere il treno nel weekend per una gita in spiaggia programmata all’ultimo minuto.

Cinque anni fa pensai ingenuamente che in Italia sarebbe stato lo stesso, perciò decisi con sole 24 ore di anticipo di andare a Lecco con un’amica. Arrivai in stazione a Bergamo due ore prima della partenza prevista, in caso di problemi con l’assistenza. Dopo molte discussioni, un addetto alle pulizie e il capotreno mi fornirono informazioni che in biglietteria non erano stati in grado di darmi: sarei potuta salire sul treno con l’assistenza, ma non c’era garanzia che mi avrebbero fatto scendere a Lecco ed era molto probabile che mi avrebbero dimenticata sul treno. Inutile dire che a Lecco non ci sono andata, e non credo che tenterò di fare altre gite spontanee.

Ho avuto anche esperienze positive prenotando con anticipo l’assistenza per un viaggio in treno da Bergamo a Pesaro, ma è un po’ come giocare alla lotteria.

L’ansia di pianificare, per me e per tutti coloro che hanno disabilità soprattutto motorie, è una costante. La possibilità di prenotare l’assistenza dovrebbe dare sicurezza, ma in realtà sono molti i casi in cui qualcosa va storto.

L’unica certezza che ho sempre usato per consolarmi e per lenire l’ansia che mi attanaglia prima di un viaggio (arriverò a destinazione? Si dimenticheranno di me?) è che se non altro il posto a sedere sul treno sarebbe stato assicurato. L’episodio di Genova  fa crollare non solo questa certezza, ma anche il mantra che mi ripeto per calmarmi: “Se le cose si mettono male, chiedo aiuto al capotreno”. Cosa mi resta adesso? Perché il biglietto di un gruppo di turisti senza prenotazione ha un valore uguale se non addirittura superiore a quello della prenotazione necessaria di un gruppo di ragazzi disabili che altrimenti non possono viaggiare?

Quei turisti avrebbero potuto prendere il treno successivo e per loro sarebbe cambiato poco.

Io invece, se voglio prendere il bus ma il posto per le carrozzine è occupato da un’altra carrozzina o da un passeggino, devo aspettare il bus successivo e sperare che il posto sia libero, rischiando di arrivare in ritardo se ho impegni.

Episodi come questi non sono solo dimostrazione di inciviltà, ma fanno parte di una cultura in cui le vite delle persone disabili valgono di meno agli occhi di chi non è disabile.

Secondo l’immaginario comune, la persona disabile non ha un lavoro né orari da rispettare, perciò non fa niente se è costretta ad aspettare il bus successivo. E non importa se è costretta a scendere dal treno, tanto è abituata a sentirsi dire di no anche da chi dovrebbe aiutare a far valere i diritti.

Con buona pace dei Poliziotti ferroviari, vorrei ricordare che quando saranno vecchi, diventeranno disabili anche loro e forse grideranno all’oltraggio quando non li faranno salire in treno per andare in gita con altri pensionati. E forse si ricorderanno e capiranno l’ingiuria commessa oggi.

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