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Omicidio di borno

L’ex pm Pugliese: “Donna fatta a pezzi e congelata, servono sangue freddo e lucidità criminale”

Parlando del 43enne che ha confessato il delitto: "Tutti possiamo nella vita incontrare un mostro senza riconoscerlo e senza che lo stesso dia dei segnali evidenti di un suo futuro comportamento". Poi l'applauso al giornalista che ha identificato la vittima

“I caratteri anatomici criminali di lombrosiana memoria appaiono allo stato superati: per cui anche dietro la figura rispettabile e insospettabile di un bancario si può nascondere un feroce assassino”.

Il “bancario” a cui si riferisce Carmen Pugliese, ex pubblico ministero a Bergamo dal 1989 al 2020 e oggi opinionista della trasmissione di Rete 4 Quarto Grado, è Davide Fontana, il 43enne milanese che ha confessato l’omicidio di Carol Maltesi.

L’uomo ha poi infierito sul corpo della giovane, conosciuta nel mondo dell’hard con il nome di Charlotte Angie, tagliandolo in quindici pezzi prima di occultarlo all’interno di freezer comprato appositamente: domenica 20 marzo, poi, ha messo il corpo della ragazza in quattro sacchi neri e li ha abbandonati in un dirupo al confine tra Borno e Azzone.

Un caso che ha sconvolto le province di Bergamo e Brescia e che ha trovato una svolta improvvisa nella notte tra lunedì 28 e martedì 29: abbiamo chiesto alla dottoressa Pugliese un’analisi di quanto successo.

Dottoressa Pugliese, dalla sua esperienza come vede questo delitto che porta in risalto un insospettabile bancario con una ferocia inaudita? 

Questo delitto, per quello che allo stato risulta esserne l’autore da considerare comunque assistito da presunzione di innocenza sino ad una pronuncia definitiva di condanna, induce ad una serie di riflessioni.

Questo omicidio, secondo me, dà la conferma che la psiche umana è insondabile e il comportamento umano non prevedibile. Tutti possiamo nella vita incontrare un mostro senza riconoscerlo e senza che lo stesso dia dei segnali evidenti di un suo futuro comportamento. I caratteri anatomici criminali di lombrosiana memoria appaiono allo stato superati, per cui anche dietro la figura rispettabile e insospettabile di un bancario si può nascondere un feroce assassino.

Piuttosto in questo delitto colpisce il “prima” e cioè i colpi di martello dati alla vittima senza un apparente motivo (litigio degenerato?) nel corso delle riprese di un filmino hard domestico, ma soprattutto il “dopo”, cioè l’aspetto relativo all’occultamento del cadavere.

Anni fa mi ero occupata dell’omicidio di una donna conseguito ad un gioco erotico: al fine di aumentare il piacere della vittima le era stata stretta al collo una sciarpa.

Certamente quello non era stato un omicidio premeditato ne’ voluto in maniera diretta, ma era stato la conseguenza, ovviamente prevedibile in termini di dolo eventuale, di un gioco sfuggito di mano al suo autore, la cui pena era stata anche contenuta.

Ma qui è diverso, qui ci troviamo di fronte ad un soggetto che dopo il decesso della vittima manifesta una ferocia e una freddezza esecutiva dell’occultamento del cadavere veramente inaudita! Non è certo un delitto d’impeto.

Ci vuole veramente sangue freddo e lucidità criminale, e soprattutto adeguata programmazione, per fare a pezzi una persona, congelarne i resti, riporli in un congelatore comprato ad hoc e disfarsene dopo tanto tempo.

Mi viene da pensare che quella dell’asserito gioco erotico finito male (ma si parla anche di un litigio) sia una giustificazione comoda per una confessione, avvenuta dopo un’iniziale presentazione alle forze dell’ordine in un’ottica collaborativa. Per non parlare poi dell’utilizzo del cellulare della vittima per rispondere ai contatti e farla fittiziamente “mantenere in vita”.
Non mi sorprenderebbe scoprire che è stato un omicidio premeditato e programmato nella sua fase esecutiva e successiva.

La vittima, svolgendo l’attività di attrice hard, si è trovata indifesa e impotente di fronte ad un mostro?

Certo chi svolge un’attività come quella della nostra vittima, ma anche quella di una comune escort, ha questo “rischio d’impresa” come potremmo chiamarlo.

Non sa prima chi si troverà di fronte, non sa come quel rapporto potrà evolversi, ignora che potrà veramente incontrare un mostro e non ha pertanto strumenti di difesa.

Ma qui non c’è la violenza “ordinaria” che spesso viene usata nei confronti della prostituta di cui il cliente, solo per aver pagato il rapporto, pensa di poter fare quello che vuole.

Qui sembrerebbe trovarsi di fronte ad un Dottor Jekill e Mister Hyde…

C’è un uomo dall’aspetto e dal lavoro insospettabile che nasconde però difficoltà relazionali con l’altro sesso se consideriamo l’approccio non con una donna incontrata normalmente ma un approccio online con una attrice hard.

Pugliese, il luogo dove quest’uomo ha scelto di sbarazzarsi del cadavere sono ancora le nostre montagne: un posto isolato, dove pensare che la natura possa assorbire il cadavere di una povera donna. Cosa ne pensa? 

Non solo le modalità dello smembramento e del congelamento del corpo, ma anche l’occultamento la dicono lunga sulla programmazione e feroce esecuzione di questo omicidio.

Lo smembramento del corpo è stato ovviamente in funzione del renderne difficile l’identificazione e lo “smaltimento” in un luogo isolato di montagna era per l’autore una sorta di garanzia che quel corpo nella sua progressiva decomposizione difficilmente sarebbe stato trovato e identificato.

Questi social network a pagamento, dove un certo tipo di promozione del proprio corpo online sembra tutelare i fruitori, non rischiano di rivelarsi invece una vetrina facile da rompere? 

È vero. Certamente oggi con la progressiva evoluzione tecnica è difficile creare una “barriera insormontabile” per cui anche il social Onlyfans, che in teoria dovrebbe proteggere i protagonisti, non è insuperabile e soprattutto non dà garanzia alla donna: da protagonista “virtuale” di un rapporto o di una esibizione sessuale online, una volta contattata e raggiunta può trasformarsi in una vittima “reale”.

Come giudica l’intervento della stampa nella ricostruzione di questo crimine? 

Nella soluzione di questo caso oltre all’eccellente lavoro svolto dagli inquirenti con la coraggiosa e determinante diffusione dei tatuaggi presenti sul corpo della vittima, ha giocato un ruolo notevole la stampa.

Il comportamento del giornalista dall’indiscusso intuito investigativo che, spulciando sui social, arriva al profilo della vittima e anziché fare uno scoop per la sua testata si rivolge ai carabinieri e mette a loro disposizione quanto raccolto è encomiabile!

E dimostra come gli organi di stampa, quando si rapportano alle forze dell’ordine e all’ufficio del PM in atteggiamento di reciproca collaborativa chiarezza possono essere di grande aiuto alle indagini, anziché di intralcio come si è spesso portati a credere.

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