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L’intervento

I disturbi psichici da Covid: su chi si è ammalato e su tutti noi

Le tracce indelebili delle ferite inferte ci stanno invalidando, interferendo con la nostra normalità. Ci guidano altrove, rendendoci insicuri, lungo il nostro viaggio esistenziale

Il Covid ha lasciato strascichi non solo fisici e non solo a chi se n’è ammalato. A Bergamo in particolare dove la pandemia ha toccato praticamente tutti. Su questo tema vi proponiamo l’intervento di Filippo Tancredi, psichiatra psicoterapeuta, che dirige a Bergamo il Centro Anisé, una struttura poliambulatoriale specialistica, nata per il trattamento di ogni disturbo mentale o sofferenza psicologica/esistenziale, ove si integrano i diversi presidi farmacologici con specifici percorsi psicoterapeutici.

Sono stati due anni non da ricordare ma da dimenticare, perché il ricordo di quanto accaduto duole, pulsa, fa rumore e non ci abbandona. Le tracce indelebili delle ferite inferte ci stanno invalidando, interferendo con la nostra normalità. Ci guidano altrove, rendendoci insicuri, lungo il nostro viaggio esistenziale.

Per alcuni il timore, la paura come l’angoscia, impediscono alcun movimento, mentre per altri la meta da raggiungere si è modificata e per altri ancora la confusione e il dubbio tracciano percorsi di vita privi di ragione e di senso. Perché la malattia da Covid, per chi l’ha conosciuta, ha segnato le nostre anime, come il corpo, con ferite non rimarginate.

Nessuno credo si sia sottratto a tutto ciò. A suo modo, nessuno.

Da chi ha incontrato il virus e ha perso la sua battaglia, a chi è guarito e a chi non l’ha mai incontrato, assistendo semplicemente a ciò che stava accadendo. Ma anche chi lo ha negato, ribellandosi alla sua esistenza con atteggiamenti di negazione, vivendo la folle costruzione di una “realtà” che lo difendeva dal timore della morte, gridando la propria stolta e apparente invincibilità, destinata a trascendere nella rappresentazione della mediocrità umana, in tutte le sue manifestazioni.

Certo, è compito arduo trovare persone inviolate, che abbiano attraversato questo anno di Covid in assenza di conseguenze o traumi. Molti non ci sono più e chi è rimasto, racconta le proprie ferite in modo così variegato da far pensare ad un potere quasi “catartico” del virus, capace di riportare alla coscienza contenuti sino ad allora nascosti o malcelati, conflitti e timori mai conosciuti sin d’ora.

Perché il Covid ha impresso la propria presenza non solo nel nostro cervello, ma anche nella nostra mente, come nei nostri corpi.

Un virus che non ha soltanto interloquito con il nostro sistema nervoso centrale e periferico, modificandone, forse, struttura e funzione ma ha anche scosso le nostre coscienze e varcato il nostro mondo più profondo e arcaico, destabilizzandone gli equilibri, abbattendo difese che soltanto poco fa, contenevano espressioni mentali sino ad allora appena intraviste dalle nostre coscienze.

Così, oggi, nasce una vera e propria psicopatologia da Covid che, oramai, possiamo distinguere in due grandi aree:

Una prima area, composta dalla vera e propria malattia da Covid, i cui Disturbi Mentali sono causa dell’azione diretta del virus sul sistema nervoso ma anche indirettamente dall’insufficienza respiratoria, dalle alterazioni metaboliche correlate e dagli effetti collaterali dei farmaci, nonché da tutto ciò che attiene l’ospedalizzazione.

In questo caso la sintomatologia psichica è insignita da alterazioni del sonno e da forme di ansia intensa e, nelle forme più gravi, da vere e proprie alterazioni della coscienza e della percezione, con allucinazioni visive e/o allucinosi, sostenute verosimilmente dal danno che il virus provoca a livello encefalico. Basti pensare alla perdita del gusto e dell’olfatto, a volte protratta anche per periodi più lunghi del previsto.

A tale sintomatologia si affiancano, non di rado, modificazioni cognitive, quale la riduzione della concentrazione e dell’attenzione, nonché deficit mnestici e difficoltà nell’apprendimento.

Un quadro che contraddistingue sovente una sindrome oggi definita come Sindrome del Covid Lungo, riferendosi a tutta quella sintomatologia fisica e psichica che il paziente patisce per mesi dalla scomparsa del virus dall’organismo.

Nella prima area rientrano anche i Disturbi dell’Adattamento che la malattia ha determinato sulla psiche e sui propri equilibri.

Le forme più gravi della malattia da Covid, quelle che hanno determinato l’ospedalizzazione e la terapia intensiva, possono considerarsi come un vero trauma per la persona, inducendo un quadro clinico del tutto riconducibile ad un Disturbo Post-Traumatico da Stress, dominato dalle alterazioni del sonno, dall’ideazione polarizzata ossessivamente sull’esperienza di malattia e sui timori pervasivi che questa possa aver generato danni irreversibili, dall’ansia libera elevata, a fronte di un comportamento volto al controllo e alla difesa nei riguardi di possibili fonti di contagio.

Il paziente sovente esprime una modificazione della percezione di sé, descrivendo un vero e proprio cambiamento di stato rispetto al periodo pre-covid, verosimilmente anche a causa della Sindrome Post-Covid o del Covid Lungo che riduce le performance psichiche e fisiche del paziente.

Una prima area, quindi, contraddistinta da tutte le persone che si sono ammalate di Covid, contrapponendosi ad una seconda area, invece, designata da tutti coloro i quali, nonostante l’assenza della malattia da Covid, non sono riusciti a conservare i propri equilibri psichici, a causa delle sollecitazioni inferte dalla pandemia sulle dinamiche sociali e comportamentali.

La risultante di tale interazione è l’insorgenza di un corteo sintomatologico sostanzialmente omogeneo, con minime variazioni individuali. Instabilità umorale, insorgenza di timori generalizzati sovente focalizzati sul contagio e sulla malattia, ma soprattutto elevazione della rimuginazione ossessiva, a fronte di modificazioni del ritmo sonno/veglia e della qualità del sonno.

Qui emerge soprattutto l’accentuazione dei tratti ossessivi e della tendenza al controllo che, sovente, risultano essere preesistenti, a conferma di un funzionamento già fragile e precario, apparentemente stabile e sicuro, improntato sul continuo controllo sull’ambiente. Un equilibrio, invece, sorretto dal controllo continuo tra paure profonde non del tutto coscienti, apparenza, narcisismo e scarsa capacità di modulazione e adattamento.

A tale dinamica riconduco anche coloro che non vogliono riconoscere il virus e la sua esistenza, rifiutando di adottare comportamenti socialmente necessari per la tutela della salute propria e, soprattutto, altrui. Tali persone non mostrano alcuna capacità di adattamento, volendo conservare una posizione che pare di difesa di una presunta normalità che, però, si sostiene attraverso meccanismi di difesa come la negazione e la proiezione, generando così veri e propri atteggiamenti paranoicali e persecutori, nutriti dalla frequente commistione del più bieco narcisismo con una sottocultura oggi sempre più dilagante nella nostra società.

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