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La denuncia

Caro energia e materie prime, il paradosso: “Aziende costrette a rinunciare alle commesse”

I sindacati del settore metalmeccanico guardano con preoccupazione alla situazione attuale: "Il lavoro e gli ordini ci sono, ma le imprese spesso non accettano per paura di non riuscire a soddisfarli"

I casi in città e provincia si stanno verificando a macchia di leopardo e riguardano indistintamente aziende di qualsiasi dimensione e settore: ma il caro energia è il tema del momento soprattutto per le imprese metalmeccaniche, che per le loro produzioni sono costrette a impiegare grandi volumi energetici.

Il quadro drammatico nel quale sono chiamate a operare è stato tracciato con precisione qualche giorno fa dal presidente di Confindustria Bergamo Stefano Scaglia, che ha ricordato da un lato la non secondaria questione del difficoltoso approvvigionamento di materie prime e dall’altra il balzo in avanti dei prezzi del gas: dai 20 euro a Megawattora nella primavera del 2021, agli 80 euro per Megawattora nel febbraio 2022 e agli attuali 238.

“Tutto questo dà un’idea dell’impennata che c’è stata in questi ultimi giorni e che desta grande preoccupazione perché le imprese, in particolare le imprese energivore, sono in grandissima difficoltà – aveva sottolineato il numero uno degli industriali bergamaschi -. In questo momento stanno ancora producendo per cercare di mantenere le quote di mercato, ma è chiaro che questa situazione non può durare a lungo”.

In attesa di provvedimenti strutturali presi a livello nazionale o continentale, però, diversi imprenditori sono costretti a ricorrere ad altre soluzioni per far fronte a difficoltà e rincari.

“C’è chi ha deciso di rallentare l’attività produttiva utilizzando ferie e permessi – spiega Luca Nieri, segretario della Fim Cisl – Tra costi e complicazioni nel reperimento delle materie prime e gli aumenti in bolletta sta diventando sempre più complicato acquisire le commesse: purtroppo qualcuno ha anche dovuto rinunciarvi ed è assurdo. Le variabili oggi in campo non riescono ad essere assorbite o riversate sul cliente finale, perchè impattano in modo diretto sulla sostenibilità dell’operazione. I cambiamenti poi sono così rapidi che costo e disponibilità del materiale sono talmente incerti che il contesto di riferimento potrebbe mutare profondamente dal momento in cui viene acquisito l’ordine a quello nel quale viene sviluppato. Le aziende hanno logicamente paura, per non parlare di quelle che avevano i mercati russo e ucraino come riferimento e che oggi sono completamente spariti. L’elemento nuovo, quasi paradossale, è quello di avere gli ordini ma non poterli accettare. Non sanno se ci sono le materie prime per poterlo evadere e poi a che prezzo lo possono fare, se c’è margine o addirittura perdita”.

Anche per Nieri l’intervento legislativo è l’unica via: “Siamo un Paese storicamente avaro di materie prime, ma anche di politiche energetiche: saranno oltre 40 anni che non ne vengono sviluppate di nuove  e adeguate. Oggi la ripresa economica alla quale stavamo assistendo viene messa in seria discussione e la speranza è che non si arrivi alla solita soluzione drastica che prevede il ‘sacrificio’ dei lavoratori. Siamo ancora in una fase embrionale, per fortuna, e non abbiamo situazioni simili. Il governo deve intervenire, servono ammortizzatori sociali che mantengano viva la forza occupazionale delle imprese, sperando che questa situazione spaventosa possa trovare una soluzione rapida”.

Tra i provvedimenti presi da qualche azienda c’è anche l’aumento delle ore di cassa o la chiusura momentanea: “Ci sono davvero tante discussioni in corso – aggiunge Andrea Agazzi, segretario della Fiom Cgil di Bergamo – Qualcuno riesce a rimandare il tema, ma l’impatto dei costi energetici e delle materie prime attanaglia gli imprenditori da mesi. Il lavoro c’è e questo al momento sta evitando forzature: però le aziende fanno calcoli precisi su ciò che si possono permettere, per non incorrere in penali. Qualche impresa, però, aveva in programma di assumere ma in queste condizioni ha messo tutto in standby. Una frenata che arriva in un momento molto positivo, con una prospettiva interessante a medio periodo: al di là dei costi, alti, diventa urgente affrontare seriamente anche il tema della reperibilità della materia prima”.

Tutte preoccupazioni condivise, lato aziende, da Giorgio Donadoni, presidente del gruppo Meccatronici di Confindustria Bergamo: “Soprattutto le aziende energivore rischiano di doversi fermare, perchè i costi che hanno non trovano poi un riconoscimento dal lato prezzi di vendita, in particolare per chi si rivolge all’automotive che soffre anche di mancanza di materiali. Per noi la situazione è drammatica, se unita alle consegne delle materie prime sempre più dilatate nel tempo, e non sembra vedersi una soluzione a breve termine”.

Sulle commesse alle quali le aziende devono rinunciare, Donadoni conferma: “Oggi i clienti si sono strutturati: ti dicono che la pandemia è condizione nota e l’assenza di materie prime pure, quindi se accetti l’ordine e dai una data di consegna poi la devi rispettare. A volte esci da questa condizione solo pagando delle penali: è un cane che si morde la coda, perchè tutti cercano di ribaltare il problema su qualcun altro. Non ci riescono nemmeno i grandi gruppi internazionali. Non sottovalutiamo l’incognita data dalla guerra che coinvolge altri attori oggi non impegnati nelle manovre belliche: pensiamo alla Cina, che ha in mano la produzione di alcune parti tecnologiche e principi attivi di medicinali fondamentali. Loro la soluzione ce l’hanno: le produzioni possono andare anche sui mercati interni o asiatico, molto più vicini e in crescita a doppia cifra”.

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