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Un nuovo studio

Bergamo e il comandante nazista Fritz Langer, Bendotti: “Rapporto complesso che è ancora tabù”

Angelo Bendotti per oltre 40 anni ha raccolto moltissimi documenti negli archivi da Berlino e Vienna per ricostruire la figura di Fritz Langer, comandante nazista che mise a ferro e fuoco Bergamo tra il 1943 e il 1945. Colpevole di rastrellamenti ed eccidi di partigiani, trattò con loro. Ebbe un ruolo privilegiato con la Curia bergamasca. Dopo la guerra mantiene un cordialissimo rapporto con alcune famiglie bergamasche e con alcuni sacerdoti di rilievo della Chiesa bergamasca

La battaglia di Fonteno, le trattative con le brigate partigiane, il rapporto con la Curia bergamasca, le apparizioni della Madonna alle Ghiaie di Bonate…. C’è un capitolo della storia bergamasca che comprende l’occupazione nazista e la Resistenza: dal settembre 1943 all’aprile 1945. Un capitolo dalle “tinte grigie”, “complesse” come le definisce Angelo Bendotti, presidente dell’Isrec, Istituto Bergamasco per la Storia della Resistenza e dell’Età Contemporanea. 

Anni di storia che Bendotti ha scandagliato bene e nei quali si è sempre imbattuto in un “potente” che quegli anni a Bergamo li ha vissuti da protagonista: il comandante nazista Fritz Langer.

“Quarant’anni fa scrissi un libro con Giuliana Bertacchi “Il difficile cammino della giustizia e della libertà: l’esperienza azionista nella Resistenza bergamasca” – afferma Bendotti – e allora, come tante volte studiando le battaglie partigiane, le rappresaglie naziste, mi imbattevo in questa figura. Nella persona di Fritz Langer, viennese, comandante nazista di Bergamo, Como e Sondrio. Mi stupivo sempre come potesse essere da una parte una figura incredibilmente importante per l’organizzazione tedesca, un nemico della Resistenza, eppure allo stesso tempo era un doppiogiochista, un abile mediatore, un comandante dalle mille sfaccettature che vantava una disinvolta familiarità con la Curia bergamasca e l’allora vescovo monsignor Adriano Bernareggi. Un personaggio che alla fine della Resistenza bergamasca riesce a salvarsi. Non solo. Mentre in altri parti d’Italia abbiamo scontri violenti con rese dei conti pesanti per i nazisti, Fritz Lager riesce a procurarsi delle lettere di accompagnamento e trattamenti di riguardo dallo stesso vescovo Bernareggi che lo va a trovare mentre è ricoverato alla Clinica Castelli. Parole di elogio da non pochi comandanti partigiani. Le personalità che guideranno le istituzioni dopo il 25 Aprile riservano un trattamento di privilegio a Fritz Langer”.

Il volume “L’amico Fritz” edito da Il filo di Arianna, ricostruisce con una straordinaria raccolta di documenti trovati negli archivi, da Berlino a Vienna, di questo comandante nazista che anche dopo la Seconda Guerra Mondiale mantiene un cordialissimo rapporto con alcune famiglie bergamasche e con alcuni sacerdoti di rilievo della Chiesa bergamasca. Da qui il titolo “L’amico Fritz”.

Il comandante Fritz Langer, rientrerà a Vienna e diventerà ispettore della polizia giudiziaria austrica per il resto della sua vita. Nel dopoguerra trascorrerà persino le vacanze estive a Bergamo.  Suo figlio studierà per due anni nella scuola dell’Istituto Capitanio. Al potente aguzzino nazista Bergamo riserva un trattamento di riguardo, corrispondenze fitte con monsignor Cortesi e altri sacerdoti bergamaschi, elogi e parole di stima.

“Quella che scrivo da anni è la storia della Resistenza – risponde Bendotti – studiarla e capirla serve effettivamente per fare i conti con qualcosa che è la storia della nostra città e un certo modo di affrontare gli avvenimenti. Io la definisco la complessità della Resistenza, che non è solo ed esclusivamente uno scontro armato con da una parte i Partigiani e dall’altra i nazisti con i loro servi fascisti di Salò. In un mondo che si divideva tra bianco e nero in uno scontro di ideali, Bergamo scelse il grigio, il compromesso. Lo so che sarò sempre, come lo sono stato in passato, molto redarguito eppure sono convinto che studiare la Resistenza a Bergamo serva per capire quello che è diventato un po’ lo stile di questa città, per cui i contrasti – anche quando sono contrasti reali – cerca sempre di smussarli, di sistemarli. Ecco non so quanto questo sia giusto, per molti va bene così, per me no. Personalmente credo si debba studiare questo periodo complesso per risolvere quei tabù che sono ancora molto attuali per Bergamo”.

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