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L'anniversario

Gleno, a quasi cent’anni di distanza un video ricorda la tragedia

Si intitola "La bellezza nella disgrazia". Ettore Colombo, 60enne di Romano di Lombardia, lo ha realizzato a commemorazione delle 356 vittime

Val di Scalve. A quasi cent’anni dalla tragedia della diga del Gleno, non si spegne la voglia di ricordare il disastro che il 1 dicembre 1923 sconvolse la val di Scalve. Quel giorno, persero la vita 356 persone. Così Ettore Colombo, 60enne di Romano di Lombardia, per la ricorrenza del 98esimo anniversario ha deciso di realizzare un toccante video a commemorazione dei morti di quel drammatico giorno.

“Tante volte si vanno a visitare i ruderi del Gleno, ma non ci si sofferma a pensare a quello che è successo, il ricordo passa in secondo piano – osserva Colombo -. Questo video vuole contribuire alla memoria di ciò che accadde, omaggiando anche i parenti delle vittime segnati dalla tragedia”.

Nel suggestivo video di Colombo il silenzio s’impone sulla parola – quasi assente – e mostra, sul fondo di una musica desolante, lo splendore del paesaggio scalvino lasciando immaginare allo spettatore quanto c’era priima e oggi non c’è più. “Girarlo – commenta – è stato angosciante. Soprattutto pensando che questo evento è stato causato dalla cupidigia e dalla negligenza dell’uomo”.

Sabato 1 dicembre 1923, verso le 7.15, la diga sul torrente Gleno cedette. Chi ha vissuto l’evento lo ha descritto, inizialmente, come un terrificante temporale, con il rumore di tuoni roboanti e raffiche di un vento poderoso. Si trattava invece di 6 milioni di metri cubi di acqua mista a fango e detriti, che dal bacino artificiale a circa 1.500 metri d’altezza iniziarono la loro corsa verso il lago d’Iseo, spazzando via quanto si trovava lungo il percorso.

Il primo ad essere colpito fu il borgo di Bueggio. Poco dopo furono travolte le centrali di Povo e di Valbona, il ponte Formello e il santuario della Madonnina di Colere. Scendendo l’imponente corpo d’acqua, impresso nella memoria come una montagna scura e solida, raggiunse l’abitato di Dezzo, composto dagli agglomerati di Azzone e di Colere, distruggendolo quasi interamente.

La massa seguì verso Angolo, formando una sorta di lago (il passaggio dell’acqua è ancora oggi visibile nei segni lasciati nella gola della via Mala) che preservò l’abitato lasciandolo pressoché intatto. A Mazzunno invece vennero distrutti sia la centrale elettrica che il cimitero. La fiumana discese quindi velocemente verso Gorzone e continuò verso Boario e Corna di Darfo, seguendo il corso del torrente Dezzo, dove fece ancora vittime. Quarantacinque minuti dopo il crollo della diga, la massa d’acqua raggiunse il lago d’Iseo.

Secondo alcuni abitanti del luogo, il disastro era prevedibile: chi aveva lavorato nel cantiere della diga sosteneva che il materiale usato fosse di scarsa qualità e raccontava dell’imperizia dei lavori. Chi poteva, a Dezzo, dormiva altrove.

 

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