Il 1970 è un anno in bianco e nero: si muove tra eventi felici e altri tragici.
È l’anno della partita del secolo, Italia – Germania 4 a 3; nel belpaese viene approvato lo Statuto dei lavoratori e fallisce il golpe Borghese; in Germania nasce il gruppo terroristico di Baader e Meinhof; primo volo commerciale del Concorde.
Nel mondo del rock si tiene il Festival di Wight in cui mezzo milione di persone assistono alle performances di Miles Davis, Jimi Hendrix, Doors, E.L.P., Leonard Cohen, Jethro Tull; viene commercializzato il Mini Moog, primo campionatore di suoni che farà la fortuna di migliaia di artisti della tastiera; i Rolling Stones (solo per quest’anno) e i Beatles (per sempre) lasciano spazio a nuovi eroi.
Van Morrison, a dispetto del caratterino, non ha la luna storta; C.S.N. aggiungono un posto sul divano a Neil Young e cambiano la West Coast, i Deep Purple si fanno scolpire nella pietra del Monte Rushmore, Eric Clapton si nasconde sotto mentite spoglie e i Santana inventano il rock latino.
Divideremo il nostro racconto in cinque capitoli dedicati a cinque Lp che hanno fatto la storia del rock.
Febbraio 1970 – Moondance (Van Morrison)
È il terzo album in studio del bizzoso irlandese; un capolavoro osannato dalla critica e venduto in milioni di copie. È il disco della serenità; Ivan il rosso da qualche tempo, dopo Bob Dylan e la Band, si è ritirato nel verde di Woodstock con la bellissima moglie Janet.
Dai solchi traspare un senso di appagamento; se con il disco precedente (“Astral weeks”) Morrison aveva dato sfogo a tutte le velleità artistiche, realizzando un LP viscerale ma a cui il grande pubblico si era accostato con difficoltà, “Moondance” rappresenta invece la quadratura del cerchio. Un lavoro non banale, raffinato ma anche mainstream.
Morrison si dimostra un maestro nella scrittura, nel canto e nel scegliersi dei musicisti notevoli, che lo accompagneranno in studio e dal vivo per anni.
La prima facciata verrà definita “il miglior lato A della storia dei 33 giri”.
Giù la puntina e parte “And it stoned me”, un brano lento e avvolgente in cui l’autore ci racconta della sua esperienza mistica a contatto con la natura. Arrangiamento perfetto: dal bellissimo ricamo dei fiati, all’assolo di chitarra bluesy; voce davvero ispirata.
Segue il pezzo omonimo, Moondance: atmosfera jazz, very cool, con continui cambi di ritmo. Basso che trama in sottofondo, flauto, piano e sax che arricchiscono il tutto; voce molto, molto nera.
“Crazy love” è invece una ballata toccante caratterizzata da una voce sussurrata che riporta agli anni d’oro della Motown; arrangiamento minimale, coro soul che sottolinea il pensiero del cantante: come l’amore ci cambi la vita.
Quarto brano: “Caravan”. Già l’attacco piano, batteria, basso ci dice che non si tratta di un pezzo qualunque. Incalzante, solare e sognante. Racconta di una “soul” radio in lotananza che suona suona suona e finisce per ispirargli questa musica meravigliosa. La voce non lascia scampo, tirata o morbida, è sempre appassionata e trascinante. Magistrale la versione che Morrison ne darà in “The last Waltz”, concerto d’addio della Band.
“Into the mystic” è una ballata raffinatissima; parte da una base di chitarra acustica cui fa seguito un contrappunto di fiati dissonanti. Da sentire all’infinito.
Girato il disco vi aspettano altri cinque brani bellissimi che nulla hanno da invidiare al lato A; stesso feeling, tra pezzi up tempo, R & B, ballate e tanta tanta piacevolezza.
“Come running” in stile country, incalzante, un treno in corsa. “These dreams of you” dedicata al genio di Ray Charles, che Morrison immagina dare una performance delle sue anche se “was shot down”, sparato.
“Brand new day” un tributo alla Band, commovente botta e risposta tra Morrison e le coriste.
“Everyone” saltellante e convolgente per ballare; “Glad tidings” solare e accattivante per allontare i cattivi pensieri e sognare.
A un album non credo si possa chiedere di più.
Un disco da sentire in viaggio, in salotto, con l’amore della vita, dove e con chi volete.
Sarà un’esperienza comunque speciale; un LP straripante di musica bellissima, piena di soul, di groove, jazz, R & B, folk che sia, suonata e arrangiata come meglio non si poteva. Scritta nel momento più ispirato dell’autore, che raramente raggiungerà tali picchi di creatività. Avvicinatevi a questo album con la certezza che diventerà un compagno con cui condividere tanti momenti indimenticabili.
5 pallini su 5; imperdibile.
George Ivan “Van” Morrison nasce a Belfast nel 1945 e sin da ragazzino dimostra un notevole talento musicale, diventando un eccellente polistrumentista (chitarra, sax, tastiere, armonica), ma soprattutto graffiando il suo cantato con una voce unica.
Già nei ’60 forma i Them di cui è il leader, cantante e autore di gran parte dei brani. Dal carattere poco accomodante ed eternamente inquieto nel ’67 si metterà in proprio per dare inizio ad una carriera straordinaria che conta oltre 30 album in studio e decine di live a tutt’oggi. Dal folk, al blues, dal jazz, al soul al R & B la musica di Morrison non conosce confini; sofisticata, avvolgente, urlata o sussurata; dal vivo concerti meravigliosi accompagnato da musicisti eccellenti.
Bibliografia:
“100 dischi ideali per capire il rock”, Ezio Guaitamacchi, Hoepli ed., 2000
“Il dizionario pop rock”, E. Gentile e A. Tonti, Zanichelli ed., 2015
“Enciclopedia del rock”,vol. 7, aavv, Arcana ed., 2005
Anche nel ’70 tanti i dischi che, mio malgrado, mi è toccato escludere: l’esordio di James Taylor (“ Sweet baby James”); l’omonimo LP di Elton John; “John Barleycorn must die” (Traffic); “Fun house” (The Stooges); “Morrison hotel” (Doors); “Trespass” (Genesis); “All things must pass” (George Harrison) ; “Benefit” (Jethro Tull); “Mad dogs…” (Joe Cocker); “Cosmo’s factory” e “Pendulum” (Creedence Clearwater Revival); “Lola…” (The Kinks); “Workingman’s dead” (Grateful Dead); “A question of balance” (Moody Blues); “Twelve dreams of dr. Sardonicus” (Spirit); “Bridge over trouble water” (Simon & Garfunkel); Led Zeppelin III (Led Zeppelin).
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