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A 72 anni

Morto a Bergamo Giuseppe Caruso, questore a Palermo quando arrestarono Provenzano

Stroncato da una malattia fulminante, è stato commissario alla Questura di Bergamo fino al 1992, ha diretto la Squadra Mobile, la Digos e l'Ufficio di Gabinetto. Poi ha diretto l'Agenzia nazionale dei beni sequestrati

È morto a Bergamo, stroncato da una malattia fulminante, l’ex prefetto di Palermo ed ex direttore dell’Agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati Giuseppe Caruso: aveva 72 anni. Oltre che prefetto era stato anche questore del capoluogo siciliano e il suo nome è legato alla gestione dei beni confiscati alla mafia, materia in cui aveva grande competenza ed esperienza. In questo ambito, prima che scoppiasse lo scandalo della sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo, resosi conto di alcune anomalie, era entrato in aperta polemica con l’allora presidente Silvana Saguto, poi processata e condannata a Caltanissetta per una serie di reati.

Caruso è stato commissario alla Questura di Bergamo fino al 1992, ha diretto la Squadra Mobile, la Digos e l’Ufficio di Gabinetto. Erano gli anni di piombo: è stato uno dei principali protagonisti che hanno portato alla sbarra, in uno dei primi maxiprocessi, 133 appartenenti a movimenti eversivi, tra cui il gruppo di fuoco dell’organizzazione terroristica “Prima Linea”.

È stato inoltre responsabile di numerosi servizi di ordine pubblico connessi alle partite di calcio dell’Atalanta, i cui tifosi erano noti per la loro intemperanza, e si è occupato delle manifestazioni di «Autonomia Operaia». Vicequestore aggiunto, è stato trasferito i primi di giugno del 1992 alla questura di Reggio Calabria.

Caruso arrivò a Palermo da questore il 12 gennaio del 2005, coordinò le operazioni per la cattura di Bernardo Provenzano e inflisse colpi durissimi alla cupola mafiosa e ai patrimoni dei clan. Il padrino fu catturato a Montagna dei cavalli, a Corleone, dopo 43 anni di latitanza, l’11 aprile del 2006. Di quella formidabile squadra facevano parte anche Giuseppe Gualtieri, come capo della Squadra Mobile, e Renato Cortese, alla guida della Catturandi.

Dopo la chiamata dalle colline di Corleone, “fu un sussulto. Preso”, raccontò più volte quella “soddisfazione immensa” Giuseppe Caruso, sobrio ed esperto investigatore. Un colpo che fece vacillare in modo decisivo il mito della mafia, colpendo uno dei suoi simboli assoluti. Poi questore di Roma, nel capoluogo siciliano tornò nel luglio 2010 da prefetto. Nel giugno dell’anno successivo fu messo al vertice dell’Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati.

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