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Report covid dal 24 al 30 agosto

Nell’ultima settimana a Bergamo crescono i contagi (+23,5%) ma calano i ricoveri

Il principale motivo del rialzo del contagio, almeno in questa fase, può essere ricondotto alla risalita del numero dei test eseguiti

Dopo aver chiuso la settimana scorsa con timidi segnali di una possibile inversione di tendenza, nella settimana che andremo ad analizzare (dal 24 al 30 agosto) si deve registrare una crescita, spinta soprattutto, da sud e isole e dalla Sicilia in particolare.

Infatti, tra le 10 province con la più alta incidenza nel Paese sette sono siciliane. In vetta spicca Enna con il record di 327 nuovi casi settimanali ogni 100mila abitanti. Seguono Caltanissetta e Ragusa (280), Siracusa (256) e Messina, Palermo e Catania con meno di 200 casi.

Una possibile fase espansiva del contagio è però, al momento, improbabile. Ne vedremo il possibile motivo dopo i principali numeri e indicatori.

I nuovi casi a livello nazionale sono stati 45.740 (+2,8% sui 44.480 del periodo precedente, 17-23 agosto); media giornaliera 6.534 (da 6.354). Il tasso di positività è al 2,93% dal 3,22% di una settimana fa, mentre il rapporto positivi/casi testati è stabile al 13%.

Scende leggermente la curva dei decessi: sono stati 351 negli ultimi sette giorni, contro i 361 della settimana scorsa. Anche questa settimana la somma dei decessi quotidiani comunicati risulta superiore al dato reale a causa del “recupero” da parte di alcune Regioni (Sicilia in particolare) dei decessi avvenuti in passato e non comunicati.

Aumentano ancora i ricoveri ordinari (sono 4.264, erano 3.928; +8,5%) e quelli in terapia intensiva (sono 548, erano 485 sette giorni fa; +13%)). I nuovi ingressi nella settimana sono stati 296 (283 la precedente). I tamponi totali eseguiti sono stati: 1.623.371 (da 1.423.781; +14%). Un numero che non si vedeva dal maggio scorso.

L’Rt è invariato poco sopra 1. Cresce l’indice dei casi ogni 100 mila abitanti, ora a 77 rispetto al 73 precedente. L’indice dei posti occupati in Area Covid, al 7%, e quello relativo alle Terapie Intensive, al 5%, rimangono invariati rispetto alla precedente rilevazione.

In Lombardia i nuovi casi sono stati 3.609, erano 3.322, in aumento dell’8,6%. Prosegue anche questa settimana l’incremento del numero dei ricoveri: 341 sono ora quelli in Area Medica (erano 320), mentre quelli in Terapia Intensiva passano da 43 a 48. I decessi sono notevolmente aumentati: da 20 a 35. Le persone attualmente positive sono 12.169, in calo rispetto alla settimana scorsa, quando erano 12.301. L’incidenza dei casi ogni 100mila abitanti passa da 32 a 37.

I nuovi casi registrati nella provincia di Bergamo sono stati 268, con un incremento del 23,5% sul periodo precedente quando erano stati 217.
Scende il numero dei pazienti ricoverati: da 20 a 14, aumentano di una unità quelli in Terapia Intensiva: da 8 a 9. Si sono registrati due decessi. Anche in provincia sale l’indice di contagio ogni 100 mila abitanti: da 18 a 24.

Il principale motivo del rialzo del contagio, almeno in questa fase, può essere ricondotto alla risalita del numero dei test eseguiti: l’aumento dell’1,5% dei nuovi positivi individuati nel periodo 17-23 agosto si confrontava infatti con lo stesso aumento percentuale dei tamponi totali.

Nell’ultima settimana si è registrato un incremento dei test del 14%, ben superiore a quello dei nuovi casi (+2,8%). Ciò considerato l’epidemia italiana è di fatto in una fase di equilibrio, con un andamento diverso a livello regionale. Resta al momento l’indicazione per un’imminente e momentanea discesa del contagio (reale e non legata ai test), ma l’ormai prossima ripresa delle attività produttive e la riapertura delle scuole, con il ricorso massiccio ai trasporti pubblici, implica il forte rischio di un nuovo rialzo dei casi: un po’ come se il tempo per una chiara contrazione epidemica si stesse esaurendo insieme alla pausa estiva.

Da sottolineare come gli impatti del Sars-CoV-2, si stanno manifestando con tre differenti livelli di intensità:
1) nei soggetti vaccinati (impatto molto modesto);
2) nei soggetti non vaccinati (impatto importante);
3) nella Regione Sicilia, che esprime valori nettamente superiori alla media dell’intero Paese e a quelli di altre aree a forte vocazione turistica, condizionando al rialzo i dati nazionali.

Il paradosso vaccinale
È così definito il motivo per cui, con l’aumento dei soggetti immunizzati, si arriva a un punto in cui il numero totale dei nuovi positivi individuati diventa maggiore tra i vaccinati rispetto ai non vaccinati. Usiamo, come sempre, un esempio semplice, sacrificando un po’ di scientificità alla facilità di comprensione. Immaginiamo di avere in circolazione un milione di persone, tutte non vaccinate: l’infezione, su base settimanale, colpisce con un’incidenza del 10% (quindi 100.000 persone ogni settimana). L’arrivo del vaccino riduce questa incidenza all’1% (nei soli soggetti immunizzati) e la campagna vaccinale prosegue fino ad avere in circolazione 950.000 soggetti vaccinati e 50.000 non vaccinati. Nel primo gruppo l’incidenza dell’1% porterà ad avere 9.500 nuovi casi, nel secondo (incidenza del 10%) 5.000. Guardando solo i valori assoluti, in modo errato e superficiale, è facile sostenere che ci sono più infezioni tra i vaccinati che tra i non vaccinati. Ma procedendo correttamente e guardando l’incidenza, ovvero il numero di infezioni rispetto al totale di persone suddivise per tipologia, risulta evidente il beneficio indotto dalle vaccinazioni.

La campagna vaccinale
Nei mesi estivi il numero di dosi somministrate è calato in maniera importante. Mentre intorno al 10 giugno la media mobile a 7 giorni era arrivata vicino alle 600mila dosi giornaliere, oggi è di circa 240.000.
A questo ritmo ci vorrà ancora un mese per coprire l’80% della popolazione vaccinabile. Obiettivo comunque in linea con le previsioni del governo.
Si evidenzia come le regioni che vanno verso le restrizioni (la Sicilia è da ieri in zona gialla, ma presto potrebbe toccare a Calabria e Sardegna) sono anche quelle con le più basse percentuali di adesione alla campagna vaccinale.
A livello nazionale, le prime dosi finora somministrate hanno raggiunto la soglia dei 40 milioni, il 67,3% della intera popolazione.

Vaccino, Oms: dare priorità a insegnanti e personale scuole
Insegnanti e personale scolastico dovrebbero rientrare tra le categorie prioritarie per ricevere le due dosi del vaccino contro il Covid. Lo hanno sottolineato l’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) e l’Unicef in una nota congiunta, dove si ricorda che l’immunizzazione dei lavoratori della scuola è una misura fondamentale per poter tenere aperte le aule e accogliere gli studenti in presenza. Il monito delle due agenzie Onu arriva a poche settimane dalla ripresa dell’anno scolastico per ricordare come sia “vitale che l’apprendimento in classe continui senza interruzioni”, nonostante la diffusione della variante Delta in tutto il mondo. L’insegnamento all’interno delle aule aggiunge il direttore dell’Oms per l’Europa, Hans Kluge, “è di fondamentale importanza per l’educazione, la salute mentale e lo sviluppo delle capacità sociali dei bambini. Le scuole aiutano a dare ai ragazzi i mezzi per essere individui felici e produttivi all’interno della società”.
Secondo Oms e Unicef, inoltre, “la pandemia ha causato la più catastrofica interruzione nella storia dell’istruzione” ed è grazie ai vaccini che si può sperare di tornare a una condizione che si avvicini “alla normalità”.

In breve, per concludere il nostro consueto report, l’aggiornamento sull’epidemia a livello mondiale: che secondo i dati dell’ultimo Bollettino epidemiologico dell’Oms registra (periodo 16-22 agosto) la nona settimana consecutiva di crescita, con un totale di 4.525.863 nuovi casi (+1,8% sulla precedente) e 68.339 decessi (+2,7%). Gli Usa restano al primo posto per numero assoluto di nuovi casi: 1.020.072 positivi, con una crescita del 15% sul periodo precedente. Seguono Iran (251.610; -7%); India (231.658; -10%); Uk (219.919; +11%) e Brasile (209.099; -1%). La variante Delta è stata finora rilevata in 163 (su 207) Paesi e territori di monitoraggio Oms.

Il bilancio dei morti provocati dal coronavirus a livello globale ha superato la soglia dei 4,5 milioni, di cui 1,3 milioni nel Vecchio continente. È quanto emerge dai conteggi della Johns Hopkins University. Secondo l’università americana dall’inizio della pandemia i decessi nel mondo legati al Covid sono 4.502.268 a fronte di un totale di 216.465.714 casi di contagio. Finora, sono state somministrate oltre 5,22 miliardi di dosi di vaccini anti Covid.

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