Giovanni Brusca, ha scontato i suoi (tanti) conti aperti con la giustizia: a 64 anni l’uomo che ha premuto il telecomando a Capaci e fatto sciogliere nell’acido il piccolo Giuseppe Di Matteo è, con tutte le cautele previste per un personaggio della sua caratura criminale, una persona libera.
“Umanamente parlando si fa fatica ad accettare una decisione di questo genere – spiega Francesco Breviario, referente provinciale di Libera Bergamo -. La legge, comunque, non cancella quello che ha fatto negli anni di militanza nelle mafie, non esisterà mai una sentenza che potrà farci dimenticare le cose orrende compiute in quei tempi. I fatti e i misfatti commessi resteranno per sempre, anche di fronte a una scarcerazione”.
Anche se era un esito annunciato, la scarcerazione di Brusca suscita comunque le reazioni più critiche. I familiari delle vittime avevano già espresso le loro preoccupazioni quando si è cominciato a porre, già l’anno scorso, il problema di rimandare a casa un boss dalla ferocia così impetuosa da meritare l’appellativo di “scannacristiani”. Ma va ricordato che nel suo caso sono stati semplicemente applicati i benefici previsti per i collaboratori “affidabili”. Se ne era già tenuto conto nel calcolo delle condanne che complessivamente arrivano a 26 anni.
“Quando capitano queste cose il primo pensiero va alle vittime, a tutte quelle persone a cui sono state negate le cose che si fanno quotidianamente in una vita: andare al lavoro, mangiare una pizza, portare il cane a fare una passeggiata. Tutte azioni che Brusca tra poco potrà fare. Il secondo pensiero – continua Breviario – va invece ai parenti delle vittime, persone che stanno scontando un ergastolo non codificato, una pena che non hanno meritato ma che resterà per sempre nei loro cuori e nelle loro menti”.
Ma per il referente di Libera la legge (che ai tempi fu voluta da Giovanni Falcone e Antonino Scopelliti e votata dal Parlamento) andrebbe cambiata? “Non ho gli elementi per rispondere a questa domanda – commenta Breviario -. Capisco e condivido le difficoltà che quasi tutti abbiamo ad accettare questa scarcerazione, ma non dimentichiamoci che l’istituto del pentimento è stato fondamentale nella lotta alle mafie”.
“Ma all’aldilà dell’aspetto giuridico – conclude Breviario -, vorrei ricordare che la mafia non si combatte solo con le leggi e con le pene drastiche, ma soprattutto con la responsabilità”.
commenta