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Il donizetti

Bergamo ritrova il suo teatro, Gori: “Per tutti, aperto 12 mesi l’anno, il nostro simbolo di rinascita”

Stasera il sindaco Giorgio Gori non solo taglierà il nastro, ma sarà uno degli speciali ciceroni per gli ospiti che visiteranno il teatro.

Bergamo riapre il suo teatro. Dopo tre anni di cantieri l’incanto e la magia del Donizetti ritorneranno rinnovati per essere, finalmente, rivissute.

Un momento speciale, reso possibile grazie ad una pluralità di attori che hanno lavorato duramente per arrivare a restituire alla città lo spazio culturale per antonomasia. Tra loro, il sindaco Giorgio Gori, che non solo taglierà il nastro, ma sarà anche uno degli speciali ciceroni per gli ospiti che visiteranno il teatro.

Sindaco, è emozionato? 

Molto. Questa è una serata importante perché permetterà di restituire alla città uno dei luoghi simbolo dell’identità culturale e territoriale di Bergamo e che attraversa la storia contemporanea della città. Ora ci riusciamo, finalmente. Quasi nei tempi previsti: il cantiere è durato tre anni nonostante il Covid e tenendo anche fede ai preventivi prefissati, circa 18/19 milioni di euro e un concorso quasi paritario tra pubblico e privato.

Un duro lavoro iniziato molto prima di tre anni fa…

Sì, tengo a dire che la mia amministrazione è stata certamente protagonista di questa impresa negli ultimi sette anni, ma prima altre amministrazioni ci hanno lavorato. Ricordo che era stata la Giunta Bruni a far fare il primo concorso internazionale per lo studio di fattibilità e poi la Giunta Tentorio ha costituito la Fondazione Donizetti. Si tratta, quindi, di un testimone che passa di amministrazione in amministrazione.  Voglio profondamente ringraziare tutte le forze che hanno permesso la riapertura: pubbliche e private con la loro grande generosità.

Cosa significa questa riapertura dopo il terribile anno che Bergamo ha passato e che tutti noi conosciamo?

La vicenda Covid dà alla riconsegna del Donizetti alla città un significato ancora più speciale: non è solo tornare nel nostro teatro, ma tornarci proprio in concomitanza dei giorni in cui stiamo ritrovando un po’ di normalità e in cui abbiamo bisogno di simboli come questo che alimentino la fiducia e l’ottimismo e condividere la cultura.

Tutto pronto per il titolo in condivisione con Brescia di Capitali della cultura 2023, quindi…

Sì, la capitale della cultura si esprimerà compiutamente nel 2023 come progetto, ma affonda le sue radici molto prima, già da ora, nella vitalità delle associazioni culturali delle due città. Questa riapertura è esattamente sulla linea del percorso di progettazione.

Oltre al teatro cambierà anche l’area antistante, quello che viene chiamato il “secondo lotto” del centro piacentiniano.. 

Esatto. Il restauro del teatro si inserisce in una cornice di rivisitazione del centro della città molto più estesa. Il disegno urbanistico ha, infatti, l’intenzione di valorizzare la centralità del teatro ed evidenziare l’asse che va dal teatro a Palazzo Libertà. Anche togliere le auto certamente rimetterà al centro il Donizetti.

Ha ricordi speciali attorno al teatro cittadino?

I miei genitori erano appassionati di prosa e abbonati storici della stagione. Che, se devo essere sincero, in quegli anni era un po’ pesante rispetto ad adesso. Loro andavano in platea e io comprovo un biglietto e andavo in “piccionaia”. Quelli che ho sono ricordi di serate di lotta con il sonno terribili: devo confessarlo. Iniziavo ad agitarmi sulla sedia che allora era di legno, scomodissima, e cigolava per cui bisognava cercare di stare fermi per non fare rumore e disturbare gli altri spettatori. Ho, quindi, ricordi di introduzione alla prosa anche abbastanza faticosi.

Per l’opera, invece?

L’opera l’ho scoperta in questi anni, prima di essere sindaco non l’avevo mai frequentata. È stata una sorpresa vedere quanto mi piaccia. Mi sono appassionato e sicuramente ha grande merito l’incontro con Francesco Micheli che è in grado di far capire anche a uno non colto dal punto di vista musicale come me aspetti che da solo sarebbero più ostici.

Qual è il suo augurio per il nuovo Donizetti e per la città?

L’augurio è che si ritorni a fare spettacolo nel Donizetti. La serata vuole essere un profondo ringraziamento per tutti coloro che hanno concorso: tanti donatori generosi. Mi fa piacere usare l’appuntamento di stasera per ringraziare l’aiuto fondamentale di questi anni di tutte le persone. Si tratta di un’occasione per riaccendere la luce sul Donizetti e consentirne, finalmente, la visita ai cittadini. Si parla da anni di questa ristrutturazione: ma un conto è leggerlo sui giornali, un altro è andare a vederlo. Vorrei tanto che il teatro iniziasse a essere percepito come un bene di tutti e della città, non più come un luogo di consumo elitario ed esclusivo e solo per pochi adepti. Un teatro moderno, che sia luogo di produzione dell’arte e non solo di riproduzione, lontano dallo sguardo, forse, stantio di affreschi, velluti e colonnati. Non si tratta infatti solo di un restauro di stucchi e tappezzerie, ma di renderlo da qui in avanti fruibile 12 mesi l’anno, a differenza di prima. Con nuovi ambienti da utilizzare tutto l’anno e con un pubblico sempre differente. Con tutti i cambiamenti strutturali e di servizi il teatro, finalmente, sarà molto più centrale nella vita della città.

GORI DONIZETTI
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