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La testimonianza

“Quella bomba all’aeroporto di Erbil, il pensiero alle mie famiglie adottate a distanza”

L'attacco all'aeroporto internazionale di Erbil, nel Kurdistan iracheno, raccontato da monsignor Luigi Ginami, sacerdote bergamasco presidente della Fondazione Santina Zucchelli. Ad Erbil la Fondazione segue un gruppo di famiglie e l'asilo, oltre ad altre iniziative di carità.

Monsignor Luigi Ginami, bergamasco, presidente della Fondazione Santina Onlus (clicca qui), che cura progetti di adozione a distanza e realizzazioni in ogni parte del mondo, ci racconta la sua ultima missione nel Kurdistan martoriato dalle bombe. Terra dove la sua fondazione sostiene famiglie e orfani.

Un attacco missilistico ha colpito, nella sera del 14 aprile, l’aeroporto internazionale di Erbil, nella regione del Kurdistan iracheno. Secondo il Ministero dell’Interno, obiettivo dell’attacco era la sezione militare dell’aeroporto, dove sono dispiegate le forze della coalizione internazionale a guida statunitense.

L’attacco contro Erbil è stato rivendicato da un gruppo soprannominato Saraya Awlia al-Dam, ovvero i “Guardiani delle Brigate di Sangue”, già responsabili dell’attacco missilistico del 15 febbraio scorso, anch’esso perpetrato contro il medesimo aeroporto. A detta dell’organizzazione, il proprio obiettivo era colpire un centro operativo del Mossad. Circa l’episodio del 14 aprile, sino ad ora non sono state registrate vittime, mentre sono stati riportati danni a una sola struttura. I residenti locali, dal canto loro, hanno riferito di aver udito la forte esplosione in tutta la regione. Le forze di sicurezza hanno chiuso tutti gli ingressi all’aeroporto di Erbil, secondo testimoni sul posto.

È stato il Ministero dell’Interno del Kurdistan iracheno a chiarire, in un secondo momento, che l’attacco è stato effettuato da un drone carico di esplosivi e che l’obiettivo era colpire le forze della coalizione internazionale, tuttora impegnate nella lotta al terrorismo, situate all’interno dell’aeroporto. È la prima volta che viene impiegata un armamento simile, il che, a detta del Ministero, indica una ulteriore evoluzione delle tensioni tra Washington e Teheran sul suolo iracheno.
“Si tratta di un’escalation tangibile e pericolosa”, ha commentato un politico curdo ed ex ministro degli Esteri, Hoshyar Zebari, il quale ha messo in evidenza come episodi simili minino la sicurezza della regione del Kurdistan, considerato che le milizie filoiraniane sembrano essere determinate a intensificare i propri attacchi contro obiettivi statunitensi.
Inoltre, poco prima dell’attentato contro Erbil, un altro attacco ha preso di mira una base turca a Bashiqa, nel governatorato di Ninive, nel Nord dell’Iraq. La base è stata colpita da almeno tre missili, che, a detta del Ministero della Difesa turco, hanno provocato la morte di un soldato turco e il ferimento di un bambino in un villaggio vicino. Pur non essendoci un chiaro legame tra i due attentati, il primo ministro della regione del Kurdistan, Masrour Barzani, ha condannato quanto nel corso di una conversazione telefonica con il ministro degli esteri turco, Mevlut Cavusoglu, affermando che i gruppi “fuorilegge” responsabili dei due attentati saranno portati davanti alla giustizia.
Iraq: attacco contro l’aeroporto di Erbil (Sito web: Sicurezza Nazionale 15-04-21 ore 8.36)

La valigia rossa è pronta. Ieri sera le ultime meravigliose famiglie in adozione a distanza del nostro nuovo programma in Iraq 2021-24, il controllo dei progetti da portare in Italia ed il taxi prenotato per le cinque del mattino: sembra finire nella più completa normalità questo quarantacinquesimo viaggio di solidarietà; negli occhi un misto di polvere, stanchezza oceanica – ricordiamo bene che questo è il mio primo viaggio del mio sessantesimo anno di vita – e la partenza davvero è in salita: ieri sera c’è stato un formidabile fuori programma che mi ha bloccato in Iraq e non mi ha fatto partire …

Arrivo verso le dieci di sera al mio locale preferito, dove mi aspetta il wifi che mi serve per l’ultima riunione importante con il CdA di Fondazione Santina. Questo viaggio infatti ha avuto una grande novità portata dal coronavirus: ogni sera mi sono riunito via whatsapp con i membri del Consiglio di Amministrazione per prendere insieme le decisioni che prima prendevo da solo. Le limitazioni imposte dal covid bloccano tutti in casa, la sera, e quindi è stato abbastanza facile – e molto produttivo – incontrarsi! Almeno ricorderemo questo periodo di pandemia anche per qualche effetto positivo che ha prodotto – e forse ce ne sono molte di più di quelle che crediamo! È ormai buio quando mi siedo, forse sono quasi le 22 … Il mio tavolo è rivolto verso l’aeroporto internazionale di Erbil, dove ci sono anche una base militare turca ed una più piccola italiana: la serata è calma ed il clima è tiepido. Mi giro verso l’aeroporto – un potente boato fa vibrare paurosamente i vetri del locale. Quando esplode una bomba, il rumore è diverso, ti arriva al cuore e ti spaventa! È ormai istintivo, in questa terra insanguinata, associare un forte boato ad una bomba, a un missile lanciato da chissà dove. E dopo il boato, una colonna di fumo sale dai pressi dell’aeroporto e il fuoco divampa lontano.

Tutti prendono il telefonino, nella mania che ormai tutti abbiamo di scattare foto da passare agli amici o nei nostri social. Vedo i tre giovani musulmani farlo, e come un cretino anche io fotografo e filmo la scena. Sono inesperto e quindi Ramadan, il cameriere musulmano – questa sera il nepalese non c’è – prende il mio telefonino e filma. Ho il tempo di aggiungere alcune parole di commento che lasciano trasparire lo spavento e il presentimento di una sciagura. Poi mi siedo, respiro profondamente e mi chiedo: “E il mio volo, domani? Meno male che non volavo questa notte … Ci saranno morti? Chiuderanno i confini?”. Tremila domande …

L’appuntamento per la riunione è alle 22 irachene, le 21 italiane. Inizio la riunione condividendo con gli amici in modo “tranquillo” la notizia della bomba esplosa nei pressi dell’aeroporto, poi la riunione inizia: bella, ricca di argomenti, di scelte e di tanta fede! Bellissimo momento di revisione e di scelte sui progetti: il generatore di corrente per l’asilo delle suore, i dieci bambini in adozione a distanza e l’acquisto per 2.500 di ben 21 bombole di ossigeno con il nostro logo: un totale di circa 20.000 euro, per la precisione sono 19.500. Mi sembra un ottimo impegno, un impegno coscienzioso, scrupoloso e ben motivato grazie all’aiuto degli amici dall’Italia.

Mentre gli amici parlano, il mio pensiero va all’esplosione: in verità, non è la prima volta che vedo esplodere delle bombe, alcune le ho viste esplodere anche da vicino; ma una bomba all’aeroporto la sera prima del decollo per la Turchia è davvero un fuoriprogramma importante e, mentre parliamo di progetti continuo a guardare dal balcone e ogni volta mi si ripropone lo stesso pensiero forte, che mi disturba, mi inquieta e mi preoccupa: ci saranno morti? Feriti? E poi, chi sono i mandanti? Contro chi? E poi le domande più banali, quelle che sempre riescono a prendere il sopravvento nella nostra mente: vedrai che domani non parto, qui è un casino … e se ora bombardano qui? Se chiudono i confini? Questa è proprio una grande sfiga: proprio la sera prima di partire! Potevano fare ‘sto casino domani sera?

Pensieri non proprio alti e nobili, ma sarei un cretino se non ve li rivelassi, magari con tanta vergogna mentre scrivo, con il sole che tramonta proprio sul luogo dove ieri sera una bomba sganciata da un drone è esplosa tra le fiamme. La lunga e bella riunione termina e gli amici si accorgono della mia inquietudine; allora mostro le immagini, ma non penso si capisca molto da lontano, soprattutto non si respira il clima che questa povera gente respira ogni volta che una bomba esplode: condividere l’esperienza fa capire fino in fondo la paura, e vi dico che questa volta l’ho provata sul serio Preghiamo l’Ave Maria e pochi minuti prima della mezzanotte ci salutiamo: prometto – mento sapendo di mentire – di farmi sentire la sera dopo, cioè questa sera, dall’Italia!

Chiusa la riunione, mi impongo di mettere in ordine i dossier del viaggio e di avere le carte tutte regolari e ordinate in modo che in Italia mi sia più facile recuperare i milioni di pensieri iracheni scatenati in questa manciata di giorni, avvelenati dal covid e dalle bombe! E poi? E poi, il casino… Mi precipito da Ramadan e gli chiedo aiuto. Si mette al telefono e dopo duemila telefonate all’aeroporto rispondono che è chiuso e che non sanno quando riaprirà, poi controlla per me – in arabo – lo stato del mio volo, previsto per il giorno dopo alle 7.30 e il risultato è drastico: il volo TK 805 è cancellato! Chiamo il taxi e disdico la corsa della mattina dopo alle 5. Intanto, Ramadan accende il grande televisore a cristalli liquidi e le notizie scorrono in lingua araba: Al Arabiya, Al Jazeera, Al Sharqiya, Erbil News danno le prime notizie, poi Reuters e così via. Tra notizie in arabo e in inglese, riusciamo a capire che l’attentato ha causato due morti e alcuni feriti; non è stato ancora rivendicato e sembra aver colpito la base militare americana e quella turca… Tutto qui! O meglio: tanta confusione.

Si sono fatte le due della notte; decido di inviare a suor Carolina il mio biglietto aereo e di vedere il giorno dopo il da farsi. La compagnia aerea turca mi conferma per sms che il volo è stato cancellato. Mi butto a letto e cerco di dormire alcune ore, ma mi tormenta sempre lo stesso pensiero: riapriranno l’aeroporto? Ma soprattutto, quando? Come tornare in Italia? Attraversando il confine con Siria, Giordania, Iran o Turchia? Pensieri cupi che attraversano la mente quando sei stordito dalla stanchezza di una settimana vissuta allo spasimo del secondo, dalla fatica della riunione della sera e dalle preoccupazioni e dal buio e dal silenzio della notte…

Il silenzio! Uno degli effetti provocati dall’attacco terroristico è proprio il silenzio: le strade che il covid non è riuscito a svuotare, le ha svuotate in dieci minuti la bomba! E non solo di notte, soprattutto nella giornata di oggi: sembrava di essere in Italia durante il lookdown totale. Nessuno per le strade … Mentre scrivo in questa calma sera mi chiedo: “Ma questa gente si spaventa più per una bomba che per il covid?”. Questo è sicuro, questo è il primo insegnamento che questa notte di angoscia mi ha portato: la bomba spaventa più della pandemia.

Pensateci un momento e mi darete ragione! In Italia non siamo abituati alle bombe negli aeroporti e il nostro terrore è la pandemia; ma la pandemia della guerra è molto più potente, subdola ed angosciante. Negli ultimi tempi, qualcuno ha iniziato a paragonare la pandemia a una guerra – e forse qualche ragione c’è … Ma la guerra è molto peggio della pandemia! Se in Africa nel periodo della pandemia avevo scoperto la pandemia della fame, che lo scorso anno ha ucciso 8 milioni di persone, qui scopro un’altra pandemia, più demoniaca di un evento naturale – purtroppo negativo – come il covid. Nel mondo oggi la gente muore di fame e a causa delle guerre, e questa notte degli uomini sono stati feriti e altri sono morti in modo assurdo. Trovo profondamente giusto l’interrogativo di Papa Francesco: “Ma chi dà le armi a questi uomini?”.

Vedete, detta in Italia sembra una domanda scontata, ma quando penso che quella bomba è costata un sacco di soldi e che il drone che l’ha sganciata costa ancora di più, mi chiedo: “Ma chi è quel demonio che usa alta tecnologia costosissima per ammazzare?”. E realizzo che nell’Uomo convive la strabiliante possibilità di creare in pochi mesi un vaccino capace di porre fine alla tremenda pandemia in atto, affianco alla lucidità demoniaca di pensare e studiare armi sofisticate di alta tecnologia con l’intento esattamente opposto: quello di ammazzare! Ma che gusto del futuro ha l’Uomo che pensa in termini di alta tecnologia per ammazzare? E l’alta tecnologia militare è la più avanzata del mondo … E sapete la cosa più grave qual è? Che anche la nostra santa Italia produce armi con la demoniaca giustificazione della difesa e della tutela, mai dell’offesa!

Questo è il dramma abissale che questa sera accompagna le mie riflessioni, mentre il sole si spegne e un’altra notte nasce … Una notte che ricorda quella passata e che porta tristezza: gli aerei a Erbil preferiscono volare di notte per non essere visti … La pandemia della guerra insanguina questa terra e magari vi è sfuggito che proprio mentre sto scrivendo qui in Iraq, il 15 aprile 2021, a Baghdad un’autobomba esplosa nel quartiere sciita ha causato la morte di due persone e ne ha ferite dodici. Anche nella vicina Mosul oggi ci sono stati morti! Scrivere qui con la guerra e il sangue per le strade è un’esperienza davvero molto forte. Ma oggi, è più pericolosa la pandemia della guerra o la pandemia del covid? Ma vi butto lì una domanda molto forte: se tutti i soldi che si investono nelle armi si investissero invece per una sanità gratuita per tutti? Per tutti tutti!

Don Gigi, non è possibile, dai, non dire cretinate! Se vi ricordate, però, in Africa la domanda che vi facevo era diversa: “Se i soldi investiti per il vaccino si fossero potuti spendere per lottare contro la fame, quante persone avremmo potuto salvare?”. In realtà tutte! Se i miliardi e miliardi di euro destinati alla produzione di armi e alla ricerca per la realizzazione di nuove armi fossero destinati a strutture mediche? Sicuramente non sarebbero morte tutte queste persone di coronavirus e forse non ci sarebbe neppure stata, la pandemia! Allora stasera, mentre io me ne sto seduto, con la mia testa stanca, con una tazza di latte di capra caldo, tu prova a rispondere alle mie domande scomposte. Se nel corso dell’anno passato tutti i soldi investiti nella ricerca di un vaccino fossero stati spesi in cibo, avremmo salvato da morte certa otto milioni di persone, molto di più di quelle che sono morte per il covid. E ancora: se i soldi spesi in armi li avessimo spesi per ricerca e cura medica non avremmo avuto morti per coronavirus ed in più si sarebbero evitati i morti delle guerre …

Sono stanco, stasera, è scrivo male, ma spero che voi riusciate a raddrizzare il mio pensiero nel vostro cuore. Questo magnifico viaggio mi ha regalato queste impressioni e queste considerazioni, che vi “passo” da qui: ma ho ancora molte cose da scrivervi e ve le racconterò tutte. C’è tratta della storia di un profugo siriano, Georgetown; ci sono dieci bellissimi bimbi in adozione a distanza; ma soprattutto vi devo parlare del “gusto del futuro” che ho trovato qui e che ha un nome solo: la fede in Gesù! La fede i Gesù di Ashur e di tutti gli altri, la fede di una donna che si fa tatuare una croce sul braccio, proprio in un luogo dove essere cristiani significa essere in pericolo, e dopo essere fuggita da Baghdad e da Qaraqosh per la fede in Gesù! Davvero questo quarantacinquesimo viaggio è stato un autentico corso di esercizi spirituali che potrei intitolare: “Il gusto del futuro è la fede in Gesù”. Qui in Iraq chiedo a Lui di continuare a fare queste esperienze per incontrare la carne di Gesù presente nei poveri, chiedo a Lui che tutti voi non vi stanchiate di me e mi seguiate per tanti e tanti anni ancora. È vero, ho sessant’anni, ma il primo viaggio di questa epoca nuova della mia vita è stato molto, molto più impegnativo di altri e forse altrettanto ricco di significati spirituali. Ringrazio Dio per Fondazione Santina e per la nostra meravigliosa associazione! Un’esperienza del genere non può terminare così: sta a voi farla continuare. Io non mi tiro indietro e voi statemi vicino.

È saltata la corrente; ora il generatore è ripartito. Le strade sono silenziose e deserte, ma non per paura del coronavirus, bensì per la paura di un virus molto più terribile che si chiama guerra. E la guerra, qui in Iraq ha colpito a Baghdad, Mosul ed Erbil. Il tuono dell’esplosione di ieri sera mi rimane nel cuore, lo porto in Italia come una riflessione; ma dall’Iraq porto nel mio cuore, tornando in Italia, anche la grande gioia di aver fatto del bene e di aver incontrato Gesù nella fede di questo meraviglioso popolo.

Buona notte dall’Iraq. Domani, se non esplode un’altra bomba, rientro in Italia e avrò modo, nei 14 giorni di quarantena, di interiorizzare, completare e riflettere su queste note, scritte forse in modo sconnesso ma con tutto il cuore. Dimenticavo: oggi hanno riaperto l’aeroporto; domani, 16 aprile, mi buttano su un volo per Istanbul e poi da lì in qualche modo arriverò a Roma … Sperando che questa notte non scoppi un’altra bomba … Vado a dormire: domattina, sveglia alle 4.30!

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