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Report 2-8 marzo

Covid, i decessi superano quota 100mila: a Bergamo i nuovi casi crescono più lentamente

In Lombardia preoccupano i nuovi ingressi in terapia intensiva che hanno registrato una variazione sensibile: da 214 a 330, con un incremento del 54,2%.

I dati relativi alla settimana dal 2 all’8 marzo confermano il trend al rialzo della curva dei contagi: +0,68% rispetto a +0,59%.

I nuovi casi sono stati 143.176 in rialzo del 19,8% sul periodo precedente; se consideriamo però gli ultimi quindici giorni osserviamo una crescita del 60%.

I ricoveri in Terapia Intensiva sono aumentati del 18%, da 2.289 a 2.700. I nuovi ingressi in terapia intensiva sono passati dai 1.206 della settimana precedente a 1.504 (+24,7%). Da segnalare il forte balzo dei pazienti in isolamento domiciliare passati da 402.932 a 448.002. Anche i ricoveri in Area Covid salgono, sia pure in percentuale minore, da 19.112 a 21.831. Sono più di 100.000 i decessi ufficiali causati dal Covid-19, ma si stima siano almeno il 15% in più quelli reali.

IN LOMBARDIA

Passiamo alla Lombardia: nella settimana epidemiologica osservata sono stati individuati 31.062 nuovi casi, con una crescita del 27% dai 24.445 del periodo precedente; la media giornaliera sale da 3.492 a 4.437; i nuovi ingressi in terapia intensiva, nello stesso periodo, hanno registrato una variazione preoccupante: da 214 a 330, con un incremento del 54,2%.

Aumentano anche i ricoveri in Area Covid, da 398 a 976, e le persone in isolamento domiciliare, attualmente 74.332. Brescia sale di un altro 27% riguardo a i nuovi casi. Percentuali simili anche nelle altre province, con l’eccezione delle province di Monza e Brianza dove l’aumento è stato del 53% e di Pavia (+43%).

Segnaliamo anche un altro dato relativo alla Lombardia: il 64% dei nuovi casi di Covid-19 è riconducibile alla variante inglese, come comunicato dalla Regione stessa, valore più che raddoppiato rispetto all’analoga indagine condotta a metà febbraio.

IN PROVINCIA DI BERGAMO

Per quanto riguarda la provincia di Bergamo si sono avuti 2.099 nuovi casi, in rialzo del’11%, quindi una crescita molto più contenuta rispetto alla settimana scorsa. Salgono comunque i ricoveri, sia in Area Covid (da 311 a 466), sia nelle Terapie Intensive (da 32 a 52); pur non trattandosi di pazienti solo bergamaschi, è da sottolineare che la pressione nelle strutture ospedaliere sta rapidamente raggiungendo il limite di capacità ricettiva. Ciò significa, come del resto sta accadendo da mesi, una riduzione ancor maggiore di posti letto per le altre patologie.

La variante inglese del Sars-CoV-2 consiglia di rivedere la distanza minima di sicurezza tra due persone: da un metro a due. Il motivo non risiede in una maggiore capacità del virus di viaggiare nell’aria, ma di legarsi ai recettori presenti sulla superficie delle nostre cellule. Un elemento che, come appare ormai certo abbinato a una maggiore carica virale, porta a una conseguenza che cerchiamo di spiegare semplificando al massimo: la quantità di droplet che arrivava a due metri di distanza conteneva pochissimo virus del ceppo originario di Wuhan, meno efficiente nel legarsi alle nostre cellule.

La quantità di droplet che arriva a due metri di distanza con la variante inglese è sempre la stessa, ma contiene una maggiore quantità del virus (sembra che la stessa cosa valga anche per le varianti sudafricana e brasiliana) perché i soggetti positivi sono caratterizzati da una maggiore carica virale. A questo si aggiunge, come abbiamo visto, una maggiore “abilità” nell’attaccarsi ai recettori cellulari. Una differenza sostanziale, che dovrebbe costringerci a dilatare la distanza di sicurezza.

Prosegue la diminuzione dell’età dei contagiati: l’ultimo Bollettino di sorveglianza integrata Covid-19 dell’Istituto superiore di Sanità, con dati riferiti al periodo 15-28 febbraio, evidenzia una mediana di 44 anni. Potrebbe essere il segno di un primo parziale effetto della campagna vaccinale condotta sugli over 80, ma anche la conseguenza di una maggiore puntualità nel testare la popolazione in età scolastica, in particolare sotto i 18 anni.

Fino allo scorso novembre i casi rilevati nelle scuole venivano gestiti nella gran parte dei casi con il solo isolamento dei possibili contatti (senza procedere all’esecuzione dei test tampone) in attesa di una eventuale manifestazione sintomatica. Oggi la strategia è cambiata, e i casi di positività generano un’immediata campagna di testing sulla popolazione della scuola dove si è riscontrato il potenziale focolaio.

È facile dedurre come, trattandosi di una popolazione giovane con livelli altissimi di asintomatici (tra il 70 e il 75% sui soli casi individuati), in passato sfuggissero alla statistica molti soggetti positivi ma del tutto privi di sintomi. Oggi gli stessi soggetti, sottoposti a screening immediato, emergono aumentando il numero (e il peso relativo) dei più giovani rispetto alla popolazione generale. La variazione della strategia di testing, dimostra che i casi nelle scuole non venivano individuati soprattutto perché non si cercavano. Adesso si cercano, e si trovano.

FOCUS CONTAGI REALI

Conoscere con precisione quanto sia il numero reale di contagiati in Italia non è facile: forse lo si accerterà solo a conclusione di un’indagine più approfondita per la ricerca degli anticorpi nella popolazione italiana. Possiamo però tentare alcune approssimazioni, incrociando i dati disponibili. Partiamo dalla prima fase dell’epidemia: qui ci viene in aiuto la prima (e purtroppo unica) indagine Istat / Iss condotta all’inizio della scorsa estate su un campione di 64.660 persone rappresentativo della popolazione italiana, con la ricerca degli anticorpi al nuovo Coronavirus. Dai dati pubblicati il 5 agosto sappiamo che, a fronte di 248.803 positivi individuati con i test tampone, gli anticorpi risultavano presenti in 1.482.377 soggetti: un numero 6 volte superiore a quello dei numeri ufficiali. La valutazione della seconda fase dell’epidemia, tuttavia, deve tenere conto di alcuni elementi aggiuntivi: in primo luogo il numero dei tamponi eseguiti è aumentato in modo evidente, arrivando fino a un massimo di 254.908 tamponi molecolari lo scorso 13 novembre, consentendo di indagare non solo il bacino dei soggetti sintomatici (e non tutti, nella prima fase) ma di estendere la ricerca all’individuazione di molti asintomatici.

La recente introduzione dei test antigenici rapidi nel conteggio ufficiale, a partire dal 15 gennaio, ha ulteriormente incrementato il numero dei test totali giornalieri, fino a superare a volte quota 350.000. In altri termini, oggi siamo in grado di individuare molti più soggetti positivi di quanto fossimo in grado di fare la scorsa primavera.

Un secondo elemento che ci può aiutare nella valutazione del numero dei casi reali è il dato dei nuovi ingressi giornalieri in terapia intensiva: un valore che viene comunicato a partire dal 3 dicembre 2020, ma che ormai si è consolidato e restituisce un rapporto di 1 a 200 tra ricoverati in area critica e ipotetici contagiati reali.

In altri termini, se consideriamo il numero dei nuovi ingressi in terapia intensiva nell’arco di una settimana epidemiologica e lo moltiplichiamo per 200, otteniamo con buona approssimazione il numero reale dei contagiati presenti sul territorio in un arco temporale compreso, in larga parte, tra le 2 e le 3 settimane prima. Questo valore lascia ipotizzare che, pur avendo incrementato il numero dei test tampone, ancora oggi riusciamo a individuare solo il 40-50% circa dei casi reali. Se ai 3.081.368 casi totali certificati l’8 marzo 2021 sottraiamo i 254.908 positivi ufficiali del 5 agosto 2020 otteniamo 2.826.460 positivi: ai quali possiamo attribuire un peso del 50%, come accennato prima, rispetto ai casi totali di contagio avvenuti sul territorio.

Avremmo quindi 5.652.920 positivi, ai quali sommare 1.482.377 di soggetti positivi agli anticorpi e individuati con la ricerca Istat/Iss: per un totale di 7.135.297 contagiati reali. Anche applicando percentuali più o meno generose, i soggetti venuti a contatto con il virus da inizio agosto ma non individuati sarebbero fra i 6 e gli 8 milioni.

VACCINI

Una buona notizia arriva dal fronte dei vaccini: con il procedere degli studi in corso il vaccino AstraZeneca, la cui efficacia ha suscitato dubbi in molti non addetti ai lavori perché inferiore a quella di altri, si sta dimostrando il migliore in assoluto (efficacia del 100%) nel prevenire le forme gravi della malattia. Se confermato, si tratterebbe di un risultato importantissimo in grado di trasformare una patologia grave in un disagio transitorio e con bassissimo rischio per la nostra salute.

Diventa ancora più importante, alla luce di questi dati, procedere il più rapidamente possibile con la campagna vaccinale: dopo aver messo in sicurezza le categorie a rischio (operatori sanitari e soggetti più deboli per particolari condizioni di rischio), ora è il turno di anziani, insegnanti e altre categorie lavorative a contatto con il pubblico.

Nel dettaglio sono stati vaccinati tutti gli operatori sanitari (ad eccezione dei pochi che hanno rinunciato), il 77% degli ospiti delle RSA, il 35% degli Operatori Scolastici, il 25% degli over 80, il 23% delle Forze Armate. Il totale delle prime dosi somministrate è 3.765.000 (6,3% della popolazione), il totale delle persone vaccinate con due dosi è 1.652.000 (2,8%).

Sul fronte internazionale è di rilievo la notizia che Israele, con la quasi totalità dei suoi cittadini che ha ricevuto almeno una dose di vaccino, può ripartire. E con la sicurezza che gli darà il Green Pass (doppia immunizzazione o guarigione dal virus), un documento che consente ai possessori di accedere ad un maggior numero di servizi rispetto a chi ancora lo deve ottenere. Il governo israeliano ha perciò dato il via libera a gran parte delle attività economiche, ai ristoranti, ai caffè, alle scuole (in alcune aree). Ok a eventi culturali, attrazioni turistiche e ristorazione negli hotel, che tornano operativi. L’aeroporto Ben Gurion dalle prossime ore darà l’autorizzazione al rientro di 3mila israeliani al giorno (senza previa autorizzazione), perché la quarantena per i non immunizzati sarà a casa propria.

In Inghilterra sono tornate le lezioni in presenza, dopo due mesi di didattica a distanza imposta dal coronavirus. Con la campagna di vaccinazione che va avanti a spron battuto (35% di vaccinati), la riapertura delle scuole costituisce infatti la prima fase di allentamento delle misure di lockdown in vigore dall’inizio di gennaio.

Nel complesso, però, i nuovi casi continuano ad aumentare: sono quasi 40 milioni in Europa e più di 116 milioni nel mondo. Il totale dei decessi è di 2.587.000

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