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In dieci anni

Atalanta, piccola grande Dea: dal Portogruaro al Real Madrid

Dieci anni fa l'Atalanta giocava con il Portogruaro, oggi con quella che il presidente Percassi ha definito l'Università del pallone

Il 21 febbraio 1971 Antonio Percassi debutta con l’Atalanta: 2-2, a Bergamo col Bari. Sono 50 anni esatti, giorno più, giorno meno. Una sola presenza in tutta la stagione, ma non è un’annata qualsiasi, perché l’Atalanta torna in Serie A dopo gli spareggi di Bologna battendo proprio il Bari (c’è perfino un’invasione di campo, partita sospesa ma con i nerazzurri già in vantaggio per 2-0 e quindi vittoria a tavolino) e il Catanzaro. Percassi calciatore promosso al primo anno: un segno del destino.

Mentre a Torino sta maturando un ragazzo, anche lui dopo aver fatto tutta la trafila delle giovanili, ma con la maglia bianconera della Juve. Si chiama Gian Piero Gasperini, è un centrocampista e nella Juventus non giocherà mai: lui in realtà è nato per fare l’allenatore e lo diventa allenando i ragazzi bianconeri, per ben nove anni, prima di fare il salto in serie C e salire via via fino a spiccare il volo verso la Serie A, con il Genoa.

Tanta gavetta, che comincia in panchina, nel 1994, proprio mentre Percassi, nato per fare il dirigente più che il calciatore, conclude la sua prima esperienza da presidente nell’Atalanta. Ma i destini dei due, prima o poi, devono incrociarsi: Percassi torna alla guida dell’Atalanta nel 2010 e l’anno dopo Gasperini sceglie il nerazzurro, ma è la sponda sbagliata e all’Inter l’avventura dura solo tre partite. Ci vorranno altri cinque anni, un’Europa raggiunta ma poi negata col Genoa (2015) perché alla società non viene concessa la licenza Uefa, prima che il Gasp si decida ad accettare l’offerta dei Percassi: per cambiare il calcio a Bergamo.

Dal sottoscala al salotto buono del calcio, dalle posizioni di coda alla zona Champions. Che a un certo punto diventa quasi un diritto acquisito, nemmeno il tifoso ci capisce più nulla, abituato ogni domenica all’ansia da pareggino (nel senso di punticino) per muovere la classifica, per arrancare verso la salvezza. Con Gasp, invece, comincia un’altra era.

La svolta porta la data del 2 ottobre 2016 e il Napoli si incrocia spesso sulla strada nerazzurra, ma non è facile fermare un treno ad alta velocità come la squadra del Gasp, che il 10 febbraio 2021 raggiunge la sua seconda finale di Coppa Italia in tre anni, battendo proprio gli azzurri. Che però, quel 2 ottobre 2016, sono ben altro Napoli. Gasperini con un po’ di incoscienza gioca al rischiatutto e mette in campo tutta la batteria degli sbarbati, Caldara, Gagliardini, Conti, Spinazzola, Petagna. Roba da far perdere il sonno al presidente e a tanti tifosi. Ma la fiducia è una cosa seria e Percassi in questo allenatore un po’ ‘matto’ crede fino in fondo: conoscete già la storia, da quella partita (gol vincente di Petagna) l’Atalanta infila una serie di risultati strepitosi e vola al quarto posto, che in altri momenti significherebbe già Champions League. Dovrà aspettare un paio di altri anni per arrivarci, sul podio della Serie A per due volte consecutive.

La ricetta dello chef Gasperini sembra semplice, ma non è così scontata. Il suo calcio libero fa diventare grandi i giocatori bravini e campioni quelli bravi, da Ilicic a Zapata, da Muriel allo stesso Gomez. La leggenda dice che un calciatore uscito dalla cura Gasp non riesca più a riprendersi e a riproporsi a quei livelli, altrove, ma è tutta da dimostrare e ci sarebbe più di un esempio di giocatori che si sono poi confermati a livelli alti con altre maglie, vedi Mancini, Spinazzola e altri.

Certo, ci vuole coraggio per sposare le idee del mister: il coraggio del presidente Percassi che inizialmente lo sostiene e quello dei giocatori che lo seguono, poi ripagati dalla crescita della squadra, di tutti. Il coraggio di un gioco che ha svoltato completamente, lontani da speculazioni sul risultato, con i difensori che partono come pirati all’assalto dell’area avversaria: una festa del pressing, nell’intensità di un calcio che pochi altri sanno proporre in Serie A. Che diverte e, particolare non secondario, produce tanti gol e tanti punti. Perché non si vive di sola gloria, la Dea è anche ambiziosa pur restando coi piedi per terra. Ormai il Gasp è riconosciuto come uno dei maestri del calcio europeo e…

E la storia a Bergamo è cambiata. Siamo ancora la provinciale. Sì, forse, però. Da 60 anni in Serie A, ormai l’Atalanta è stabilmente al tavolo delle grandi. C’era una volta il Portogruaro (con tutto il rispetto per i veneziani), ora il faccia a faccia è con Manchester City, Ajax, Liverpool, Real Madrid. Dopo aver bussato alla porta a Reggio Emilia, a Milano, ora la casa del grande calcio è Bergamo. Chissà se perfino Antonio Percassi, 50 anni fa, l’avrebbe immaginato…

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