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Bergamo segreta

Una pietra per salvare la propria anima: il Monte Avaro e la leggenda del patto diabolico

Nuova puntata della rubrica domenicale di BGY che fa tappa in Valle Brembana

Il Monte Avaro è una delle mete più ambite dagli appassionati bergamaschi di sport montani.

Dallo sci di fondo al trekking, la vetta brembana offre la possibilità di svolgere attività fisica in ogni stagione.

In molti non sanno che la località deve il proprio nome a una storia particolare che vide protagonista un allevatore di Cusio così taccagno da decidere di vendere la propria anima al diavolo.

Secondo la tradizione, il mandriano riponeva una maniacale attenzione ai propri averi tanto da disertare le funzioni religiose piuttosto di dover fare l’elemosina.

Escluso dalla comunità e costretto a vivere da eremita, il bovaro venne presto soprannominato “avarù”, epiteto che presto venne utilizzato per indicare l’alpeggio dove ogni estate faceva pascolare la propria mandria.

A differenza dei pascoli circostanti, quello di proprietà dell’allevatore si presentava assai povero, caratterizzato da molte pietre e da scarsa vegetazione, fondamentale per l’alimentazione degli animali.

In preda allo sconforto, un giorno il mandriano si disse pronto a cedere il proprio spirito al demonio in cambio di terreno rigoglioso e adatto al proprio bestiame, un desiderio che venne esaudito in pochi secondi.

Poco dopo aver invocato il diavolo, il cusiano se lo trovò davanti a sé, pronto ad accettare la proposta.

Terrorizzato dalla visione mostruosa, quest’ultimo si ricordò degli insegnamenti del proprio parroco che sottolineavano l’importanza dell’anima e il rischio di finire dritto all’inferno in caso di un’eventuale cessione.

L’allettante offerta avanzata da Belzebù deliziò tuttavia il bovaro che accettò l’offerta a patto che la trasformazione del pascolo fosse completata entro la mattinata successiva, per la precisione prima che il campanile di Cusio suonasse i primi rintocchi dell’Ave Maria.

Convito che fosse impossibile portare a termine in una sola notte un lavoro così ingente, il pastore brembano si dovette ricredere non appena vide arrivare una schiera di spiriti maligni pronta a completare l’ardua impresa.

A pochi minuti dal termine del tempo a disposizione, i diavoli si trovarono a dover trasportare un enorme macigno, particolarmente difficile da trasportare a valle.

Nonostante il grande sforzo, essi furono tratti in inganno dal fattore che, raggiungendo velocemente il paese, riuscì a convincere il sacrestano di anticipare di qualche minuto il suono dell’Ave Maria salvando così sé stesso.

Infuriato per il tiro mancino subito, il demonio fu costretto ad abbandonare la zona del Monte Avaro senza il proprio bottino, lasciando le proprie impronte sull’unica pietra rimasta.

Fonti

Tarcisio Bottani, Wanda Taufer; Leggende bergamasche illustrate; Bergamo; Corponove; 2010

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