Stanno vivendo un sogno i tifosi bergamaschi: mai in oltre 110 anni di storia l’Atalanta ha vissuto momenti tanto esaltanti per un periodo così lungo e duraturo.
Il gruppo che vinse l’unico vero trofeo del club nerazzurro, la Coppa Italia del 1963, arrivò al massimo sesto in Serie A (9° nel 1960-’61, 6° nel 1961-’62, 8° nel 1962-’63, 11° nel 1963-’64), mentre l’altra Atalanta che scrisse la storia, quella del Mondo alla fine degli anni ’80, si ritagliò il suo spazio come grande sorpresa conquistando la semifinale di Coppa delle Coppe. Ma era una formazione di Serie B, una Cenerentola.
Dati alla mano, dunque, viene automatico pensare che l’attuale Dea guidata da Gasperini possa essere considerata senza ombra di dubbio la miglior Atalanta della storia.
Ma… c’è un ma. Per diventare leggenda il tecnico piemontese sa benissimo che serve qualcosa che resti per sempre. Qualcosa come un trofeo. Una bella Coppa Italia, magari.
La grande rivalità che è nata con la Lazio è figlia proprio di questo, della grande amarezza che la sconfitta della finale del 15 maggio 2019 ha lasciato al Gasp e al gruppo: tutti volevano quella Coppa Italia per entrare e restare per sempre nella storia del club bergamasco.
“È bellissima questa Atalanta, ma cosa ha vinto?” è la domanda che più spesso gli addetti ai lavori si lasciano scappare quando si parla della banda di Gasperini. Che, a onor del vero, qualche soddisfazione se l’è anche tolta nelle ultime quattro stagioni: due qualificazioni in Europa League (quella del 2017 arrivata 27 anni dopo l’ultima), un quarto, un settimo e due terzi posti in Serie A, due qualificazioni consecutive agli ottavi di finale di Champions League, un quarto di finale di Champions League. E anche quella finale di Coppa Italia che, seppur persa, rappresenta comunque un traguardo formidabile.
![Gasperini](https://www.bergamonews.it/photogallery_new/images/2019/09/gasperini-658905.jpg)
Ora, Gasperini punta forte il trofeo: ha voglia di concretizzare questo periodo fantastico con qualcosa che resterebbe per sempre. A maggior ragione nella bacheca di una società che finora ha vinto una sola coppa ufficiale. Quasi sessant’anni fa.
La Coppa Italia (e questa semifinale col Napoli) rappresenta un’occasione ghiotta. Si può spiegare così il riposo di Pessina – ormai diventato un perno fondamentale dello scacchiere bergamasco – domenica con la Lazio, rimasto a guardare i compagni in difficoltà anche quando ci sarebbe stato bisogno del suo equilibrio in campo, tra la mediana e l’attacco.
E sarà difficile biasimare Gasperini se anche sabato col Torino il mister si affiderà a una sorta di turn-over in vista della semifinale di ritorno che si giocherà mercoledì prossimo a Bergamo: provare a vincere questa Coppa Italia è troppo importante. Per il club. Per lui.
E se anche dovesse andare male, mancherebbero 17 partite di campionato. Il tempo per tentare di scalare la classifica non mancherebbe affatto.
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