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Soria delle epidemie 6

Caccia al lebbroso nel Medioevo: per una epidemia meno infettiva, ma più temuta

Tutte le persone che presentavano deturpazioni del volto o del corpo dovevano indossare abiti speciali, con una croce gialla cucita dinnanzi che permettessero agli altri di riconoscerli prontamente

La lebbra, come già accennato nella prima puntata (leggi), è nota fin dagli albori della Storia.

Anche la Bibbia ne parla, fornendo alcuni degli elementi che hanno caratterizzato il giudizio e l’atteggiamento di ostracismo nei confronti dei lebbrosi. In tal senso è significativo un passo del Levitico nel quale il Signore rivolgendosi a Mosè e ad Aronne spiega quali sono le manifestazioni della lebbra e il modo in cui il sacerdote deve giudicare la malattia, concludendo nel modo seguente: “Per tutto il tempo che è lebbroso e impuro, starà solo, fuori dagli accampamenti” (Levitico 13, 46). Questo versetto è ulteriormente esplicitato nell’ingiunzione rivolta a Mosè: “Ordina ai figli di Israele che mandino via dagli accampamenti tutti i lebbrosi […]. Uomo o donna che sia, mandatelo fuori dal campo, affinché non lo contamini mentre io abiterò con voi” (Numeri 5, 2). Attraverso i testi biblici si sono dunque fissati alcuni elementi che caratterizzano la storia della patologia: la lebbra implica l’esclusione dalla comunità; è giudicata da un sacerdote e costantemente associata all’idea di una punizione divina per i peccati commessi.

Con ogni probabilità, a introdurre la lebbra in Occidente, nel IV secolo a.C., furono le milizie di Alessandro il Grande di ritorno dall’India. Da qui il morbo ebbe modo di diffondersi in Europa per via dell’espansione romana ed in Britannia, Gallia, Pannonia e Scandinavia, come è dimostrato dai ritrovamenti archeologici di alcuni scheletri di malati di lebbra.

Con l’editto emanato dal re longobardo Rotari (643), abbiamo testimonianza della presenza della lebbra anche in Italia. L’editto descrive i comportamenti da adottare e le azioni da eseguire in caso di lebbra ricalcando notevolmente il più antico e già citato modello biblico. Era pertanto necessario sottoporre al giudizio del magistrato o del popolo il sospetto malato e, nel caso di sospetto positivo, si doveva prontamente escludere dalla società (civitas) e dalla dimora il lebbroso, che perdeva il diritto suoi propri beni che venivano subito bruciati per evitare ulteriori contagi, poiché “è come se egli fosse morto”.

Ancora nell’anno 857, nel centro Europa, si hanno testimonianze: “Una gran plaga di vescicole turgescenti affliggeva la popolazione e consumava gli individui di detestabile putredine, talché le membra gangrenose si distaccavano prima della morte”, come ci riporta uno scritto dell’epoca.

Sempre presente nei secoli, la lebbra anche nell’Alto Medioevo era comune causa di morte; ma altre malattie infettive erano presenti, come le malattie esantematiche (morbillo e varicella) non diagnosticate singolarmente e spesso confuse con vaiolo, tetano, tubercolosi, che producevano ulcere, piaghe e degenerazioni dermatologiche cospicue, tali da far apparire i malati come impuri, contaminati e sgradevoli da vedere.

Tra il X e l’XI secolo, la lebbra conobbe un periodo di regressione, per poi riprendere in modo virulento fra la fine del 1100 e l’inizio del 1200. Per limitare la diffusione di questa e di altre malattie contagiose, si decise di isolare le persone malate, Fu così che ebbe inizio la “caccia al lebbroso“, considerato alla stregua di eretici, stregoni e criminali, che ebbe il suo culmine massimo fra l’XI ed il XIV secolo. La persecuzione, portata avanti da esponenti del clero o da magistrati, che di fatto sconoscevano del tutto le pratiche mediche, sottolinea come l’obbiettivo ultimo di questi processi, era proprio quello di sbarazzarsi dei malati e per tale ragione, venne creata una società parallela fatta solo per loro.

Tutte le persone che presentavano deturpazioni del volto o del corpo dovevano indossare abiti speciali, con una croce gialla cucita dinnanzi che permettessero agli altri di riconoscerli prontamente. Inoltre, dovevano indossare campanelli o sonagli per permettere agli altri viandanti di accorgersi per tempo della loro presenza e di allontanarsi al loro passaggio ed a tenere in mano un caratteristico bastone per indicare ciò che volevano acquistare evitando ogni contatto, seppur minimo, con il mondo dei sani. Furono perfino istituite chiese a parte e cimiteri separati.

Vennero quindi istituzionalizzati luoghi preposti alla loro segregazione, i lebbrosari: il numero di lazzaretti in Europa ammontò a 19.000, di cui soltanto 2000 in Francia.

Il clima che si venne a creare in quegli anni fu drammatico e si distinse da società a società: in alcuni luoghi si assisteva alla cura caritatevole del lebbroso, in altri, il lebbroso era addirittura condannato al rogo. Si riteneva, quindi, che questa malattia fosse estremamente contagiosa, mentre invece oggi è noto che il germe della lebbra è caratterizzato da una bassa infettività, tanto da essere dichiarata ufficialmente una malattia del passato, relegata negli annali della storia al pari della peste bubbonica o il vaiolo. Nel 2000, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha annunciato che la lebbra, grazie al fatto che c’era un caso ogni 10.000 persone, non era più un problema di salute pubblica. Cionondimeno, in tutto il mondo più di 210.000 persone contraggono annualmente la lebbra.

La lebbra è una malattia infettiva causata dal Mycobacterium leprae scoperto da Gerhard Armauer Hansen nel 1837. Da sempre la lebbra è stata oggetto di fraintendimenti, superstizioni e credenze che hanno avuto conseguenze spettacolari ed allo stesso tempo disastrose, sul modo di curarla e comprenderla. Tutto ciò è legato ad uno spiccato polimorfismo di sintomi clinici. Come altre malattie epidemiche, la lebbra ha avuto un impatto decisivo sulla realtà sociale e demografica influenzando i comportamenti sociali e sanitari.

La malattia si è imposta nella cultura giudaico-cristiana tanto da essere assai citata nella Bibbia come un morbo immondo da temere e da scacciare con riti e sacrifici. Già dalle espressioni bibliche, di cui abbiamo detto, è facile intuire come caratteristica chiave di questa malattia infettiva sia la totale esclusione dalla società e l’associazione della patologia ad un castigo divino per i peccati commessi. Tuttavia, con le soli fonti bibliche è difficile accertare la reale presenza della lebbra, difatti, è possibile si tratti di altre patologie che, come la lebbra, avevano la caratteristica di produrre ulcere, escoriazioni, piaghe e degenerazioni dermatologiche tali da conferire al malato un aspetto macabro e sgradevole alla vista.

Un evento utile a mettere in luce la storia della deturpante malattia è stato il ritrovamento, nel 2017 nel lebbrosario St Mary Magdalen, nei pressi di Winchester, dello scheletro di una vittima della lebbra, tra i 18 e 25 anni, risalente al periodo medievale. I resti si trovano in uno dei primi lebbrosari noti in Gran Bretagna, probabilmente risalente agli anni immediatamente successivi alla conquista normanna del 1066. I ricercatori ritengono che l’uomo fosse un pellegrino religioso che arrivava dalla Spagna e che potrebbe aver contratto la malattia mentre viaggiava in Europa.

La domanda che fino ad allora ci si poneva era: “Perché la lebbra, che esisteva da secoli, proprio in quel momento, ha improvvisamente trovato una strada e avuto un impatto notevole sulla società europea occidentale?” I resti del lebbroso, ci offrono quindi una risposta, uno dei motivi per cui la lebbra si è diffusa nel Medioevo. Come detto, i pellegrini viaggiavano verso luoghi lontani, ma il fatto sorprendente è che vicino all’uomo, probabilmente spagnolo, gli archeologi delle università di Winchester e Surrey, hanno trovato una conchiglia che veniva data a chi aveva completato il lungo percorso per giungere al santuario di San Giacomo a Santiago di Compostela, in Spagna. Il pellegrinaggio al noto santuario è si è diffuso in modo particolare tra la fine dell’XI secolo e la fine del XII, in concomitanza con la diminuzione degli attacchi musulmani alla penisola iberica. Il cammino di Santiago, insieme a quelli a Gerusalemme e Roma, nel periodo medievale ha rappresentato uno dei tre grandi pellegrinaggi, ma anche una concausa di malattie infettive.

Sempre negli stessi secoli, l’Europa era pervasa da una rinascita religiosa che non si limitava ai suddetti pellegrinaggi, ma che sfociò nelle prime tre Crociate (1096, 1146, 1187, le date d’inizio) che con i continui spostamenti, battaglie, assedi e quant’altro, provocarono sovraffollamenti dentro e fuori le mura delle città. A causa delle scarse condizioni igieniche, della scarsa disponibilità di acqua e cibo sano e della mancanza di cure efficaci, non era perciò raro contrarre varie malattie, tra le quali, per l’appunto, la lebbra.

Ai soldati colpiti da tale malattia non era concesso, per ovvi motivi, di rimanere tra i ranghi del proprio ordine di appartenenza e venivano quindi inviati in un grande lebbrosario dove ricevevano e prestavano cure atte ad alleviare la propria ed altrui sofferenza. I cavalieri a cui veniva diagnosticata la lebbra, vista la lenta progressione di tale patologia, durante le prime fasi della malattia erano considerati comunque in grado di combattere efficacemente. Fu quindi nel 1099, al culmine della Prima Crociata, che venne deciso di creare un ordine militare che comprendesse tutti quei soldati che, seppur malati, avevano ancora la forza di combattere e ad esso venne dato il nome di Ordine di San Lazzaro di Gerusalemme. Esso era un Ordine Cavalleresco Militare ed Ospitaliero ed era in origine impiegato per difendere da infedeli e predoni gli stessi ospedali da cui ricevevano cure e dove venivano curati anche tutti i feriti di ogni altro ordine.

Tale ordine era costituito da tutti coloro a cui era stata diagnosticata la lebbra, indistintamente dall’ordine di appartenenza, da chi soffriva di altre malattie infettive ma anche da uomini sani che volevano servire a fianco dei cavalieri e non avevano la possibilità di unirsi ad altri ordini cavallereschi. L’Ordine di San Lazzaro era tenuto in grande considerazione dai re cristiani di Gerusalemme e vide un netto rafforzamento quando nel 1174 salì al trono un giovane ammalato di lebbra: Re Baldovino IV d’Angiò. I Lazzariti furono indispensabili per la cura del giovane Re e così si guadagnarono la fiducia, oltre che del già citato Re, anche di tutta la sua famiglia il che portò notevoli benefici all’Ordine.

L’Ordine conobbe giorni di gloria ed era temuto dal nemico non solo per il fatto che i loro cavalieri portavano con loro quella terribile malattia, ma anche perché, avendo già accettato il loro inevitabile destino, combattevano con incredibile audacia e sprezzo del pericolo. Il culmine delle loro gesta si ebbe durante la battaglia che nel 1183 portò alla vittoria dei Cristiani sul feroce Saladino.

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