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L'intervista

Oliviero Bergamini: “Biden andrà avanti, ma l’America resta spaccata in due”

Parla il giornalista bergamasco, già corrispondente dagli Stati Uniti, docente di Storia dell'America: "Il ruolo delle forze dell'ordine in questo attacco rimane un grande punto interrogativo"

Il 2021 si è aperto per l’America con lo shock dell’assalto di centinaia di fan di Donald Trump al Congresso a Washington, mentre deputati e senatori erano convocati per certificare la vittoria di Joe Biden alle elezioni presidenziali. Il bilancio “fisico” è di 4 i morti, 13 i feriti, 52 gli arresti, ma il bilancio sociale e politico è molto più pesante.

Anche se alle 10 di giovedì 7 gennaio (ora italiana) Joe Biden e Kamala Harris sono stati proclamati dal Congresso rispettivamente presidente e vice presidente degli Stati Uniti, tuttavia retsano strascichi enormi, come ci ha spiegato Oliviero Bergamini, bergamasco, docente di Storia dell’America e giornalista, già corrispondente dagli Usa, oggi vicedirettore di Rainews24.

Professore, qual è il clima che si respira negli Stati Uniti adesso?

Si parla di uno pseudo ritorno alla normalità con la certificazione ufficiale dell’elezione, quindi, sì, si andrà avanti, ma restano le divisioni profondissime che stanno lacerando l’America da anni ormai, ma che ora non fanno che aumentare.

Cosa intende?

Stiamo parlando fondamentalmente di due Americhe, una che sostiene Biden e una che continua a credere che le elezioni siano state truccate e che Trump dovesse venire riconfermato. Che è fortemente convinta del fatto che esista un’America elitaria e corrotta che ingiustamente detiene il potere e che opprime la vera America conservatrice. Questa divisione rimane, nonostante la conferma ufficiale dell’elezione di Biden.

Che effetto avrà questo evento? Aiuterà o danneggerà Trump a livello di consenso popolare? 

È una questione ancora aperta di cui non possiamo oggi avere risposte chiare. Bisogna, infatti, capire che effetto avrà sul ‘trumpismo’. Sembrerebbe da una parte che ciò che è accaduto abbia indebolito il consenso in suo favore, tanto è vero che molti repubblicani si sono già dissociati dal sostenerlo. Dall’altra, tuttavia, pare che Trump non voglia assolutamente arrendersi e che, quindi, la situazione possa esasperarsi in favore dell’idea che Biden sia un presidente usurpatore. I prossimi mesi ci permetteranno di sapere se si tratta di un boomerang per Trump o di un elemento a suo vantaggio.

Da storico, è mai successo un fatto del genere nella storia americana?

No, non è mai successo. L’unico momento nella storia americana in cui venne contestata e discussa un’elezione è stato nel 1876 con i due candidati Hayes e Tilden: il risultato elettorale raggiunto non garantiva l’elezione di nessuno dei due. Perciò si giunse a un “compromesso” per poter risolvere positivamente la controversia: la carica ad Hayes in cambio del ritiro definitivo dell’esercito federale dal Sud. Ma era un periodo storico profondamente diverso, c’era la lacerante spaccatura tra nordisti e sudisti e schiavisti e non schiavisti: da quel momento non è mai stata messa in discussione l’elezione di un candidato. E, comunque, si trattò di un compromesso e non di uno scontro. Così come non è mai successo che il rivale e il candidato sconfitto non riconoscesse pubblicamente la vittoria dell’avversario.

Ritiene che l’attacco al Campidoglio potesse essere prevedibile?

Da giorni c’era tanta retorica incendiaria attorno all’elezione di Biden, ma forse un’irruzione del genere non era possibile prevederla. Certo è che le forze dell’ordine si sono fatte trovare impreparate.

Ecco, inizia a diffondersi molto astio nei confronti della polizia paragonando come ha reagito in questo evento e durante le proteste del movimento Black Lives Matters…

Il ruolo delle forze dell’ordine in questo fatto rimane un grande punto interrogativo. Come è avvenuto veramente? Come mai hanno lasciato entrare i manifestanti? Non si sa ancora bene. Ma certamente erano impreparati ed è stata insufficiente la protezione al Campidoglio. E la violenza del movimento Black Lives Matters non si può paragonare, come stanno facendo alcuni telegiornali di destra, a quella avvenuta a Capitol Hill, perché i manifestanti del BLM non sono mai entrati nel Parlamento e dietro le loro azioni non c’era la spinta del Presidente.

Ciò che è accaduto come fa a convivere con la grande democrazia americana che ci viene sempre raccontata? 

Mi permetto di citare il titolo di un libro che ho scritto qualche anno fa: “Democrazia in America?“. Era il 2004 e già allora i tempi erano maturi per domandarsi quanto effettivamente fossero da considerarsi democratici gli Stati Uniti. Oggi, con il meccanismo interrotto per un attimo con l’incursione in Parlamento (anche se si riprenderà), rimane il fatto che la democrazia in America mostra le sue profonde contraddizioni. Basti pensare alla bassa partecipazione dei cittadini alle elezioni (circa il 20-30%) e già questo limita profondamente un sistema veramente democratico. Oppure è emblematico il sistema maggioritario che, di fatto, può permettere l’elezione di un candidato che ha ricevuto meno voti dell’altro, come per il caso di Trump contro Clinton. Perciò dobbiamo iniziare a capire che la democrazia in America è in realtà un mito e una storia che ci viene raccontata che, però, non ha fondamenta solide, ma, anzi, laceranti contraddizioni basate su divisioni sociali lancinanti.

Cosa succederà, quindi, dal 20 gennaio?

Biden entrerà ufficialmente alla Casa Bianca e tutto andrà come deve. Ma sarà veramente in grado di guarire le ferite e sanare le divisioni non solo tra gli americani, ma, anche, all’interno del suo stesso partito? In più, non possiamo prevedere cosa farà Trump. Sembra che continuerà a sostenere che Biden sia illegittimo e a combattere, come ha da poco dichiarato, per fare l’America grande di nuovo: ciò che questo significherà, lo vedremo solo con il tempo.

Si riuscirà mai a trovare una cura per queste ferite e unire, finalmente, le due Americhe?

La strada da fare è ancora troppo lunga perché per poterla veramente ‘guarire’ bisogna affrontare problematiche gigantesche che, seppur in numeri ridotti, coinvolgono anche l’Europa. Bisognerebbe risolvere problemi epocali come il repentino cambiamento dell’economia globale, l’invecchiamento generazionale, il grande flusso migratorio. Questioni enormi che neanche un Presidente eletto da numerosissimi cittadini come Biden potrà risolvere in uno o più mandati.

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