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La riflessione

“Hai lo stipendio fisso? Non devi scioperare”: l’astio infinito verso i dipendenti pubblici

Solo alcune delle polemiche che da pochi giorni, dopo che è stato indetto lo sciopero della pubblica amministrazione per il 9 dicembre, iniziano a circolare anche sui social nei post di politici bergamaschi e non

Hai uno stipendio fisso? Allora non è opportuno che tu scioperi in questo preciso momento storico.

Non è rispettoso nei confronti di chi, invece, non ha questo privilegio, ma chissà se l’anno scorso, nello stesso periodo, avrebbe fatto cambio con un dipendente pubblico, accettando di prendere lo scarso stipendio di un insegnante, di un dipendente delle poste o di un ufficio comunale.

E, ancora, l’evidenza che i dipendenti pubblici prendono lo stipendio non facendo niente è dimostrato dal fatto che lo sciopero è indetto in un giorno dopo un ponte.

Non hai timori sul tuo futuro occupazionale? No, quindi zitto, e vergognati di aver partecipato a uno sciopero che cerca di tutelare i diritti dei dipendenti pubblici perché, dopo tutto, non hai il diritto di scioperare in questo momento storico visto che non stai soffrendo la fame.

Sono queste solo alcune delle polemiche che da pochi giorni, dopo che è stato indetto lo sciopero della pubblica amministrazione per il 9 dicembre, iniziano a circolare anche sui social nei post di politici bergamaschi e non, come Giorgia Meloni (Forza Italia) e Carlo Calenda (Azione) che lo ha definito “lo sciopero dei lavoratori più garantiti in assoluto“.

Un’antipatia atavica e ormai troppo radicata nel nostro Paese che è arrivata, addirittura, a far considerare vergognoso uno sciopero legittimo richiesto per tutelare i diritti al lavoro di migliaia di persone che, come tutte le altre categorie in Italia durante l’emergenza sanitaria, hanno dovuto rimodulare il proprio lavoro e vedersi svanire delle promesse: come, ad esempio, il concorso straordinario e ordinario degli insegnanti, rimandato a chissà quando, impedendo, di fatto, nuove assunzioni e il turn over nel mondo della scuola.

Dopotutto è l’annoso problema dell’Italia: i dipendenti statali sono considerati scansafatiche, quelli che fanno timbrare il cartellino dai colleghi e che rubano lo stipendio dovendo stare solo dietro ad una scrivania. Favorito da, ahinoi, vicende di furbetti dipendenti pubblici, il pregiudizio del dipendente pubblico che vive nella bambagia senza fare niente, è difficile da estirpare.

Così si fa di tutta l’erba un fascio, non capendo che si alimenta solo odio nei confronti di una categoria che, evidentemente, non potrà mai fare abbastanza per togliersi quello stigma.

Neanche lavorare duramente in piena pandemia mondiale, come tutti, del resto. Ma perché il lavoro del dipendente pubblico deve essere considerato non sufficiente e dietro al quale, sicuramente, ci deve essere per forza un inganno e un furbo che dichiara di star lavorando quando invece non è vero?

E perché solo per i dipendenti della pubblica amministrazione ora viene chiesta a gran voce una misurazione puntuale della produttività dei singoli reparti della PA? Così da aprire finalmente il vaso di pandora e svelare cosa hanno fatto durante il lockdown.

Hanno lavorato, questo hanno fatto.

Eppure, sotto sotto, si continua a pensare di no, è innegabile, se no non sarebbe motivabile l’astio con cui viene così duramente contrastato lo sciopero della pubblica amministrazione italiana. Uno sciopero legittimo e doveroso indetto dai sindacati che chiedono l’assunzione dei precari, di cui 60 mila nella sanità e il rinnovo del contratto con un adeguamento salariale. I sindacati pongono poi il problema della sicurezza per i lavoratori e gli utenti “visto che mancano ancora adeguati dispositivi di protezione in tutti i luoghi di lavoro”, come hanno dichiarato i sindacati.

Tutte richieste non ritenute legittime, tuttavia, da chi, ancora una volta, non riesce a sradicarsi dalle convinzioni di una vita: pubblica amministrazione uguale scansafatiche. Basti guardare l’astio che ormai da mesi si è creato attorno alla categoria degli insegnanti che per l’opinione pubblica non ha lavorato durante i mesi di lockdown e continua a non farlo a causa della modalità a distanza della didattica che, secondo i benpensanti di questo Paese, ovviamente equivale ad una vacanza prolungata.

Eppure si lavora, tanto. E non si è mai smesso di lavorare. Molti docenti, anzi, non hanno mai smesso di andare nell’istituto scolastico per garantire la didattica in presenza agli alunni con bisogni educativi speciali, così come per i dirigenti scolastici.

Ma, ancora una volta, non è abbastanza e, anzi, il mondo della scuola così come quello di tutto il mondo della pubblica amministrazione deve vergognarsi per voler accedere ad un diritto garantito a tutte le categorie.

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