“Adesso che il Coronavirus, nel bel mezzo della seconda ondata, ha inondato il globo senza risparmiare nessuno, è facile dimenticare quanto fosse sola l’Italia a febbraio. Sola tra le democrazie occidentali, di fronte a una minaccia da combattere senza libretto delle istruzioni”. Il New York Times torna a occuparsi di Bergamo e dei “dieci giorni di indecisione” che l’hanno resa uno dei focolai Covid più letali d’Europa. Un viaggio a ritroso nel periodo più buio dell’epidemia, quando “gli ospedali si trasformavano in obitori di fortuna” e “lunghe file di bare davano vita a scenari desolanti”.
L’inchiesta, firmata dal corrispondente italiano della testata, Jason Horowitz, prova a fare ordine in quei giorni in cui regnavano confusione e incertezza. Soprattutto, riaccende il faro sulle “indicazioni fallaci” e i “ritardi burocratici” che avrebbero favorito la diffusione del virus: dai limiti dei protocolli che hanno finito col confondere i medici alla perenne carenza di tamponi, dai rinvii del governo sulla zona rossa alle presunte pressioni delle lobby industriali. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte – riporta il giornale americano – avrebbe declinato le richieste di un’intervista, negando però di aver ricevuto pressioni da parte di Confindustria mentre il suo governo decideva cosa fare a Bergamo.
Bergamo, Italy became one of the deadliest killing fields for the coronavirus in the Western world.
A Times…
Pubblicato da The New York Times su Domenica 29 novembre 2020
Il quotidiano statunitense racconta di come non furono testati i primissimi ad ammalarsi, seguendo le linee-guida dell’Oms che raccomandavano i test “solo per chi aveva legami con la Cina”. Racconta di quando il 20 febbraio Annalisa Malara, medico di Codogno, decise di “rompere il protocollo” e “testare un uomo che mostrava una polmonite che non rispondeva alle cure standard”: sarebbe diventato il primo caso nazionale.
Anche attraverso numerose interviste, il giornale ripercorre le drammatiche tappe della diffusione dell’epidemia e il contrasto tra governo centrale ed autorità locali, che generarono “dieci giorni di indecisione”, con scelte prese in ritardo o non prese affatto. E quando “l’Italia ha bloccato l’intera Regione e poi l’intero Paese, Bergamo era persa”.
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