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Cinema

La recensione

“La belva”: storia ad alta tensione targata Netflix

Un ex soldato delle forze speciali dell’esercito italiano sarà costretto a diventare un nemico pubblico pur di ritrovare la figlia rapita

Titolo: La belva

Genere: Action

Regia: Ludovico Di Martino

Interpreti: Fabrizio Gifuni, Lino Musella, Monica Piseddu, Emanuele Linfatti, Andrea Pennacchi

Durata: 90’

Valutazione: ***

Programmazione: Netflix

Leonida Riva (Fabrizio Gifuni) è uomo silenzioso, mite e solingo che da qualche tempo ha fatto ritorno dalla sua famiglia. È un reduce di guerra e per 30 anni ha servito con onore il proprio Paese come Primo Capitano nelle Forze Speciali dell’Esercito. Tale singolare impiego lo ha però costretto, negli anni, a prolungati periodi di assenza e di lontananza dagli affetti più cari e per questo, una volta tornato, la situazione in casa non è delle migliori: la moglie lo tratta come un estraneo ed il figlio maggiore Mattia non riesce a perdonargli di averli abbandonati, mentre Teresa, secondogenita giovanissima ed innocente, lo adoro a discapito di tutto.

Una sera i figli dell’ex soldato escono insieme e, in un momento di distrazione dovuta all’incontro con alcuni amici, Mattia perde di vista la piccola Teresa che viene misteriosamente rapita. L’allerta viene diramata in tutti i commissariati ma Leonida, ben conscio del fatto di essersi fatto molti nemici durante la sua carriera pluridecorata, decide di agire da solo con, per usare un eufemismo, metodiche poco convenzionali. Le indagini costringeranno l’uomo ritrovare una parte di sé stesso che pensava sepolta anni addietro, conducendolo così su di una strada che lo porterà, per amore, a diventare un vero nemico pubblico.

Sulle orme di produzioni ben più note come le saghe di “Taken” o di “John Wick”, che vedono come protagonisti rispettivamente Liam Neeson e Keanu Reeves, “La belva” rappresenta l’esemplificazione in salsa italiana di come l’adagio “non svegliare il can che dorme” sia un detto che va ricordato sempre. La pellicola di Di Martino muove infatti i suoi passi all’interno del canovaccio tipico di tutti quegli action movie in cui un personaggio, calmo e mite in apparenza, sarà costretto a scavare a fondo nel proprio armadio per tirare fuori tutti quegli scheletri che gli permetteranno di sconfiggere il malvivente di turno.

In questo caso specifico, proprio come in “Io vi troverò”, l’eroe è un ex agente operativo delle forze speciali, grande esperto di combattimenti all’arma bianca e armi da fuoco e con un’impressionante capacità di uccidere o di recare dolore al prossimo senza mostrare particolari remore o rimorsi.

la belva

Mosso dall’amore che solo un padre può provare verso una figlia, e forse un po’ anche dal senso di colpa per averla abbandonata negli anni precedenti, Leonida si mostrerà pronto a tutto pur di riportare a casa la piccola “Terri”, persino a commettere gesti estremi.

Calzati perfettamente i panni di Leonida, Fabrizio Gifuni trasmetterà con efficacia allo spettatore tutto il patema d’animo di un uomo che ha vissuto, per sua sfortuna, un’esistenza perennemente in bilico tra la vita e la morte, tra ciò che è giusto, le numerose missioni portate a termine, e ciò che è sbagliato, i modi con cui spesso ha perseguito i suoi fini, e più di tutto tra quello che il suo Paese gli chiedeva incessantemente, missioni, rapporti e segretezza, e ciò che invece il suo ruolo di padre gli imponeva, essere presente per la famiglia, amare sua moglie e veder crescere i suoi bambini. Tra le varie opzioni citate precedentemente bastano pochi sguardi disincantati in camera di Leonida per far capire allo spettatore quali scelte abbia compiuto l’uomo durante la sua intera vita, portandolo così alla tragica posizione in cui si trova ora.

Forse sarebbe potuta andare diversamente o forse, per iniziare un percorso di auto perdono necessario per convivere con le proprie colpe, era necessario che Leonida riaffrontasse quel passato che troppo a lungo aveva nascosto sotto il tappeto.

In un percorso fatto di violenza, inganni e redenzione, “La belva” è l’ennesima prova che il cinema italiano ha ancora molto da dare al mondo dell’arte.

Battuta migliore: “Io so cosa provi, tu non vedi l’ora di buttarti nel vuoto!”

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