Stimata Direttrice,
Le scrivo con ancora sotto gli occhi le immagini della vergognosa intimidazione subita giovedì sera dal nostro sindaco Gori. Gli insulti, le grida e soprattutto la scelta di circondare minacciosamente la sua abitazione privata sono assolutamente inaccettabili.
Tutto è nato da una protesta partita davanti al Comune, di cui capisco perfettamente le ragioni: i timori per il futuro e l’esasperazione di tanti miei concittadini. Bergamo ha sofferto in un modo indicibile durante la scorsa primavera e a tratti si è sentita abbandonata e sacrificata: soprattutto, rimane una ferita lacerante il pensiero che, se si fosse agito più tempestivamente per arginare il contagio nella sua fase iniziale, tanto dolore e tanti lutti ci sarebbero stati risparmiati.
Oggi, la nostra città si trova fortunatamente in una situazione meno grave rispetto al resto della Regione; ma, malgrado ciò, è stata coinvolta nel nuovo lockdown, che è arrivato come una doccia gelata sulla speranza di ripresa e di ritorno alla normalità che negli scorsi mesi si era timidamente avviata.
Mi rendo conto che la nuova chiusura viene sentita come ingiusta e catastrofica; ma non credo che si potesse evitarla ancora a lungo. Purtroppo, anche nella nostra città i numeri dei nuovi casi stanno salendo, seppure più lentamente che altrove e la vicinanza con le province più in difficoltà fa temere che il virus possa riprendere a circolare pericolosamente anche da noi.
Proprio la nostra storia recente ci ha insegnato che il contagio è come un incendio: va spento subito, ai primi focolai, altrimenti divamperà distruggendo tutto… aspettare non sarebbe servito che a peggiorare la situazione sanitaria e, di conseguenza, quella economica e sociale.
Non dovremmo essere noi bergamaschi a insegnarlo al resto del Paese?
La legittima protesta non può poi sconfinare in un atto intimidatorio, che mi è sembrato l’iniziativa vergognosa di una minoranza e andrebbe come tale censurato da chi ha partecipato alla manifestazione iniziale.
Davanti alla casa del sindaco ho visto sventolare alcune bandiere dell’Italia: è mortificante vedere il simbolo della nostra unità nazionale, che dovrebbe essere ancora più salda in un momento così difficile, strumentalizzato come stendardo di un’area politica che semina il risentimento e la discordia, per sfruttare la rabbia e la disperazione delle persone comuni come armi contro il proprio avversario.
È un’area politica che ha sempre minimizzato il pericolo dell’epidemia o, addirittura, è arrivata a descriverlo come inesistente, frutto di un surreale complotto, insultando così la memoria dei nostri morti e delle nostre terribili sofferenze: è anche per loro responsabilità che il Paese si è fatto trovare impreparato dalla seconda ondata e si trova oggi sulla soglia di un nuovo incubo.
Come si può non prenderne le distanze?
Cara Direttrice, nell’esprimere una doverosa solidarietà al nostro sindaco, vorrei rivolgermi ai nostri concittadini: non lasciamoci ingannare.
Abbiamo di nuovo di fronte il nostro nemico, il virus e non serve a nulla litigare tra di noi, o prendercela con chi ha sbagliato e con chi sta ancora sbagliando (anche perché lo abbiamo fatto e lo stiamo ancora facendo un po’ tutti, ognuno al suo livello): serve invece essere uniti, capire cosa è più utile fare in questo momento, ritrovare la solidarietà che ci ha aiutato nei momenti peggiori della prima ondata.
Dobbiamo agire tutti insieme per superare un’altra volta il pericolo e per metterlo sotto controllo per il futuro. Altrimenti, sappiamo già come può andare a finire: e questa volta sarebbe, purtroppo, anche colpa nostra.
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