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Covid e restrizioni

“Anche noi ristoratori abbiamo colpe, non ci siamo mai ai tavoli che contano”

Francesco Longhi, titolare del LoRo di Trescore Balneario: "Non abbiamo un'associazione che ci rappresenta nei tavoli che contano. E oggi paghiamo tutti, anche per chi non ha rispettato le regole"

È un coro praticamente unanime quello dei ristoratori di tutta Italia dopo il Dpcm che impone la chiusura dei locali alle 18: lasciateci lavorare o rischiamo di chiudere del tutto. Un coro doloroso che unisce i proprietari di bar di periferia e i grandi cuochi, già stremati dal primo lockdown.

Ma non tutti se la prendono (solo) con le istituzioni. C’è una voce, bergamasca, che esce dal coro. È quella di Francesco Longhi, titolare (a fianco dello chef Pierantonio Rocchetti) del LoRo, una stella Michelin a Trescore Balneario, che punta il dito anche contro il mondo della ristorazione, “che ha le sue colpe” afferma.

Longhi, ci spieghi. Qual è la colpa dei ristoratori di fronte a tutto questo?

“Il nostro problema è che ci accorgiamo di essere un mondo fragile solo di fronte a grossi problemi. Tipo ora. Prendiamo calci nel sedere e paghiamo il prezzo più alto per un solo motivo: ai tavoli che contano noi del settore terziario non siamo rappresentati da nessuno”.

Perché, secondo lei?

“Perché il nostro è un mondo che vive di invidie e di egoismo, ognuno pensa al proprio orticello senza preoccuparsi dei problemi collettivi. La preoccupazione più grande di un ristoratore, in tempi normali, è quella di inseguire il giornalista e il fantomatico critico gastronomico che parlano bene del suo locale. Non ho mai sentito un imprenditore del settore terziario parlare del contratto collettivo nazionale, ad esempio”.

Quindi, cosa vi manca oggi per contare davvero?

“Ci manca un’associazione che ci possa rappresentare come si deve davanti alle istituzioni. Un po’ come fa la Confindustria, che quando ci sono decisioni importanti da prendere viene coinvolta. Noi ristoratori non abbiamo niente di tutto questo”.

È arrabbiato per le ultime restrizioni?

“Arrabbiatissimo. Ma, al tempo stesso, mi rendo conto di non avere voce in capitolo. Mi chiedo perché nessuno abbia spiegato a chi prende queste decisioni che ci sono locali che possono creare assembramenti e locali, come il mio, che prevedono per loro natura i distanziamenti chiesti in tempo di Covid-19: pensi che al LoRo abbiamo tavoli lontani anche tre metri l’uno dall’altro. Non potevamo garantire un’esperienza sicura ai nostri clienti anche durante la cena? Invece no, chiudono tutti”.

Non tutti i suoi colleghi, però, hanno rispettato le regole imposte dopo la riapertura di maggio.

“Lo so bene. E senza un movimento nazionale che possa dialogare con le istituzioni, qualcuno che si possa far sentire con chi di dovere, finiscono per pagare anche quelli che le regole le hanno rispettate con estremo rigore. A noi oggi serviva qualcuno che tirasse la giacchetta a Conte e che gli dicesse: guarda che ci sono anche dei ristoratori che possono lavorare in tutta sicurezza”.

È forse anche per questo che, troppo spesso, i ristoratori sono tutti collegati al pagamento in nero?

“Già, come se fosse normale fare di tutta l’erba un fascio. Senza un’associazione seria, credibile e forte che ci rappresenta a livello nazionale non possiamo difenderci da tutte queste accuse. E devo ammettere che ha fatto male sentire un politico che in tv ha accostato i ristoratori, tutti, al nero”.

Francesco Longhi (Foto Zanardi)
Francesco Longhi al LoRo di Trescore (Foto Matteo Zanardi)

Cosa avrebbe fatto lei per salvaguardare i ristoranti che le regole le rispettano?

“Durante il lockdown di marzo-aprile ad alcune aziende è stato permesso di continuare a lavorare. A chi di dovere è bastato controllare il famoso codice Ateco per stabilire chi fosse indispensabile. Le istituzioni del territorio – penso ai Comuni – avrebbero potuto controllare i locali del nostro settore e stabilire chi rispettava le regole e chi no, quindi decidere chi poteva restare aperto anche la sera e chi doveva chiudere. Invece, si è preferito far abbassare la serranda a tutti. Più veloce, più facile…”.

Ma anche ingiusto.

“Senza dubbio. Ma senza una rappresentanza vera finisci per non avere voce in capitolo quando serve. Anche noi ristoratori abbiamo le nostre colpe, ricordiamocelo”.

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