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L'intervento

Gori: “Proteste comprensibili, aiuti subito alle categorie costrette a chiudere”

L'intervento del Sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, in difesa di tutti i lavoratori delle diverse categorie costretti a chiudere dal nuovo Dpcm del Governo Conte.

In un lungo post su Fb Giorgio Gori, Sindaco di Bergamo, traccia un'analisi sulle proteste in corso da parte di alcuni lavoratori (ristorazione, baristi, dello spettacolo e della cultura) e spiega perché sia necessario intervenire subito con aiuti economici.

Le proteste di ristoratori e baristi che in diverse città stanno scendendo in piazza sono del tutto comprensibili, al pari di quelle dei lavoratori dello spettacolo, della cultura e di quanti operano nel campo dello sport. Questi settori si sono mobilitati nei mesi scorsi, dopo il duro colpo ricevuto dal lockdown di primavera, per rendere i propri ambienti sicuri dal punto di vista sanitario. Posti distanziati, controllo della temperatura, divisori, igienizzanti per le mani in ogni dove. Sono stati costruiti protocolli e fatti investimenti per la costante sanificazione degli ambienti. Anche alla luce di questo sforzo non si ha evidenza che andare al ristorante, o a teatro, o in palestra, rappresenti oggi un particolare pericolo in termini di esposizione al contagio.

Eppure il governo ha deciso di dare un nuovo stop proprio a queste attività, che possiamo ricomprendere nell’ambito del “tempo libero”, e così hanno fatto, o si stanno apprestando a fare, anche quelli di altri Paesi europei (leggevo stamattina della Germania, mentre la Francia sembra alla vigilia di un nuovo lockdown generale).
Sappiamo tutti che i dati sulla crescita dei contagi, dei ricoveri e dei decessi di questa seconda ondata sono molto preoccupanti (parlo di crescita, più che del dato puntuale, perché se c’è una cosa che abbiamo imparato è che ogni provvedimento va basato non sui dati “di oggi” ma su quelli attesi nelle settimane a venire in base alla velocità di propagazione dell’epidemia – e questa seconda ondata corre purtroppo veloce). Ma perché fermare attività che si sono già sacrificate e che non sembrano rappresentare un pericolo di contagio?

Anch’io ci ho messo un po’ a capirlo. Il problema non è rappresentano “in sé” dai ristoranti, dai teatri o dalle palestre: il punto è evitare che la gente abbia un motivo per uscire di casa dopo le sei di sera. L’obiettivo è sottrarre motivi di movimento e di incontro. Nella sostanza è un lockdown parziale, esclusivamente serale, non dichiarato.

Non ho le competenze per dire se sia del tutto giustificato. O meglio, se sia già ora giustificato in tutta Italia. È abbastanza evidente – pure in una seconda ondata che si diversifica dalla prima per il fatto di coinvolgere tutto il Paese, e non solo alcune regioni – che si sono territori molto più colpiti di altri, a partire dalle grandi aree metropolitane. Non si può del resto escludere che province in cui il virus pare per ora procedere più lentamente – come la nostra – possano conoscere un’accelerazione di contagi nelle prossime settimane. Abbiamo già dato, sappiamo che la prudenza non guasta.

Se però qualcuno si deve sacrificare, è doveroso che sia immediatamente risarcito. Per questo, insieme a molti colleghi sindaci, nei giorni a cavallo del nuovo DPCM ho cercato di far sentire la mia voce per far sì che ai ristoratori, ai lavoratori dello spettacolo, della cultura e dello sport venisse assicurato un tempestivo ristoro dei mancati ricavi a cui andranno incontro nelle prossime settimane. Il governo sembra avere ascoltato. Il Consiglio dei Ministri di ieri ha varato le misure di compensazione, assicurando che i soldi arriveranno entro 15 giorni a destinazione. Vigileremo insieme alle associazioni di categoria perché sia effettivamente così.

C’è una cosa che va però aldilà degli aiuti materiali e che mi preme esprimere agli operatori che in queste ore manifestano le proprie difficoltà e il proprio disappunto per le nuove misure: ho assolutamente chiaro che ciò che per tanti, me compreso, è “tempo libero” – così è andare al cinema, o in pizzeria – per voi è “lavoro”, e del vostro lavoro ho il più alto rispetto. Per cui vorrei che sentiste me e tutta l’amministrazione comunale di Bergamo vicini alla vostra condizione e alla vostra protesta. In questi anni ho conosciuto anche personalmente molti di voi, e credo di indovinare il vostro stato d’animo.

È quello di persone che oggi temono per la sopravvivenza di imprese a cui hanno dedicato anni della propria vita, impegno e fatica; e che in ogni caso aspirano a vivere del loro lavoro, e non di sussìdi. Faremo tutto il possibile per darvi una mano (e lo dico anche ai commercianti, che se anche non dovranno chiudere patiranno certamente una riduzione delle vendite). Il Programma Rinascimento, che già ha aiutato molti di voi all’indomani del lockdown, è ancora a vostra disposizione per gli investimenti utili al rilancio delle vostre attività, con contributi a fondo perduto e prestiti a tasso prossimo allo zero. E vedremo se potremo inventarci anche qualcos’altro. Adesso bisogna stringere i denti, ma a breve sarà di nuovo il tempo dell’intraprendenza, del coraggio e dell’impegno personale. Saremo di nuovo al vostro fianco.

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