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L'iniziativa

I CoviDiaries sul Sentierone: “Una scatola della memoria per non dimenticare”

Il fotografo Sergio Ramazzotti: "Come fotografi avevamo il dovere morale di raccontare in immagini la piena portata di quello che stavamo vivendo".

Camminando per il Sentierone non ci si può non fermare di fronte alle istallazioni fotografiche che, in ogni attimo, volto, mascherina e silenzio, vengono raccontati i momenti più intensi dell’emergenza sanitaria che abbiamo vissuto.

Si chiama CoviDiaries, una selezione di scatti dell’agenzia milanese Parallelozero, che immortalano scorsi di vita quotidiana durante il lockdown e omaggio all’impegno del personale medico nella lotta al Covid-19, che resteranno in Piazza Vittorio Veneto e all’Ospedale Papa Giovanni XXIII dal 16 ottobre all’8 novembre.

“La sua realizzazione è stato fisiologico: come fotografi avevamo il dovere morale di raccontare in immagini la piena portata di quello che stavamo vivendo – spiega il fotogiornalista Sergio Ramazzotti, cofondatore di Parallelozero – All’inizio questi scatti avevano un intento prevalentemente comunicatorio, per raccontare giorno per giorno cosa stesse succedendo, ma poi abbiamo capito che il nostro lavoro dovesse andare oltre la contingenza. Stavamo vivendo un evento epocale e già in molti venivano conquistati dall’irrazionalità, con il serio rischio che tutto venisse dimenticato. Tutte le fotografie hanno, quindi, assunto un valore simbolico, una missione fondamentale: quella di diventare una scatola della memoria”.

covidiaries

La mostra organizzata da Fotografica – Festival di Fotografia Bergamo espone in centro città oltre trenta scatti che narrano, in ordine cronologico, i giorni vissuti da persone comuni da inizio lockdown ai primi giorni di riapertura del paese, il 3 giugno.

Dal 24 febbraio, giorno in cui Milano ha visto i provvedimenti inerenti la movida, passando per le messe in streaming, proseguendo per città come Roma o Venezia che cominciano a diventare deserte, le fabbriche che chiudono o convertono le loro produzioni, al collasso degli ospedali, fino alle lunghe giornate trascorse in casa, alle videochiamate, agli striscioni sui balconi, agli inni dalle finestre, ai corsi online, alla riscoperta di se stessi.

Poi ci sono le nuove vite che vengono al mondo, il riappropriarsi una realtà che ha visto il susseguirsi delle stagioni da una stanza ed una natura che si è ripresa i propri spazi.

“Sono solo alcune delle fotografie che abbiamo realizzato. Si tratta di una scatola della memoria dinamica, perché è un progetto in costante progressione a cui si continuano ad aggiungere scatti che parlano di tutti noi, che stiamo cercando di dare un senso a tutto questo. La mia fotografia preferita? È una a mia firma e che ora è esposta all’Ospedale: ritrae un’infermiera che stringe le mani di una paziente. Ho immortalato il suo sguardo sgomento e spaventato e il suo disperato tentativo di prendere per mano l’infermiera, come se fosse un salvagente a cui aggrapparsi per resistere alla morte. Un’immagine fortissima che, insieme alle altre, mi auguro che faccia capire quello che abbiamo passato e che rischiamo di vivere di nuovo”, ha concluso Ramazzotti.

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