“Io non so che cos’altro si possa fare se non almeno tornare alla didattica a distanza per superiori e università e a lavorare da remoto per tutti quelli che possono farlo, e non so quali altri provvedimenti, subito, almeno nelle aree più colpite”. Lo ha detto Roberta Villa, la giornalista scientifica bergamasca, che con un lungo post pubblicato sul proprio profilo Facebook è tornata a parlare della pandemia che in questi ultimi giorni è tornata a galoppare con numeri preoccupanti.
“Mi rendo conto dei danni per i ragazzi e per l’economia, capisco le ragioni di tutti, ma sono le stesse di chi ha deciso di non chiudere Alzano e Nembro, esitazione che a posteriori ha portato a quel che sappiamo – spiega Villa -. È il solito, maledetto, paradosso della prevenzione, per cui non vorrei essere al posto di chi prende decisioni, soprattutto dopo che si è provato a convincere la gente che andava tutto bene e che il peggio era passato. Si è alimentato il giusto e naturale desiderio delle persone di credere che la soluzione fosse dietro l’angolo, che un miracoloso vaccino in autunno avrebbe risolto tutto, che il nostro meraviglioso sistema e la Scienza con la S maiuscola avessero già sconfitto il virus”.
La giornalista si pone delle domande: “Ora come si fa a dire: ‘Ehm, scusate, ci siamo sbagliati? Non è proprio così. Dobbiamo tornare a vedere cose che speravamo di aver dimenticato’? Ad ammettere che quella crescita lineare, chissà come, sta diventando esponenziale? Che nonostante ‘siano tutti asintomatici’ occorre rimandare visite e cure ‘differibili’? Che se fai un incidente stradale davanti al Sacco ti devono portare in un altro pronto soccorso?”.
“Se si fanno scelte impopolari oggi, magari si potranno salvare migliaia di vite, ma nessuno lo saprà – commenta la giornalista scientifica -. Non ci sarà la controprova. Si vedranno solo gli effetti deleteri di questi provvedimenti. Se, viceversa, si resiste, non si fa che ripetere che per ora il sistema regge, si rischia moltissimo, comprese le accuse per non aver preso quegli stessi provvedimenti. La danza col virus di cui si parlava è esattamente questa: bisogna rassegnarsi a subire i danni di piccoli blocchi, sostenendo al massimo chi ne soffre di più, per evitare le conseguenze, anche economiche – se è a queste che vogliamo guardare – di migliaia di casi sintomatici e centinaia di morti al giorno. O pensate davvero che questi non lascino segno? Queste saranno persone che non possono andare a lavorare, se è questo a cui vogliamo guardare, con conseguenze su tutto il loro nucleo familiare. Lo abbiamo visto, qui in Lombardia”.
“Dobbiamo smettere di pensare in termini di interessi contrapposti, ma come un unico organismo in cui, se va in gangrena un dito del piede, soffre tutto l’organismo. Certo che tagliarlo è doloroso e invalidante – conclude -, ma non farlo è peggio”.
commenta