Ventisei decessi e 2.067 i nuovi positivi in Lombardia, a fronte di 32.507 tamponi. E ancora 72 persone in terapia intensiva (8 in più di mercoledì), 726 quelle in altri reparti, in crescita di 81 unità.
Il Covid-19 torna a correre in Lombardia, soprattutto a Milano dove si registra la stragrande maggioranza dei contagi (altri 1.053 nelle ultime ventiquattro ore).
A Bergamo sono 71, ma anche in quello che è stato l’ospedale simbolo della pandemia, il Papa Giovanni XXIII, nell’ultima settimana sono tornati pazienti gravi. I primi dalla scorsa estate.
Abbiamo provato a fare il punto della situazione con Fabio Pezzoli, direttore sanitario dell’ospedale. “Nell’ultima settimana – spiega – sono stati ricoverati in terapia intensiva sette pazienti, tre provenienti da aree limitrofe come Milano e Monza e Brianza. I ricoverati con sintomatologia Covid-19 sono ad oggi ventisei (ieri per chi legge ndr), quattro in più rispetto al giorno precedente”.
Dottore, quanto sono gravi le condizioni di questi pazienti?
Per essere precisi tre dei pazienti in terapia intensiva sono critici e intubati, gli altri 4 sono in terapia semi-intensiva con i caschi respiratori.
Qual è la loro età?
Quella dei pazienti intubati è intorno ai 70 anni.
Sono numeri che allarmano o suggeriscono solo maggior prudenza?
A Bergamo e al Papa Giovanni la situazione è apparentemente sotto controllo, ma in altre città della Lombardia è in corso una recrudescenza importante del virus, penso soprattutto all’area di Milano, Monza e Varese. Se consideriamo i quattro livelli di gravità Covid individuati da Regione Lombardia oggi siamo ancora al livello ‘1’, con buone probabilità di scivolare presto al secondo.
Ovvero?
Per noi che lavoriamo in ospedale significa più pazienti Covid-19, quindi più posti letto da mettere a disposizione.
Vi state attrezzando?
Per ora abbiamo iniziato ad incrementare i posti letto nel reparto di malattie infettive e nell’area Covid. Detto questo, a marzo abbiamo avuto cento pazienti in terapia intensiva contemporaneamente: direi che siamo più pronti e preparati rispetto ad allora.
Tornando a quei mesi, il territorio bergamasco ha pagato un prezzo altissimo. In molti si chiedono: dovremo davvero rivivere tutto?
La paura del virus deve tradursi in attenzione. Il Covid non ci ha abbandonato, ma avendo fatto quel che ha fatto credo che una certa memoria immunitaria l’abbia lasciata. Ai bergamaschi posso solo dire di continuare ad utilizzare correttamente la mascherina, lavarsi spesso le mani e rispettare il distanziamento. Se i numeri di oggi sono meno gravi che altrove, forse è anche per i comportamenti messi in atto dalla popolazione”.
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