Come visto in precedenza, alcuni degli sceneggiati di maggior successo trattano significative vicende storiche, tra cui ha un posto di primo piano la storia risorgimentale. Fra queste vi è “Le mie prigioni”, trasmessa all’imnizio del 1968, riuscita trasposizione sullo schermo del libro di Silvio Pellico, che propone la testimonianza e le riflessioni che hanno abbracciato gli ideali della Giovine Italia, portando il protagonista a lunghi e sofferti anni di reclusione. Il cast era formato da attori di vaglia di formazione prettamente teatrale: oltre a un eccellente Raoul Grassilli nei panni del letterato patriota piemontese, comprendeva un’inedita Gigliola Cinquetti in veste di attrice e tre mostri sacri del teatro: Wanda Capodaglio, Fosco Giachetti e Sergio Tofano, ed era completato da Tino Bianchi, Tino Carraro, Ferruccio De Ceresa, Loris Gafforio, Adolfo Geri, Roldano Lupi, Paul Müller, Cesare Polacco, Arnoldo Foà e Carmen Scarpitta. Con la regia di Sandro Bolchi e la sceneggiatura di Domenico Campana, Dante Guardamagna e Lucio Mandarà. In quattro puntate dal 7 gennaio.
“Da un secolo e mezzo il carabiniere fa parte del paesaggio italiano. È una figura caratteristica e insostituibile…” La voce fuori campo di Mario Soldati apre con queste parole il primo episodio de “I racconti del maresciallo”. Luigi Arnaudi, Maresciallo Maggiore dei Carabinieri, è nativo di Catania ma trapiantato al nord da molti anni, dove ha sposato una piemontese e ha due figli. Conosciuto veramente da Mario Soldati “un giorno che giravo un documentario nella valle del Po…”, è diventato il protagonista di una serie di racconti ispirati alle sue reali esperienze, raccolti in due libri (‘I racconti del maresciallo’ e ‘I nuovi racconti del maresciallo’) e poi ridotti per la televisione dallo stesso autore. Il maresciallo Gigi Arnaudi, interpretato da Turi Ferro, lavora in provincia e si trova ad affrontare non complicati intrighi, ma semplici casi di routine che coinvolgono la povera gente comune e i suoi piccoli problemi quotidiani; un tutore dell’ordine comprensivo e umano, ma che conserva ben preciso il senso del dovere. In apertura e in chiusura di ciascun episodio, vediamo Mario Soldati e Arnaudi che discutono tra di loro dei suoi vecchi casi, spesso davanti a un buon bicchiere di vino. Poi Arnaudi comincia a raccontare a Soldati una delle sue vicende, che sono ricostruite sotto forma di flash-back.
Lo sceneggiato si compone di sei episodi da un’ora circa ciascuno: “Il mio amico Gigi” con Aurelio Marconi, Renato Baldini, Romano Malaspina; “I bei denti del Sciur Dino” con Nino Besozzi, Ugo Pagliai; “Il sospetto” con Sara Ridolfi, Rocco D’Assunta; “Il berretto di cuoio” con Aldo Barberito, Giulio Maculani; “I Ravanin” con Antonella Della Porta, Mauro Bosco, Dany Paris; “Cuori semplici” con Luciano Marin, Vira Silenti. Regia di Mario Landi. Sceneggiatura di Romildo Craveri e Carlo Musso.
Nel 1984 verrà trasmessa la seconda serie, che vanta l’ottima interpretazione di Arnoldo Foà nei panni del maresciallo Arnaudi, ma questa ha perso gran parte dell’atmosfera che caratterizzava la prima serie, mantenendo la preziosa collaborazione di Mario Soldati, che però si è limitato a scrivere i sei soggetti (Suggestion diabolique, La fine di Flock, L’oroscopo, Il barboncino bianco, In loving memory, La contessa dell’isola) pensati appositamente per la riduzione televisiva.
Il teleromanzo di Ugo Gregoretti, “Il circolo Pickwick”, suddiviso in sei puntate, è un vero capolavoro di ingegnosità che rispetta prodigiosamente l’opera di Dickens, ne rende appieno l’umorismo e la comicità delle situazioni attraverso un racconto ricco di verve, ben recitato e ancor meglio ambientato. Merito di tale ottimo risultato è la fantasiosa e intelligente regia-sceneggiatura di Gregoretti che, anche grazie alle improbabili interviste televisive, all’inizio di ognuna delle sei puntate, che rendono veramente originale l’opera televisiva.
Ma la sorpresa più interessante del Pickwick televisivo italiano è l’incredibile cast schierato: in primo luogo un credibilissimo, straniato ed indimenticabile Mario Pisu nei panni di Samuel Pickwick; un furbo ed intelligente Enzo Cerusico che interpreta Sam Weller; un impareggiabile e scoppiettante Jingle / Gigi Proietti; un sorprendente Tino Buazzelli / sindaco Nupkins. Occorre poi celebrare la fugace apparizione di un giovane Marco Ferreri / capitano Boldwing e di Enrico Simonetti, nei panni del perfido Dodson. Straordinarie sono poi le apparizioni dell’ormai dimenticato professor Alessandro Cutolo, un compassato Roker responsabile del carcere per debitori di Fleet dall’elegante accento napoletano, e di un nervosissimo e altrettanto dimenticato Tino Scotti. Nonostante l’originalità e la bravura di Gregoretti, lo sceneggiato non incontra grande fortuna sul piccolo schermo.
Il 22 settembre va in onda sul Nazionale, in quattro puntate, “Cristoforo Colombo”, diretto da Vittorio Cottafavi e sceneggiato da Dante Guardamagna e Lucio Mandarà. Lontano da ogni evocazione celebrativa e stereotipata, con piglio moderno e vigore narrativo, il regista tratteggia un Colombo credibile e intenso. Cast: Francisco Rabal, Aurora Bautista, Roldano Lupi, Paola Pitagora, Antonio Casas, Andrea Checchi, José Suarez, Paolo Graziosi, Carlos Lemos, Alfredo Mayo, Guido Alberti, Asunción Balaguer, Adriano Domínguez, Joaquín Jordá, Lorenzo Robledo, Julieta Serrano, Gérard Tichy, Luigi Vannucchi (narratore).
Nel 1985 andrà in onda una seconda versione meno pregevole dello sceneggiato originale. Di rilievo, però, la ricostruzione delle caravelle, eseguita sulla base di disegni e tecniche dell’epoca. Un vero kolossal, comunque, con relativo cast internazionale: Gabriel Byrne, Faye Dunaway, Oliver Reed, Max Von Sydow, Rossano Brazzi, Virna Lisi.
Il fortunato personaggio creato da Conan Doyle, “Sherlock Holmes”, fu portato sugli schermi del Secondo Programma della Rai, con la regia di Guglielmo Morandi e la sceneggiatura di Edoardo Anton. Il protagonista è interpretato da Nando Gazzolo, mentre Gianni Bonagura interpreta il Dottor Watson. Due gli episodi, trasmessi in tre puntate: “La valle della paura”, incentrato su un gruppo terroristico che si annida nelle miniere della Pennsylvania, e “L’ultimo dei Baskerville”, che racconta di un’eredità maledetta in una famiglia aristocratica. Tutti i discendenti, infatti, vengono sgozzati dai cani mastini. Il fiuto del detective con la mantella a quadrettoni (e il berretto a doppia visiera, pipa e lente) svelerà la maledizione, salvando la vita all’ultimo dei Baskerville.
“Anna dei miracoli” di Davide Montemurri, con Anna Proclemer e Cinzia de Carolis nella parte di Helen Keller, scrittrice, attivista e insegnante statunitense, sordo-cieca dall’età di 19 mesi. Dalla sua vicenda, e a quella dell’istitutrice che le insegnò a interagire con il mondo esterno così da poter affrontare gli studi fino alla laurea, è tratta questa riduzione televisiva che seguì al successo teatrale della Proclemer, in cui il ruolo di Helen fu di Ottavia Piccolo e che, a sua volta, seguì il successo statunitense di Anne Bancroft (doppiata dalla Proclemer) e di Patty Duke che, per il film di Arthur Penn del 1962, vinsero entrambe l’Oscar.
Da segnalare anche la messa in onda, sempre nel 1968, de “I ragazzi di padre Tobia” e “La famiglia Benvenuti”, serie televisive più simili alla fiction contemporanee che a “veri” sceneggiati. Per quanto riguarda la prima, fu trasmessa nello spazio televisivo della “Tv dei ragazzi”, ed è rimasta nella memoria di chi all’epoca era bambino. Si ricorda ancora lo sfondo pedagogico che faceva leva sui valori della lealtà, del coraggio, e dell’amicizia, nonché la canzone della sigla “Chi trova un amico trova un tesoro”. I protagonisti sono padre Tobia (Silvano Tranquilli) e il suo sacrestano Giacinto (il caratterista Franco Angrisano).
“La famiglia Benvenuti” si potrebbe anche considerare la capostipite delle moderne fiction televisive. La prima stagione andò in onda in 6 puntate nel 1968, l’anno della contestazione giovanile. La serie racconta le avventure di una tipica famiglia della media borghesia italiana a metà degli anni ’60 alle prese con problemi di vita quotidiana e ai conflitti generazionali; in un’Italia che si trasforma, che ha conosciuto il boom economico ma che deve anche fronteggiare le prime proteste giovanili. Tra gli interpreti: Enrico Maria Salerno, Valeria Valeri e Giusva Fioravanti.
Sempre nel 1968 sono stati trasmessi due sceneggiati, le cui epiche narrazioni sono rimaste impresse nella memoria di una intera generazione: “Odissea” e “La freccia nera”. Nella prossima puntata ne approfondiremo i temi.
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