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Nel 1965 con “Belfagor” la paura entra in milioni di case degli italiani

Ma è stato anche l'anno di Domenico Modugno "Scaramouche", del Tenente Sheridan e dell'indimenticabile "David Copperfield"

Romanzare la vita di un grande scrittore, la cui biografia è così ricca di avvenimenti, pulsioni e avventure non è certo facile; ci provano, e siamo al 1965, gli sceneggiatori Romildo Craveri e Diego Fabbri mettendo in onda, dal 28 marzo, “Questa sera parla Mark Twain”, diretto da Daniele D’Anza, con protagonisti Paolo Stoppa, Rina Morelli, Loretta Goggi e Sergio Tofano. Interessante e apprezzato pastiche di telebiografia e di racconti sceneggiati del grande scrittore statunitense. Stoppa, interpretando Mark Twain, racconta a se stesso gli avvenimenti e i personaggi del suo tempo: ricordi piacevoli, incontri importanti, momenti di successo, dissesti finanziari e tragedie familiari, che vengono inframezzati da episodi tratti dai racconti e dalle novelle del grande scrittore.

Dopo cinque diverse versioni cinematografiche, il 12 maggio approda sul piccolo schermo “La figlia del capitano”, tratto dall’omonimo racconto di Aleksandr Puskin (1836). Amedeo Nazzari, nemico giurato della televisione, cede alle lusinghe e presta il volto al drammatico personaggio di Pugačëv. Altri interpreti sono: Umberto Orsini, Lilla Brignone, Lucilla Morlacchi, Aldo Giuffrè, Andrea Checchi, Mara Berni e Michele Malaspina; la regia è di Leonardo Cortese. La vicenda ruota attorno all’amore che sboccia fra la bella figlia del comandante Mironov e il tenente Grinëv il giorno stesso in cui il militare prende servizio. Il giovane però ignora che anche Svabrin, l’ufficiale che lo ha accolto con cordialità, è da sempre innamorato della ragazza. Svabrin, roso dalla gelosia, non pensa che a vendicarsi di Grinëv. L’occasione gliela offre un ribelle di nome Pugačëv, che dice di essere Pietro III e di voler strappare il trono alla sua fedifraga moglie Caterina. Quando Pugačëv ha la meglio sulla guarnigione comandata da Mironov, Svabrin passa dalla sua parte, mentre Grinëv rimane fedele alla Zarina, e questo significa morte. Ma il ribelle, riconoscendo in lui il giovane che gli ha salvato la vita soccorrendolo tra la neve, gli concede la grazia. Da quel momento gli avvenimenti riguardanti Pugačëv si incrociano con le vite dei due ufficiali e della donna amata da entrambi. E quando infine il sedicente Pietro III è sconfitto dall’imperatrice, il perfido Svabrin accusa Grinëv di aver tradito. Solo la tenacia dell’innamorata riesce a ristabilire la verità. Così Grinëv ha salva la vita e Svabrin è condannato.

Belfagor ovvero Il fantasma del Louvre” (Belphégor ou Le fantôme du Louvre) è uno sceneggiato prodotto dalla tv francese, tratto dall’omonimo romanzo di Arthur Bernède. È andato in onda in Italia dal 15 giugno e replicato varie volte: 1966, 1969, 1975, 1988.

Nelle sale del museo del Louvre di Parigi si aggira un fantasma: la misteriosa figura, avvolta in un mantello scuro, con un nero e lungo copricapo e il volto nascosto da una maschera, è stata vista vicino alla statua di Belfagor, antica divinità dell’inganno. Il commissario Menardier viene incaricato di condurre l’inchiesta, ma ben presto la sua strada si incrocia con le indagini private di Andrea Bellegarde, un giovane studente universitario, che, quasi per gioco, inizia a cercare di risolvere il mistero che si cela dietro la maschera di Belfagor, sino a portarlo addirittura sulle tracce dell’antica setta dei Rosacroce.

Belfagor non è propriamente un giallo, ma più un misto fra il poliziesco e l’horror, ma quando la RAI lo trasmise, la Paura entrò in milioni di case e, con un po’ di retorica, la televisione non fu più la stessa: da media consolatorio-pedagogico divenne anche il possibile veicolo di oscurità e inquietudini. I Rosacroce e le sette segrete, l’esoterismo, l’alchimia, l’antico Egitto, una donna adulta che ha una relazione con uno studentello, le droghe che rendono gli individui automi, i maestri del terrore e misteriose pietre radioattive, il tutto avvolto in una pericolosa nebbia sulfurea e diabolica.

Chi, in qualunque anno sia stato trasmesso e osservandolo da piccolo, non è mai saltato nel letto dei genitori dopo una sua puntata? Chi, pur grande, non è stato colto dal timore e dall’ansia nell’attraversare le stanze buie della propria casa dopo aver visto una passeggiata del fantasma nei corridoi semibui del museo del Louvre, passeggiata sottolineata dalle note di violino composte da Antoine Duhamel? Belfagor rimarrà per sempre l’inimitabile e irripetibile emblema delle nostre più profonde inquietudini.

La sapiente e impeccabile regia di Claude Barma (cosceneggiatore con Jaques Armand) e una fotografia “espressionista”, ricreano perfettamente una atmosfera noir, fatta di magica suspense e tensione narrativa. Con Juliette Gréco (Luciana – Laurence in originale – Borel), René Dary (Commissario Ménardier), François Chaumette (Boris Williams), Yves Rénier (André Bellegarde), Sylvie (Lady Hodwin), Christine Delaroche (Colette Ménardier), Paul Grochet (Gautrais); nel ruolo del fantasma il mimo Isaac Alvarez.

La donna di fiori” è il primo dei quattro sceneggiati, il cui titolo richiama le figure femminili di un mazzo di carte da gioco, dedicati per l’appunto alle “donne del tenente Sheridan” (le cui avventure erano iniziate nel 1959 con “Giallo Club”). È andata in onda sul Programma Nazionale di domenica in prima serata, dal 19 settembre al 24 ottobre 1965. Diretta da Anton Giulio Majano su sceneggiatura di Alberto Ciambricco e Mario Casacci, con Ubaldo Lay, che interpreta il tenente Sheridan della Squadra Omicidi, il protagonista dello sceneggiato; gli altri interpreti sono: Grazia Maria Spina, Luisa Rivelli, Roldano Lupi, Giuseppe Pagliarini, Francesco Mulè, Sandro Moretti, Andrea Checchi, Vittorio Sanipoli, Antonio Battistella, Lucio Rama, Laura Tavanti, Diana Torrieri, Antonella Della Porta, Alberto Terrani, Luigi Vannucchi, Carlo Hintermann, Orazio Orlando, Marcello Tusco, Luigi Casellato, Carla Comaschi, e Scilla Gabel.

Trama: Il caso, ambientato in California, vede il tenente Sheridan impegnato nella soluzione di un omicidio di cui è rimasto vittima un congiunto di un proprietario terriero. Al primo omicidio ne seguirà poi un secondo. Tutto ruota intorno ai possedimenti terrieri di un colonnello a riposo, possedimenti che fanno gola sia ad un costruttore edile che ad un ex gangster. Si tratta di un giallo molto ben articolato in tutti i particolari, perfetto nel meccanismo e nello svolgimento ed al termine il tenente Sheridan fornirà una soluzione finale molto precisa smascherando l’insospettabile assassino.

modugno scaramouhe

Scaramouche” è il primo esempio italiano di commedia musicale sceneggiata, il primo teleromanzo con musica, canzoni e balletti. Andò in onda dal 9 ottobre, sul Nazionale. Ideato da Sergio Corbucci e Giovanni Grimaldi, è liberamente ispirato alla vita dell’attore Tiberio Fiorilli ed alla maschera teatrale di Scaramuccia, fu diretto da Daniele D’Anza. Personaggi e interpreti: Domenico Modugno (Scaramouche), Elsa Vazzoler (Alba Fiorillo), Carla Gravina (Marietta Biancolella), Giuseppe Porelli (Silvio Fiorillo), Riccardo Garrone (Oreste er Paino), Lia Zoppelli (Genoveffa), Vittorio Congia (Memmo), Enzo Garinei (mastro Giulio), Umberto Spadaro (Ramirez) e molti altri fra cui Liana Orfei, Raffaelle Carrà, Vittorio Sanipoli e Gianrico Tedeschi.

In ogni puntata sono presenti alcune canzoni, cantate da Modugno (alcune di esse inedite su disco), e dei balletti; le coreografie dei balletti sono curate da Gisa Geert, l’aiuto coreografo è Rocco Leggieri, e i primi ballerini sono Umberto Pergola e Angelo Pietri. Mentre le musiche originali sono arrangiate da Franco Pisano, che dirige anche l’orchestra, i brani di Modugno sono curati dal maestro Nello Ciangherotti. Fra le varie canzoni eseguite, ricordiamo la sigla iniziale: “L’avventura” cantata da Modugno durante una cavalcata in un bosco; il tema musicale viene ripreso più volte nel corso dello sceneggiato, anche in una versione strumentale in cui la parte solista è suonata dalla tromba.

Sull’altopiano di Roccaraso, Franco Enriquez ha cercato il freddo ostile della Siberia per il suo sceneggiato “Resurrezione”, tratto dal romanzo di Leone Tolstoj (1899). Nei primi giorni di febbraio, a circa 2000 metri di altitudine e sotto la neve, il regista ha imposto disagi non troppo lontani da quelle patiti dai deportati russi; ma l’impresa avrà comunque un esito abbastanza insoddisfacente, non riuscendo a rendere l’inquietudine del romanzo e scadendo spesso nel melodrammatico. Il cast comprendeva, come attori principali, Alberto Lupo e Valeria Moriconi, affiancati da una serie di comprimari fra cui Sergio Tofano, Andrea Checchi e Luca Ronconi (regista teatrale, qui in veste di attore), Guido Alberti, Anna Maria Gherardi, Marisa Mantovani, Brunella Bovo, Rina Franchetti, Mario Pisu, Lia Angeleri, Lucia Catullo, Giuseppe Pagliarini, Franco Scandurra, Luisa Rivelli, Marco Tulli, Vittorio Mezzogiorno, Carlo Alighiero.

Realizzata da un’idea di Angelo Guglielmi, “Vita di Dante” è una miniserie in tre puntate sceneggiata dal critico teatrale Giorgio Prosperi e diretta da Vittorio Cottafavi. Protagonista, nei panni del Sommo Poeta, Giorgio Albertazzi affiancato da un cast di attori di primo piano: da Loretta Goggi, una giovanissima ed eterea Beatrice Portinari, a Renzo Palmer che interpreta il pittore Giotto e Luigi Vannucchi nel ruolo del poeta e amico di Dante Guido Cavalcanti. E poi, Andrea Checchi (Vieri de’ Cerchi), Ileana Ghione (Gemma Donati), Renzo Montagnani (Lapo Gianni), Stefano Satta Flores (Nando Gherardini) mentre Stefano Cucciolla è la voce narrante fuori campo. Le musiche sono di Daniele Paris e i costumi di Veniero Colasanti.

Lo sceneggiato, trasmesso in occasione del settimo centenario della nascita di Dante Alighieri, ha una struttura tripartita; ogni puntata è incentrata su una tematica: l’amore nella prima, il valore nella seconda e la salvezza nella terza. Nell’economia della finzione televisiva, vengono alternati spezzoni di film documentario ad episodi sceneggiati concernenti la vita di Dante, anche sotto l’aspetto politico, oltre che letterario, per i quali il coreografo Da Senigallia ha concepito per la circostanza un’ambientazione più evocativa che realistica.

giannini david copperfield

David Copperfield” è uno sceneggiato televisivo italiano in otto puntate diretto da Anton Giulio Majano, trasmesso dal 26 dicembre 1965 al 13 febbraio successivo, sull’allora programma nazionale. Le puntate sono tratte dal romanzo omonimo di Charles Dickens, in un periodo in cui ancora (e per nostra fortuna) la maggior parte di questo genere televisivo era costituita da sceneggiati ricavati da capolavori della letteratura internazionale. Ebbe molto successo (quindici milioni di spettatori a puntata), successo al quale hanno concorso le interpretazioni di Giancarlo Giannini, Laura Efrikian, Ubaldo Lay, Wanda Capodaglio, Anna Maria Guarneri, Carlo Romano, per cui è stato replicato in seguito più volte. La visione etica del regista Majano, traspare con una resa perfettamente aderente al testo letterario, non smarrendo quella umanità brulicante tipica dei personaggi e allo stesso tempo non perdendo di vista la vicenda centrale.

La storia comincia con il racconto dell’infanzia di David con le sue dure esperienze: il secondo matrimonio della madre, i maltrattamenti del patrigno Edward Murdstone, il collegio, la morte della madre, il lavoro a Londra e la fuga dalla zia Betsey. Seguono poi le vicende di David adulto: il lavoro, il matrimonio con Dora e, dopo la morte di lei, il secondo matrimonio con Agnese, che finalmente gli dona la tranquillità. Le musiche sono di Riz Ortolani e i costumi di Pier Luigi Pizzi.

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