“La sicurezza prima di tutto”, nessun dubbio. “Quel che mi rattrista, specialmente in Italia, è vedere le discoteche percepite come aziende diverse da tutte le altre: penalizzare il lavoro di migliaia di persone, in questo caso, non sembra mai un problema”. Ne è convinto Luca Provera, 43 anni, dj bergamasco che insieme al collega e amico Roberto Intrallazzi (53 anni) forma i ‘The Cube Guys’: apprezzato duo che ha girato il mondo dietro alla consolle, vantando collaborazioni con artisti quali Fatboy Slim, Bob Sinclar, Roger Sanchez e Dj Tiesto. Per i cultori del genere, delle vere e proprie icone con cachet da rock star.
Il tema è chiaro e riguarda la decisione del governo di chiudere le discoteche almeno fino al 7 settembre, complice l’aumento dei contagi (una decisione contro la quale il Silb – l’associazione delle imprese dell’intrattenimento da ballo e spettacolo – ha presentato ricorso al Tar sostenendo che “gli assembramenti sono ovunque”, non solo nei locali da ballo).
“Il problema c’è – ammette Provera – è grave e riguarda tutti”. Secondo il dj bergamasco “chiudere i locali notturni nel momento in cui non ci sono le basi per garantire sicurezza è giusto”, anche se alcune regole che il governo sta applicando non lo convincono affatto.
Per esempio, tra le novità contenute nell’ultima ordinanza del Ministero della Salute c’è l’obbligo di indossare la mascherina all’aperto dalle 18 di sera alle 6 del mattino. “Le persone che frequentano queste fasce orarie – sostiene Provera – non devono sentirsi più o meno a rischio delle altre, o comunque essere percepite più rischiose per la società”.
Di certo, le immagini girate nelle ultime settimane in tv e sui social network non hanno ‘ammorbidito’ l’opinione pubblica: centinaia e centinaia di giovani ammassati sulle piste da ballo, senza distanziamento e senza mascherina, in barba alle più elementari regole di prevenzione del contagio.
“Sono immagini che fanno pensare a un ‘liberi tutti’, ma è così un po’ ovunque – risponde Provera -. Tre giorni fa ero in stazione centrale a Milano e c’erano assembramenti sotto i tabelloni dei binari; a Ferragosto ho visto moltissima gente in giro, ma non altrettanti controlli”. Porta l’esempio delle spiagge “dove non esiste nessun tipo di precauzione. È difficile pensare di controllare tutto con efficacia – aggiunge – molto sta all’educazione delle singole persone e alla percezione che hanno verso il problema”. In un locale in Francia, ad esempio, dice di avere visto “gente responsabile, che stava distanziata e indossava correttamente le mascherine”.
Se la priorità del tema sicurezza non è in discussione, il dj bergamasco ne approfitta per lanciare un messaggio. “Le discoteche non sono soltanto posti dove far festa il fine settimana, ma luoghi dai quali dipendono intere ‘catene’ di lavoro e quindi moltissime persone. Anche in Italia – conclude – dietro alle discoteche ci sono persone che lavorano ogni giorno con passione e dedizione, che investono come aziende a tutti gli effetti e che hanno la stessa dignità degli altri imprenditori”.
Lo scorso luglio, a Bergamo, è stato siglato un “Protocollo d’intesa per la sicurezza” con l’intento di favorire una più stretta collaborazione tra le forze di polizia e gli operatori del settore, questo per prevenire situazioni di illegalità e violenza all’interno o in prossimità dei locali. Un protocollo che, in vista della completa ripresa delle attività, aveva definito anche le misure da adottare in materia di Covid-19.
Che il periodo non sia dei più facili per i gestori, lo testimonia anche il post pubblicato lunedì da uno dei locali notturni più frequentati in città, il Cubo Cafè di via Oprandi: sui social ha annunciato uno stop dopo sei anni di attività.
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