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La cerimonia

Per la festa patronale Casazza riscopre il brolo di Palazzo Bettoni fotogallery

In occasione della festa patronale di San Lorenzo, il professor Mario Suardi ripercorre la storia del casato dei Bettoni di Casazza e del palazzo Bettoni, dove fu ospitato anche Giuseppe Garibaldi.

“…Un intreccio significativo si rileva tra le vicende ottocentesche dei Bettoni e la storia patria, allorché Faustino Bettoni, irrequieto studente presso l’università di Padova, quindi internato ai Piombi per attività politicamente sovversive, evaso e ricercato dall’autorità austriaca, partecipa all’impresa garibaldina; in seguito lo stesso ospiterà Garibaldi nella propria casa alla Casazza, come ricorda una lapide commemorativa apposta sulla facciata del Palazzo.”

Rilevanza territoriale

Nell’ambito del territorio di Casazza e della media Valle Cavallina, Palazzo Bettoni rappresenta un caso del tutto particolare dal punto di vista architettonico e certamente emblematico, se letto in chiave storica, rispetto all’evoluzione socio-culturale locale e della Valle Cavallina nel suo insieme.
Palazzo Bettoni si affaccia sulla SS 42 occupando una posizione centrale rispetto alla configurazione urbanistica attuale del Comune di Casazza.

L’unificazione dei due comuni di Mologno e di Molini di Colognola, avvenuta prima in epoca napoleonica, confermata poi nel 1927 e consolidata nei decenni successivi, ha determinato anche la scelta del nome Casazza per il neocostituito Comune, nome appartenuto per secoli al nucleo che occupava una posizione baricentrica rispetto ai due comuni originari.
L’attestazione del toponimo Casaza risale alla fine del Quattrocento allorché, a ridosso dell’antichissimo tracciato della Strata Communis Pergami, veniva realizzato un edificio, di proprietà della Pieve di Mologno, normalmente indicato nei documenti dell’epoca con il nome di Casaza; tale edificio, abbattuto negli anni Sessanta del Novecento, è stato in qualche modo il germe catalizzatore del nuovo nucleo insediativo che si va costituendo a partire dal Cinquecento.

Generico agosto 2020

Questa parte del conoide, sul quale sorge Palazzo Bettoni e in prevalenza l’abitato attuale di Casazza, dopo una originaria colonizzazione avvenuta in epoca romana, aveva subito un sostanziale abbandono a causa dei fenomeni di impaludamento delle acque del fiume Cherio e delle frequenti attività alluvionali del torrente Drione; anche l’abitato altomedievale di Cavellas, matrice toponomastica della Valle Cavallina, citato nel IX sec., si collocava in corrispondenza di questa parte del conoide e rappresentava la naturale evoluzione del precedente insediamento d’epoca romana.

In prossimità dell’edificio detto Casaza, sull’altro lato della strada, nasceva e cresceva progressivamente l’insieme di case di proprietà della famiglia Bettoni; l’edificio acquisterà progressivamente una veste complessa e articolata, fino a rappresentare l’entità prevalente della contrada Casaza, proponendosi in tale modo quale nucleo aggregativo per l’urbanizzazione del fondovalle.
L’asse viario sopracitato, tracciato fondamentale della Valle Cavallina, continuerà a mantenere nei secoli la propria funzionalità, ricalcato e aggiornato in epoca austro-ungarica come Regia Strada Postale del Tonale e della Mendola e successivamente con alcune modeste varianti esterne ai centri abitati come SS 42.

Storia familiare

Diversamente che per alcuni altri edifici storici della Valle, nati su progetto in un ben preciso momento storico (es. Villa Terzi a Trescore B., Palazzo Silvestri a Sovere…), spesso in coincidenza con l’emergere di una committenza particolare, Palazzo Bettoni cresce lentamente e progressivamente seguendo il destino della famiglia che ne ha permesso la fondazione e ne ha garantito l’evoluzione nonché la conservazione, senza soluzione di continuità, fino ai giorni nostri. Non ci sono stati in effetti passaggi di proprietà, se non secondo il filone ereditario, in modo che il complesso architettonico rispecchia e sintetizza il percorso di questa famiglia locale, alcuni rami della quale hanno raggiunto posizioni rilevanti acquisendo (o acquistando) titoli nobiliari nella Venezia del tardo Seicento.

I Bettoni della Casaza sono i discendenti di uno dei numerosi rami del ceppo della famiglia de Bechis, originaria di Gorlago e insediato a Molini di Colognola nel sec. XIV, per dedicarsi alla gestione dei molini di Brione e di Molini di Colognola; entrambi i molini sfruttavano l’acqua di seriole derivate dal fiume Cherio e venivano concessi in affitto dietro pagamento di quote fisse di cereali. Alla fine del Trecento la famiglia de Bechis, attraverso il proprio capostipite Ambrogio, aveva ottenuto la gestione dei molini dai Suardi di Colognola, riuscendo a trasformare ben presto il contratto in un livello perpetuo ereditabile. Per secoli l’attività dei diversi rami discendenti da questo ceppo de Bechis (Andrioli, Bettoni, Del Luzo, Forini, Facchi, Marchiondi, Zanoni,…) ha avuto quale perno la gestione e le attività connesse con i molini, ad esempio il trasporto dei prodotti nei paesi vicini, suddividendo fino a frazioni decimali le quote ereditarie degli stessi o tentando di ricomporle a seconda dei casi.

Già verso la fine del Quattrocento l’affitto perpetuo viene risolto in piena proprietà, allorché la nobile famiglia Suardi di Colognola, titolare originaria degli opifici di Molini, subisce un tracollo e perde parte dei propri possedimenti a seguito della lotta politica ingaggiata contro Venezia. La vicenda vedrà un contenzioso destinato a protrarsi per alcuni anni con risarcimenti onerosi alla chiusura della vicenda legale.
Lentamente saranno i Bettoni della Casazza a riconquistare le diverse quote in cui risultava frammentata la proprietà del molini; la stessa famiglia andrà progressivamente associando all’attività molitoria altre iniziative quali la bottega di feraro, l’osteria e l’attività agraria alle quali, dal XVII sec., si aggiungeranno e sostituiranno sempre più professioni nobili quali il notariato, la medicina, l’avvocatura.

Nell’Ottocento il ceppo dei Bettoni della Casazza raggiunge l’apice della potenza economica; nella rilevazione catastale del 1834 la proprietà fondiaria di Giovan Maria Bettoni, distribuita nei due Comuni di Mologno e di Molini di Colognola, ammonta a circa 900 pertiche bergamasche, rappresentando la più consistente proprietà presente in questi due Comuni e una delle più rilevanti di tutta la Valle Cavallina. Diversamente dalle altre grandi proprietà esistenti in Valle, quali quelle dei Terzi, dei Suardi o dei Giovanelli, che rappresentano la conservazione o il residuo di grandi possedimenti medievali o rinascimentali, quelle dei Bettoni sono il risultato di una costruzione recente, essenzialmente sette-ottocentesca; essi una famiglia che si può considerare un esempio tipico della borghesia rurale, non aliena ai richiami rinascimentali e a interessi culturali più vasti.

Si veda il caso dei ritrovamenti delle sepolture d’epoca romana, recuperate in un terreno dei Bettoni a ridosso della SS 42, che evidenzia l’interesse per la ricerca archeologica da parte di questa famiglia.

Oltre agli edifici della Casazza, ormai ristrutturati nella forma del palazzo, che rappresentano il cuore gestionale di tutta l’azienda, sono di proprietà della famiglia Bettoni i due mulini storici dei Molini di Colognola e del Brione, oltre a vari edifici rurali che costituiscono il perno dei vari poderi, nei quali risulta organizzata la gestione dei numerosi fondi agrari.
Anche nell’Ottocento continua l’intreccio fondamentale tra la famiglia Bettoni e l’evoluzione dell’uso della risorsa idrica in questa parte del territorio; Giovan Maria ingaggia, nel 1836, una puntigliosa ed efficace vicenda legale con l’Amministrazione Austriaca, in occasione della canalizzazione del Cherio, con abbassamento del livello idrico del lago di Endine, per ottenere il risarcimento dei danni derivanti al suo molino di Brione.

L’esito della vertenza porterà ad un oneroso risarcimento, utilizzato dal Bettoni per derivare una nuova seriola dal Cherio, a valle di Molini di Colognola, e per realizzare un nuovo mulino; la medesima condotta d’acqua, di cui si conservano le briglie di regolazione, verrà in seguito riutilizzata quale forza motrice per l’insediamento novecentesco della Manifattura Valcavallina.
Un intreccio significativo si rileva tra le vicende ottocentesche dei Bettoni e la storia patria, allorché Faustino Bettoni, irrequieto studente presso l’università di Padova, quindi internato ai Piombi per attività politicamente sovversive, evaso e ricercato dall’autorità austriaca, partecipa all’impresa garibaldina; in seguito lo stesso ospiterà Garibaldi alla Casazza, come ricorda una lapide commemorativa apposta sulla facciata del Palazzo.

Ruolo istituzionale

La Valle Cavallina ha goduto di condizioni piuttosto particolari, rispetto alle altre Valli del territorio bergamasco; diversamente dalle stesse infatti non ha mai prodotti Statuti di Valle in età comunale, ma è sempre stata governata con la città e con il piano, probabilmente a causa della forte influenza feudale di alcune famiglie ghibelline ivi presenti, in particolare quelle dei Suardi e dei Terzi.
Nel periodo veneto il governo della Valle sarà costituito da un Consiglio Generale, di cui fanno parte un console e un altro rappresentante per ogni Comune per un totale di 23 membri; il consiglio elegge quindi un proprio sindaco generale.
In questa forma, ossia come attività del Consiglio di Valle, si trovano atti deliberativi, successivi ai Capitoli attinenti al territorio di Bergamo del 1620, prodotti e registrati negli atti dei notai locali, riguardanti le deliberazioni assunte dagli ‘uomini della Valle’; deliberazioni che si riferiscono prevalentemente alla ripartizioni dei dazi tra i vari comuni, quello della limitazione, dell’imbottato, etc,…o ai tentativi per ottenere qualche esenzione dalla Dominante Veneta, viste le magre condizioni economiche della Valle e l’assenza di esenzioni all’atto della ‘dedizione’ a Venezia.
Nel Sei-Settecento la sede delle adunanze del Consiglio di Valle, particolarmente quando l’assemblea coinvolge solo la media Valle, ossia la Valle Cavallina vera e propria, diventa di norma la casa Bettoni alla Casaza, probabilmente per la centralità geografica della collocazione, ma certamente anche le attività artigianali presenti e, forse ancorpiù, per il rilievo sociale ed economico che i rappresentanti della famiglia Bettoni venivano acquisendo in questi secoli; già alla fine del secolo XVII compaiono rappresentanti della famiglia che svolgono l’attività notarile o che rivestono ruoli pubblici.

I vari membri della famiglia Bettoni sono infatti presenti in qualità di rappresentanti del Comune di Mologno eletti come Sindaco di Valle in più occasioni e a più riprese nei secoli XVII e XVIII.
Ineluttabilmente si viene realizzando una perfetta simmetria tra l’insieme delle attività economiche e professionali, ruoli politico-istituzionali all’interno della comunità locale e della Valle, crescita dell’edificio alla Casaza.

Evoluzione architettonica

Nella divisione tra i fratelli Giacomo, Giovanni e Giovanbattista, intervenuta nel 1642 in Mologno, dagli atti del notaio Giuseppe Ursino Terzi si rileva la seguente descrizione:

spettano a Giacomo Bettoni
due fondi di casa sovrani in uno dei quali si fa cosina et pel altro caneva con stai de sopra sino al cielo con la mettà delle lobie con la mittà della corte et era fra li termini posti…

a Giovan Battista Bettoni:
un fondo di casa terraneo ditto la stoa in stanze due sopra e con la mittà delle lobie et corthe fra le … et termini posti …

a Bernardo Bettoni, rappresentato per procura dallo zio Marino Bettoni, trovandosi in quel periodo a Venezia:
due fondi di casa sovrani con solari sopra sino al cielo ….

….parimenti le dette parti convengono et concordano che tutti li utensilij della botega di feraro et tutti li crediti di cadauna sorta et li libri siano et rimangano di raggione del detto messer Giacomo Bettoni et per una parte et portione delli detti beni …etc…

A questa data l’edificio è ancora in evoluzione dinamica, anche se ormai impostato con le lobie ossia i loggiati, la corte e l’aia, probabilmente già perimetrati da un recinto murato e solo successivamente completati con altri fronti di edifici sino alla creazione di un claustro.

Nella descrizione si intravede in qualche modo l’impianto di un casamento, come viene definito in diversi atti dell’epoca, dove si annoverano al piano terra abbondanti spazi per le attività commerciali (canèva e botèga de feràro,…), mentre al primo piano incontriamo, frammiste a stanze d’uso privato, anche ambienti per l’accumulo e la conservazione di derrate alimentari (stai).
Tuttavia nell’Ottocento i vari corpi edilizi vengono ricomposti in unico e organico complesso secondo una tipica architettura ottocentesca.

Anche osservando l’edificio si possono ricavare alcune informazioni.
1. L’edificio si presenta ora come un corpo massiccio, apparentemente riferibile ad unico periodo, ossia alla ristrutturazione ottocentesca. In realtà sia gli aspetti stilistici, che i diversi corpi e le tracce osservabili nelle murature indicano il sovrapporsi di interventi di diverso periodo.
2. Il catasto austro-ungarico rivela quattro diverse unità giustapposte:
a. Il corpo con colonnato in marmo di Zandobbio dove ora si trova il Museo, I Piccoli Musici, la Banda parrocchiale. E’ presente uno spazio antistante, una corte, verso la statale SS 42, delimitato da un muro e cancello formanti uno spazio chiuso. Il colonnato risulta fatto da monoliti lavorati come blocchi cubici sovrapposti, con effetto decorativo interessante: l’elemento seriale viene ripetuto al secondo piano, ridimensionando la campata e le aperture. Questa facciata presenta un disegno architettonico suggestivo e suggerisce una prospettiva cinquecentesca, seppure l’esecuzione potrebbe risultare databile anche al secolo successivo.
b. Il massiccio corpo rettangolare con corte interna, nel quale ora ci troviamo, caratterizzato da un massiccio fronte strada. La veste attuale è chiaramente ottocentesca, mentre forse la parte superiore del corpo posto a nord presenta bifore troncate di probabile introduzione settecentesca. Le parti a sud e a ovest sono con ogni evidenza disomogenee e appartenenti a diversi periodi. Anche l’ala posta a nord risulta dalla progressiva addizione di quattro diversi corpi di fabbrica. L’esito attuale deriva pertanto dalla ricucitura ottocentesca di corpi diversi, avvenuta durante un periodo di floridezza della famiglia Bettoni e di accentramento della proprietà nelle mani di Giovan Maria.
c. I due corpi di fabbrica precedenti risultavano del tutto indipendenti, separati o congiunti da un rustico privo di particolare rilievo architettonico che partendo dalla strada statale si prolungava come un lungo corridoio fino alla via perimetrale verso ovest. Nel Catasto Napoleonico, riferibile al primo decennio dell’Ottocento, quello spazio è occupato da una filandina a fuoco diretto, probabilmente una tettoia che sarà in seguito sostituita da vari rustici.
d. Il brolo posto a ovest e delimitato da una perimetrazione muraria. In realtà nel Catasto è definito ‘orto’. Cos’è il brolo. Se partiamo da lontano si può citare il medievale hortus conclusus, uno spazio delle delizie, ricco di fiori e frutti, che garantisse la frescura estiva e un luogo di riposo e di vita domestica; nel tardo medioevo è assai diffuso il clauso, un campo recintato con vite e piante da frutto che viene delimitato da siepi vive o morte per impedire agli animali di creare danni, ma anche di tenere lontani eventuali approfittatori. Anche le residenze più modeste hanno un proprio spazio chiuso, spesso di poche decine di metri, che offre sfogo allo spazio domestico sempre ristretto e possibilità di avere verdura a portata di mano. Il brolo in certi casi è anche una modalità di separazione e di distinzione sociale; si veda il caso del brolo di ben 5 pt., più di 3000 mq, della famiglia Suardi di Colognola.
e. Le superfici.
N. 50. Prato che confina con Prebenda parrocchiale. Superficie: 5580 mq.
N. 51. Corpo di casa. Superficie: 1110 mq.
N. 52. Corpo di casa. Superficie 1040 mq.
N. 53. Orto. 640 mq.

Il complesso assume la sua veste definitiva nell’Ottocento quale edificio in cui convivono, a modo di grande fattoria, sia la parte residenziale che le funzioni di stoccaggio e commercializzazione del prodotto.
La parte anteriore del Palazzo, ossia il fronte che volge alla Strada Statale, nell’Ottocento viene aggiustata a parte residenziale con abbellimenti nell’androne, nelle sale voltate, nella lastricatura dei colonnati, probabilmente con la omogeneizzazione dei colonnati stessi, delle finestrature e dei loggiati, mediante l’uso della ‘pietra di Sarnico’; probabilmente vanno riferiti a questo periodo la maggior parte delle pavimentazioni in cotto, solo occasionalmente risarcite in epoca successiva.
Anche la regolarizzazione dei solai si completa, mediante la creazione sul fronte interno rivolto a Sud di una serie di false bifore, con soluzione architettonica del tutto inusuale, a imitazione forse di analoga soluzione introdotta nella casa Lupi-Traversi a ridosso del castello di Mologno.

L’azione di arricchimento decorativo complessivo dei fronti interni ed esterni prosegue e si definisce con la decorazione a fresco delle sale del piano nobile, adibito ad abitazione, con motivi decorativi floreali, tondi di paesaggio, illustrazioni di attività umane, secondo motivi e stili attribuibili al tardo secolo XVIII e ai primi decenni del XIX.
In questo sua versione definitiva Palazzo Bettoni acquista quella imponenza e robustezza che ne fanno il centro della nuova realtà urbanistica e territoriale di Casazza per il Sette e l’Ottocento.

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