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L'intervista

Col direttore Ats il punto su Bergamo e il Covid: dai tamponi in autunno ai 1900 posti vuoti nelle Rsa

La situazione attuale e le incertezze sul futuro, Giupponi: "Le critiche? Ci stanno, ora organizziamo al meglio i prossimi mesi"

Dai tamponi alla campagna vaccinale antinfluenzale in vista dell’autunno, dalle tensioni con i medici di base ai posti letto vuoti nelle case di riposo. Sono tanti gli argomenti da affrontare dopo l’ondata di Coronavirus che ha travolto la Bergamasca, difficili da condensare in una sola intervista: al direttore generale di Ats Massimo Giupponi abbiamo posto qualche domanda sulla situazione attuale e in vista dei prossimi mesi, quando sarà importante farsi trovare pronti.

Dottor Giupponi, come definirebbe oggi la situazione Covid in provincia di Bergamo?

Stiamo vivendo la coda di quanto successo pochi mesi fa. Il nostro compito, ora, è quello di gestire l’attività di screening e capire quante persone hanno intercettato il virus. I dati degli ultimi giorni parlano di un numero di positivi più alto rispetto ad altre province, ma è legato al numero di test sierologici effettuati. Oggi la situazione si può definire tranquilla.

Quali sono le differenze tra i positivi di febbraio/marzo e quelli di oggi?

I positivi di oggi hanno un Rna più basso, con minore possibilità di trasmissione del contagio. Prendiamo il caso di Albino: nel quartiere più popoloso del paese abbiamo effettuato 174 tamponi in un giorno e nessuno è risultato positivo (è stata scelta un’area ad alta densita abitativa perché su 2.097 cittadini testati dal 1° all’8 luglio il 42% aveva anticorpi, 83 erano positivi al tampone ndr).

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Ad ogni modo, non si sta abbassando un po’ troppo la guardia? Non nota una sempre più scarsa attenzione al distanziamento?

La gente ha vissuto mesi difficili. Sicuramente oggi meno persone utilizzano le mascherine, ma l’attenzione e il controllo del distanziamento deve restare alta.

Le risulta che siano aumentati i ricoveri negli ospedali bergamaschi per malati di Covid in queste ultime settimane?

Premesso che per elaborare un dato completo ci vuole tempo, ad oggi non ci risultano accessi legati al Covid-19. I positivi, al massimo, si trovano all’interno dei reparti ordinari, né in rianimazione né in terapia intensiva. Sono ricoveri dettati da altre cause e che in forza dei protocolli che si applicano vengono intercettati come positivi. L’esempio calzante è quello del bimbo (asintomatico, ndr) che si è infortunato al Cre di Nembro: in ospedale gli hanno fatto il tampone, ma è stato ricoverato perché si era fratturato il braccio. Un episodio simile è capitato nei giorni scorsi ad una signora anziana.

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Ci risultano nuovi inviti a proteggersi di più rivolti al personale sanitario nei nostri ospedali: doppi camici, doppi guanti, occhiali, copriscarpe…

Bisogna chiedere agli ospedali… Ci sono richiami che vengono fatti per questioni di sicurezza, semplicemente per rispettare correttamente le procedure.

Quanto la preoccupa il virus in vista dell’autunno?

Nessuno di noi può prevedere il futuro. Il nostro compito è quello di costruire una rete di servizi adeguata per fronteggiare un eventuale ritorno della malattia. Sicuramente conosciamo meglio il nemico e cosa fare per combatterlo.

A Calcinate, anche alla sua presenza, è stato inaugurato un laboratorio capace di processare fino a 5 mila tamponi al giorno. Le macchine hanno già iniziato a funzionare? Se sì, quanti tamponi stanno elaborando?

Le macchine sono ancora in fase di collaudo. Bisogna tener presente che per mettere completamente in moto un impianto del genere ci possono volere sei mesi di tempo, mentre gli ingegneri che ci stanno lavorando contano di rendere operativa la prima linea entro fine luglio. Se le cose vanno come devono andare, in questa fase parliamo di 2.500 tamponi al giorno.

Una risorsa importante, ma avremo la capacità di raccogliere così tanti tamponi e una volta che si hanno i risultati di comunicarli velocemente per non bloccare la gente a casa? Insomma, abbiamo i mezzi per sostenere questa tecnologia?

Ad inizio aprile non superavamo i 350 tamponi al giorno, ma a metà maggio siamo arrivati a raccoglierne anche 3.000: circa 2.500 attraverso Ats e il supporto di alcune strutture fuori regione, altri 500 dalle Asst del territorio, un numero nel suo insieme rilevante. Per quanto riguarda la comunicazione dei risultati, tra le altre cose, ci siamo dotati di un sistema informatico realizzato in collaborazione con le Ats Brianza e Insubria: posso dire che il sistema gestionale porta il nome dell’azienda che lo ha prodotto, lo stiamo testando e contiamo di renderlo pienamente operativo entro fine mese.

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Cosa ne pensa del test rapido prodotto in Corea del Sud e sperimentato in Veneto? Si dice che anche in Lombardia potrebbe partire presto uno studio, conferma?

Questo non è di mia competenza.

E sulla campagna di vaccinazione antinfluenzale, che ci dice? Quando inizierà?

Stiamo aspettando indicazioni dalla Regione. Per ora ci stiamo organizzando sul piano logistico: nei giorni scorsi c’è stato un incontro in Prefettura per capire come coinvolgere Protezione Civile e forze dell’ordine in termini di supporto. Stiamo inoltre prendendo contatto con i Comuni e diverse realtà del territorio per chiedere la disponibilità di alcune strutture, come palestre o sedi di associazioni. Sicuramente sarà una campagna fortemente incentrata sul territorio.

Come stanno andando le gare per il vaccino in Lombardia?

Al momento non glielo so dire.

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Sempre in vista dell’autunno, si parla molto del ruolo delle Usca: le unità di medici ‘porta a porta’ che gestiscono i pazienti a livello domiciliare. La Regione ha annunciato che verranno potenziate, in che termini?

In Provincia di Bergamo sono state attivate 6 Usca (ne erano previste 22, ndr). Dal 19 marzo al 24 maggio hanno svolto 1.787 interventi, l’1% nelle Rsa, sufficienti a coprire la domanda sul territorio in quel periodo. La Regione ha inoltre stanziato 1 milione e 294 mila euro nei quali rientra anche il potenziamento di queste unità. In vista dell’autunno, ci immaginiamo che accanto alle Usca saranno in servizio anche i nuovi infermieri di famiglia e comunità. Se confermato con il Decreto Rilancio, potranno a loro volta contribuire alla presa in carico della persone più fragili.

Gli attriti con i medici di base non sono un mistero: abbiamo sentito più volte il loro punto di vista, meno il suo.

Il nostro mestiere consiste nel creare le condizioni migliori per tutti gli attori che si muovono sul territorio, medici di base compresi. Quello che è successo a Bergamo ha indotto diverse di queste componenti ad esprimere la loro visione delle cose, ed è normale che i punti di vista non sempre coincidano. Quel che mi auguro è che tutte le parti diano il loro contributo in vista dell’autunno, responsabilmente.

Quanti medici di base andranno in pensione a fine anno? Come pensa di sostituirli?

Sessanta hanno già fatto domanda di pensionamento e ci siamo attivati per sostituirli. Non sappiamo se ce ne saranno altri, perché possono comunicarlo fino a novanta giorni prima. Una possibilità è quella di puntare sulle A.F.T. (Aggregazioni Funzionali Territoriali ndr) favorendo l’aggregazione dei medici. È previsto nell’accordo nazionale, ma non sono state ancora fornite indicazioni alle Regioni. Un’altra ipotesi su cui il Governo sta lavorando è quella di aumentare il massimale di 1.500 pazienti, altro tema è il potenziamento degli studi medici con nuovo personale. Come ho detto, immaginiamo che gli stessi infermieri di comunità e di famiglia collaboreranno con i medici di base, facendosi in parte carico dei pazienti. I primi in Bergamasca dovrebbero arrivare in autunno e ne sono previsti 177. C’è poi lo sblocco dei corsisti per ricevere incarichi e sostituire i medici: abbiamo chiesto alla Regione di verificare questa possibilità.

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Capitolo Rsa: se prima i posti erano sempre occupati e le liste d’attesa piene, di quanti posti vuoti parliamo dopo il Covid?

I posti liberi nelle case di riposo sono 1.900. Stiamo lavorando per favorire gli ingressi in piena sicurezza, secondo le procedure previste nella delibera regionale.

In questi mesi sono state rivolte molte critiche a Regione e Ats. Come valuta il suo operato?

Innanzitutto il nostro lavoro non è finito, ma il fatto che ora ci sia meno tensione è positivo. L’Ats si muove nell’ambito delle scelte nazionali e regionali, con il compito di favorire il più possibile i buoni rapporti tra gli attori del territorio. Le critiche ci stanno, ma sono convinto che solo più avanti avremo piena coscienza di cosa abbia significato il Covid-19 in provincia di Bergamo. Mi lasci però aggiungere una cosa…

Dica.

Il nostro territorio ha anche proposto soluzioni che ora vengono guardate con interesse dall’esterno. Le porto l’esempio dei Covid-Hotel: tutti ci prendevano per matti quanto abbiamo proposto di portare i pazienti dimessi in queste strutture, ora un esperimento partito da Bergamo è stato preso in esame dal Decreto Rilancio del Governo.

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