Si dice che la notte porti consiglio, che sia la dimensione ideale dell’artista che cerca la giusta ispirazione.
Questa volta la notte ha portato una sorpresa per la città di Bergamo. A svelarla è Daniele De Michele, in arte Donpasta, dj, economista, appassionato di gastronomia, nei primi attimi di martedì 14 luglio. “Avevo voglia di omaggiare Bergamo – scrive su Facebook -. Lavoro dai tempi del lockdown con la street artist Juliet per raccontare le forme di resistenza ai tempi del Covid, per il mio documentario «Anticorpi»”.
Abituato a salire sul palco armato di vinili e pentole, questa volta Don Pasta ha deciso di comunicare con immagini che parlano di sofferenza, di resistenza al dolore, del valore del lavoro di medici e infermieri, di cosa sa fare un popolo quando si unisce, quando gli elementi di una comunità si aiutano a vicenda. “Non potevamo non iniziare dal luogo che più ha sofferto e che più ha resistito in questi mesi. Si voleva salutare chi non c’è più, i lavoratori e lavoratrici degli ospedali e chi si è messo al servizio della cittadinanza”.
Oltre al prezioso e imprescindibile contributo della street artist Juliet, il progetto è nato in collaborazione con il collettivo Maite di Città Alta e ai volontari di Superbergamo, che, uniti dal motto “cosa fa un popolo quando è in difficoltà? Si unisce!”.
“Proprio per questo – prosegue Donpasta – il progetto è stato costruito e pensato assieme al collettivo del Maite – Bergamo Social Club e ai volontari di Superbergamo, per sottolineare che la città si è saputa proteggere grazie a un lavoro collettivo dal basso, risultato imprescindibile per proteggere le fasce più fragili della pandemia”.
Il senso del progetto è anche ricordare che “che la città si è potuta proteggere grazie a un lavoro collettivo dal basso che è risultato imprescindibile per proteggere le fasce più esposte alla fragilità dalla pandemia”.
La collaborazione tra i due artisti, il collettivo Maite e Superbergamo dà sfogo a una riflessione che ora siamo tutti chiamati a fare. L’arte diventa sguardo severo, negli occhi della ragazza con la mascherina c’è tutto il dolore di chi ha sofferto e ora chiede risposte: “Abbiamo scritto su ogni opera “Mai più” – conclude Don Pasta – perché ci sono responsabilità che non vanno dimenticate e ci sono memorie a partire dalle quali costruire nuove forme di comunità.
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