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Il dibattito

Il Pd e le criticità della sanità lombarda, Gori: “Dimenticato il territorio, colpa di Maroni”

Jacopo Scandella. consigliere regionale: "Una sostanziale impreparazione sia nei protocolli per gestire le positività sia nei dispositivi di protezione: se avessimo avuto le mascherine, l'attenzione e la consapevolezza di queste settimane non avremmo vissuto tutto quello che si è verificato".

“Un’epidemia come questa non si batte solo negli ospedali ma sul territorio”. Così il sindaco di Bergamo Giorgio Gori evidenzia l’importanza di puntare maggiormente sulla medicina territoriale e sulle cure domiciliari per far fronte a emergenze come il Coronavirus.

È stato uno dei punti su cui si è concentrato intervenendo all’incontro online “Cambiare la sanità in Lombardia“, organizzato dal Partito Democratico Città di Bergamo nella serata di mercoledì 17 giugno. Introdotto dai segretari provinciale e cittadino Davide Casati e Roberto Mazzetti, è stato coordinato da Massimo Camerlingo, primario di neurologia al Policlinico San Marco di Zingonia e ha visto il contributo, fra gli altri, della dottoressa Regina Barbò, che ha ripercorso le problematiche che hanno contraddistinto questa fase.

Analizzando la situazione, Gori ha affermato: “Abbiamo visto coi nostri occhi quali sbilanciamenti si fossero prodotti nella sanità lombarda negli anni scorsi. Credo che siano iniziati una decina d’anni fa allorché si decise che la priorità era quella di concentrarsi solo sugli ospedali e che l’eccellenza lombarda – espressione che a un certo punto mi usciva dalle orecchie – si dovesse misurare soltanto nelle prestazioni ospedaliere. Non credo che sia stata l’impostazione originaria, tant’è che Formigoni in un’intervista rilasciata nei giorni scorsi ha rivendicato che la sua sanità lombarda non era stata pensata così perché è stato Maroni successivamente ad andare nella direzione di cui oggi cogliamo i limiti. Può essere interessante risalire all’origine di questi errori che però sono evidenti non solo perché lo dice il Covid. Abbiamo capito che un’epidemia come questa non si combatte e soprattutto non si batte solo negli ospedali ma sul territorio. Sono difetti che noi conosciamo da anni: nel 2018, quando mi sono candidato alle regionali, mi sono impegnato a studiare quali fossero i termini della questione. Già allora era evidente che per affrontare una problematica completamente diversa come la cronicità l’assetto, la disposizione in campo delle risorse e degli uomini della sanità lombarda non era quella ottimale. Per affrontare una questione di quelle dimensioni non si poteva passare attraverso gli ospedali ma necessariamente in luoghi prossimi al domicilio delle persone anziane, malate e croniche. Ciò che nel libro bianco veniva prefigurato, cioè un’organizzazione territoriale che la Lombardia ha chiamato Pot (presidi ospedalieri territoriali) o PreSST (presidi socio sanitari territoriali) – e in altre regioni ha altri nomi – non è mai partito, non esiste oggi. E continuo a pensare che l’idea che un PreSST debba avere un bacino di 300mila abitanti sia comunque un errore: credo in bacini molto più piccoli e ad una maggiore prossimità che si intrecci con le cure domiciliari e con la relazione che i medici di famiglia intrattengono con i loro pazienti in ambiti territoriali contenuti. Quella è la dimensione della cura e della presa in carico ottimali in un intreccio tra dimensione sociale, sanitaria e socio-sanitaria che è un altro aspetto che continua a mancare vistosamente nell’organizzazione lombarda. Molto spesso le fragilità non sono monodimensionali ma pluridimensionali e quelle di carattere sociale si intrecciano in modo indissolubile a quelle sanitarie. Quindi quei luoghi di cura prossimi al domicilio delle persone, distribuiti in numero esteso sul territorio della provincia devono avere compresenti competenze in grado di affrontare entrambi questi profili. Tutto questo è un dibattito del 2017/2018: oggi siamo nel 2020 e scopriamo che le fragilità del sistema sanitario lombardo sono esattamente quelle che avevamo denunciato allora”.

“La Lombardia – ha proseguito Gori – ha unito alcuni limiti che si trascinava in precedenza come un ridotto investimento sulla rete territoriale e in particolare sulla medicina generale e un’evidente incapacità di gestire l’emergenza. Anche soltanto il modo in cui non è stato gestito l’aspetto dei dati è imbarazzante: ancora oggi siamo all’oscuro di quanti siano i positivi di ogni Comune: vengono diffusi solo dati aggregati su scala provinciale. Non parliamo dei decessi dove abbiamo dovuto noi dire quali fossero i numeri veri perché la regione continua a raccontare una favola in cui risultano la metà di quelli veri. Il numero dei contagiati lombardi secondo la regione oggi si aggira attorno ai 93mila ma credo che solo nella provincia di Bergamo ce ne siano tra i 4 e i 500mila, giusto per rendere l’idea della distanza siderale tra la realtà e la capacità di lettura attraverso i dati che la regione comunica. Detto questo credo che per il Partito Democratico a livello regionale ci sia uno spazio politico molto ampio per cercare di marcare una discontinuità rispetto a quello che è successo in questi mesi”.

Scandella

Dello stesso avviso il consigliere regionale del Partito Democratico, Jacopo Scandella, che ha osservato: “Tamponi e cura domiciliare sono fondamentali per affrontare il Coronavirus a livello territoriale. Nei momenti più acuti della crisi non c’era niente di tutto ciò: le persone sono rimaste sole nella maggior parte dei casi, avevano i sintomi, non si potevano fare tamponi nè ricevere cure domiciliari… questi due aspetti in Lombardia sono stati e continuano a essere lacunosi. A monte di tutto questo c’è stata una sostanziale impreparazione sia nei protocolli per gestire le positività sia nei dispositivi di protezione: se avessimo avuto le mascherine, l’attenzione e la consapevolezza di queste settimane non avremmo vissuto tutto quello che si è verificato. Ci sono errori o presunti tali che speriamo di poter analizzare non solo dalle notizie o dalle sentenze della magistratura ma anche in una sede politica come la commissione d’inchiesta che speriamo possa partire e che risponda alla richiesta dei cittadini di avere un’istituzione capace di imparare dai propri errori. In tutto questo c’è un aspetto positivo: gli ospedali sono stati in grado di riorganizzarsi in poche settimane per rispondere all’ondata di ricoveri e aumentare i posti in terapia intensiva, è stato uno sforzo importante e ha salvato vite dal Covid, mentre l’aspetto negativo è rappresentato dal rinvio di migliaia di prestazioni per altri soggetti che ne avevano bisogno. A maggior ragione sarebbe stato fondamentale avere una diga fuori dagli ospedali per sgravarli e affrontare il Covid nel territorio”.

“Avere alcuni dei migliori ospedali d’Italia – ha continuato Scandella – non significa necessariamente avere il miglior sistema sanitario d’Italia perché quest’ultimo è formato da diverse componenti. E che avesse bisogno di un cambiamento lo sapeva anche la Lega fin dal 2013: quando sono arrivato in consiglio comunale si cominciava a discutere della riforma e si capiva che andava rivisto il rapporto tra le strutture pubbliche e quelle private, che c’era una medicina territoriale poco sviluppata, liste d’attesa lunghe e costo alto per le prestazioni e una desertificazione dei servizi pubblici nelle periferie, il livello di servizi in città e in periferia è molto diverso. Di fatto però negli ultimi anni si è fatto poco e male: se non vogliamo che il sistema sia ospedale-centrico dobbiamo immaginare luoghi più vicini a casa rispetto all’ospedale che possano assicurare servizi a bassa intensità e in modo particolare ai pazienti cronici le prestazioni di cui hanno bisogno lasciando che siano soltanto i casi acuti a ricorrere al ricovero ospedaliero”.

Prendendo parte all’incontro, il dottor Guido Marinoni, presidente dell’Ordine dei Medici di Bergamo, ha illustrato le criticità del sistema sanitario lombardo e come siano necessarie “capacità manageriali e la ricostruzione di una rete organizzativa per il coordinamento della medicina territoriale che in passato c’era con la legge Balduzzi che poi man mano è venuta a mancare”. Inoltre, guardando alla stagione autunnale, ha sottolineato l’importanza di “essere pronti ad affrontare l’autunno, quando insorgeranno le prime febbri e saranno casi dubbi”, annotando come “il ruolo di Ats sarà fondamentale” e “il vaccino antinfluenzale sarà di notevole aiuto per diminuire i casi sospetti”.

Infine, la deputata Elena Carnevali ha stigmatizzato come negli ultimi anni si sia attuata una “logica di assottigliamento del territorio” e specificato come fosse “chiaro che il modello ospedale-centrico non potesse funzionare”.

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