Con il lockdown imposto dall’epidemia di Coronavirus abbiamo scoperto quanto è bello e quanto è comodo lo smartworking. Ma, dati alla mano, i più attenti hanno potuto notare anche quanto questa pratica faccia bene all’ambiente che ci circonda.
Sì, perché lo smart working è sano.
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L’indagine condotta da CDiN dimostra infatti che un viaggio Bergamo-Milano (andata e ritorno) contribuisce in modo notevole all’inquinamento dell’aria: ogni persona che va e torna dal capoluogo lombardo produce 1,27 kg di CO2 se utilizza il treno, 11,33 kg di CO2 se utilizza una moto e 33,59 kg di CO2 se utilizza un’auto.
Se si fa un rapido calcolo sulle migliaia di persone che ogni giorno raggiungono Milano da Bergamo, soprattutto per lavoro, si ha un’idea di quanto lo smartworking proposto in maniera più importante potrebbe far bene all’ambiente (e ai nostri polmoni).
Ma in Italia quanti stanno puntando sul lavoro agile da casa? Nel 2019 sono state 570mila le aziende italiane che hanno scelto lo smart working, il 18% in più rispetto al 2018. Il 56% delle grandi aziende che lo utilizzano lo fanno per progetti strutturati, mentre l’8% ha risposto al sondaggio di CDiN dicendo che presto lo introdurrà.
Le piccole aziende, invece, lo usano poco: il 38% di chi ha risposto che non l’ha ancora adottato ha spiegato che non lo ritiene affatto interessante.
E la pubblica amministrazione? Sta incontrando tanti, troppi ostacoli: il lavoro agile latita nel pubblico perché c’è un’elevata burocrazia, perché spesso manca la possibilità di rendere gli orari di lavoro flessibili e perché non c’è un adeguato investimento nelle tecnologie e nei nuovi dispositivi.
Di smartworking e di trasferte Bergamo-Milano ne abbiamo parlato con il consigliere regionale, bergamasco, Niccolò Carretta.
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