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Bergamaschi e smartworking: piace, ma manca la divisione tra casa e lavoro video

Sono stati 882 i lettori che hanno risposto al nostro sondaggio: per il 76% degli intervistati era la prima esperienza di lavoro agile

Il Coronavirus ci ha cambiato la vita. Lutti, dolori, ansie e preoccupazioni, ma anche abitudini ribaltate e quotidianità stravolta.

A parte alcune eccezioni, anche il modo di lavorare è cambiato con l’introduzione dello smartworking: un’esperienza quasi del tutto nuova in Italia, ma diventata abitudine già da tempo per molti altri paesi.

Abbiamo chiesto ai nostri lettori – grazie alla collaborazione di CDiN e Co.ntact che hanno realizzato le elaborazioni grafiche – con un veloce e anonimo questionario, che cosa pensassero di questa nuova modalità di lavoro: abbiamo raccolto 882 risposte.

Smart working

Il 55% di chi ci ha dedicato il suo tempo ha tra i 31 e i 50 anni. Gli altri rientrano nella fascia 18-30 (31%) oppure sono over 50 (14%).

Il lavoro agile, durante l’emergenza sanitaria che abbiamo vissuto, è stato attivato dal 75% delle aziende degli intervistati, e il 76% di questi ha dichiarato che è la prima volta che lavora in questa forma. Le persone che hanno aderito al sondaggio risiedono principalmente nella città di Bergamo, a Dalmine e a Romano di Lombardia.

Il 47% degli utenti ritiene che fare smartworking significhi “lavorare da casa”, il 28% “lavorare per obiettivi”, il 12% “lavorare da casa con degli obiettivi”.

I principali dipartimenti che hanno adottato questa pratica sono amministrazione (23%), seguito da commerciale (16%), marketing e comunicazione (10%), dirigente d’azienda (3%). Il restante 49% lavora in altri settori (insegnanti, soprattutto).

I risultati dicono che ai bergamaschi lo smartworking è piaciuto: il 36% è rimasto molto soddisfatto del lavoro agile e solo l’8% l’ha ritenuto un’esperienza insoddisfacente.

Smart working

Mediamente il 31% ha lavorato 8 ore al giorno, il 23% tra le 4 e le 6 ore, il 21% tra le 6 e le 8 ore, il 14% oltre le 8 ore e l’11% meno di 4 ore.

È emerso che le relazioni con il proprio team sono state mantenute in maniera discreta con un 36,2%, buona 34,8%, ottima 14,5% e insoddisfacente 14,5%.

Ma, c’è anche un ma. Le principali barriere riscontrate nello smartworking riguardano la separazione tra ambiente lavorativo e domestico (il 32% ha riscontrato questo problema), ma anche il non riuscire a coltivare una relazione quotidiana con i colleghi (l’ha sostenuto il 31% degli intervistati). Le facili distrazioni (13%) e il non avere orari prestabiliti (16%) sono l’altra fetta di problemi riscontrati.

Quindi, i bergamaschi vorrebbero ripetere l’esperienza dello smartworking anche in futuro, senza emergenze sanitarie? Sì: il 76% sceglierebbe questa opzione di lavoro anche per la fase post Covid-19.

Sul tema Contact ha intervistato il presidente dei Giovani di Confindustria Bergamo Alessandro Arioldi e Federica Ferrari, Executive Marketing Manager Customer Relations di Cameo Spa. 

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