Da un lato la necessità di riaprire, dall’altro lo spettro di un ritorno del contagio. Sono emozioni contrastanti quelle vissute da molte imprese bergamasche all’alba del 18 maggio: almeno 8mila – secondo i numeri dell’Ascom – quelle pronte a rialzare le saracinesche nei settori della ristorazione e del commercio al dettaglio.
“Questi mesi hanno comportato un trauma non indifferente in termini di liquidità, minando un po’ tutto il settore del commercio” spiega il direttore Oscar Fusini. Come i bar e ristoranti che hanno tentato di reinventarsi con il delivery e le consegne a domicilio, o i piccoli negozi di abbigliamento: “Già in crisi a causa dell’e-commerce – osserva Fusini – uno strumento che la pandemia ha ulteriormente lanciato”. Qualcuno riaprirà e qualcun altro no, qualcun altro ancora potrebbe non sopravvivere al 2020: “tre bar e ristoranti su dieci”, secondo le stime dell’associazione.
In questi giorni gli interrogativi si sprecano, anche sulla clientela che si affaccerà alla nuova ‘Fase 2’: come e quanto sarà cambiata durante l’emergenza? “Con ogni probabilità sarà più cauta e selettiva – commenta Fusini – disposta a spendere meno denaro. Del resto – fa notare – molte persone sono in cassa integrazione senza averla ancora incassata”.
Negli ultimi giorni Ascom ha organizzato due seminari via web con oltre 500 imprese, in attesa di ordinanze e decreti arrivati all’ultimo minuto. “I dubbi dei commercianti sono soprattutto di ordine pratico” spiega il direttore dell’associazione, che porta un semplice esempio: “Come si può imporre l’uso dei guanti in nitrile nei negozi di abbigliamento o dei termoscanner nei ristoranti per provare la febbre, se questi scarseggiano o addirittura sono introvabili? Nessuno discute l’importanza del fare prevenzione – precisa Fusini – ma dal punto di vista operativo le cose cambiano”. Sull’attrezzatura per misurare la temperatura l’ordinanza regionale apre a delle possibili alternative, ma non sembra chiarire con grande efficacia quali.
Le disposizioni
Più regole significa anche maggiori spese per metterle in pratica, più restrizioni significa meno entrate. Bar, pub e ristoranti, ad esempio, dovranno anche rendere disponibili prodotti igienizzanti per clienti e personale in più punti del locale, in particolare all’entrata e in prossimità dei bagni che dovranno essere puliti più volte al giorno, mentre i tavoli dovranno essere organizzati in modo che i clienti siano seduti ad almeno un metro gli uni dagli altri (non quattro, come inizialmente proposto dall’Inail).
Parrucchieri ed estetisti, tra le altre cose, dovranno consentire l’accesso dei clienti solo tramite prenotazione, mentre i negozi di abbigliamento dovranno disinfettare indumenti e scarpe, oltre a mettere a disposizione guanti monouso per chi vorrà provare la merce.
Sono una piccola parte delle indicazioni previste, ma nel complesso igiene, pulizia e distanziamento saranno le parole d’ordine per tutte le attività, commercio al dettaglio e non solo. “Ci sono regole da rispettare per gli operatori commerciali e i ristoratori, ma il senso di responsabilità dei cittadini sarà fondamentale – ha sottolineato il sindaco di Bergamo Giorgio Gori in un video su Facebook -. Non basta invocare i controlli: anche se avessimo il triplo degli agenti di Polizia Locale non potremmo essere dappertutto a controllare tutti”. Il riferimento – evidente – è all’immagine circolata domenica pomeriggio sui social: la Corsarola di Città Alta brulicante di gente, in barba al distanziamento sociale e al buon senso necessari a prevenire il contagio. “Li faremo i controlli” ha assicurato il sindaco, rimarcando però un concetto: quanto succederà nei prossimi mesi starà anche e soprattutto a noi.
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