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A bergamo

12 maggio 1985, doppia festa: l’Atalanta salva e il Verona vince lo scudetto

In campo, quel giorno, c'era Marino Magrin: "Impresa irripetibile? Non credo, la squadra del Gasp..."

Era il 12 maggio 1985 e allo stadio di Bergamo il Verona conquista lo scudetto: un’impresa straordinaria per quello che resterà l’ultimo scudetto di una provinciale nella Serie A del calcio.

Ma anche per l’Atalanta quella fu una grande giornata, perché dopo sei anni di purgatorio, i nerazzurri riuscivano ad assicurarsi la permanenza in A per un’altra stagione. Marino Magrin era in campo quel giorno e, 35 anni dopo, ricorda: “Sì, era un po’ come adesso, pioveva e però è stata una bella giornata anche per noi atalantini, che pochi anni prima eravamo in Serie C e siamo risaliti fino alla Serie A. Così anche per noi sono partiti i festeggiamenti, non solo per il Verona che sicuramente ha vissuto una giornata indimenticabile”.

Per la cronaca, la partita finì 1-1, gol di Perico e pareggio di Elkjaer, un punto per uno e contenti tutti, davanti a quasi 40 mila spettatori. Lontani, è vero, da quello che a Bergamo rimarrà il record assoluto di pubblico, alla prima giornata contro l’Inter, il 16 settembre 1984: 43.626 spettatori. “Eh sì'”, ricorda Magrin, “con l’Inter era veramente uno stadio bellissimo, tornavamo in Serie A dopo anni, c’era grande attesa e poi arrivava uno squadrone. Tra l’altro stavamo perdendo per un gol di Muraro, ma riuscimmo a pareggiare con un colpo di testa di Osti che girò in rete una mia punizione”. Quasi clamoroso, perché quello di Osti è rimasto l’unico gol dell’allora terzino e oggi direttore sportivo della Sampdoria, con la maglia dell’Atalanta.

Magrin, vero e proprio specialista delle punizioni, puntualizza: “Per la vertità i punti salvezza li avevamo conquistati un paio di giornate prima, battendo il Milan sempre al Comunale di Bergamo. Con una mia punizione, quella la ricordo bene, all’incrocio dei pali, Terraneo non potè fare nulla per evitare il gol”.

Uno a zero, ultima vittoria di quel campionato per un’Atalanta che non aveva un vero e proprio cannoniere, tanto è vero che il capocannoniere atalantino fu alla fine Magrin con 7 reti davanti a Pacione con 6. “In effetti non avevamo un bomber d’area, era una squadra in cui segnavano anche i centrocampisti. Però facevamo un buon gioco e davamo spettacolo, per quattro volte avevamo portato allo stadio più di 40mila spettatori, anche con Juve, Milan e Napoli.

Tornando al gioco, adesso sono fondamentali gli inserimenti di Toloi da dietro, così come faceva Scirea nell’82 e noi allora avevamo Soldà che pure era bravo a fare queste incursioni.

Era una bella squadra, bisogna dare merito a Ottavio Bianchi che qualche anno prima aveva riportato l’Atalanta in B e poi Nedo Sonetti che ci aveva portato in A nel 1984. In quegli anni con l’arrivo di Stromberg e qualche altro giocatore di spessore avremmo potuto anche lottare per la Uefa, ma erano anni in cui i pezzi migliori venivano ceduti, vedi Soldà alla Juve e Donadoni al Milan”.

Magrin cosa pensa, che l’impresa del Verona sia irripetibile? “Io credo di no, infatti vediamo l’Atalanta che è al quarto posto, l’anno scorso è arrivata terza. Con la qualità dei suoi giocatori e il bel gioco del grande timoniere Gasperini si può arrivare molto in alto, poi lo scudetto dipende da tanti fattori, come non si può dire che il Verona di allora fu solo fortunato perché restò in testa a lungo”.

A Verona poi si trasferì anche Magrin… “Sì’, ma dall’89, l’ultimo anno di Bagnoli e non era più la squadra dello scudetto con Fanna, Briegel e altri campioni. Era cambiato tutto. Tra l’altro l’anno dopo lo scudetto noi come Atalanta siamo andati a Verona a vincere con la tripletta di Cantarutti“. Memorabile…

E questa stagione come finirà, se finirà? Magrin non ha la sfera di cristallo: “Sarebbe bello che si riporendesse a giugno, si può fare. La Champions ad agosto? Perchè no, è un anno così, purchè si esca dall’emergenza virus. Ricordiamoci sempre della situazione in cui ci troviamo e che la salute è sempre al primo posto”.

Infine, il pensiero di Magrin va a chi non c’è più: “Vorrei mandare un abbraccio alla famiglia di Andrea Rinaldi, che avevo seguito nelle giovanili atalantine e troppo presto se n’è andato, vittima di un aneurisma. Una tragedia, non si può morire a 19 anni. È un grande dolore, non solo per chi fa sport”.

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